Il killer dopo 42 anni è ancora senza un nome
Il giorno dell’Epifania del 1980 è stato ucciso a Palermo Piersanti Mattarella, ex presidente della Regione Sicilia. L’allievo di Aldo Moro era salito a bordo della sua Fiat 132 per andare a Messa, insieme alla suocera, alla moglie Irma Chiazzese e ai figli Maria e Bernardo. Nessuno a proteggerlo: il presidente rifiutava la scorta nei giorni festivi, voleva che anche gli agenti stessero con le loro famiglie. Si era appena messo al volante, quando si avvicinarono i sicari che esplosero una serie di colpi. A soccorrerlo attimi più tardi era giunto il fratello Sergio, oggi presidente uscente della Repubblica. Momenti drammatici, immortalati e consegnati alla storia grazie agli scatti della fotografa palermitana Letizia Battaglia.“Quarantuno anni dopo, quel delitto continua a essere avvolto da una cortina di ferro. Non conosciamo, infatti, il nome dell’esecutore materiale e dei registi occulti” aveva detto il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli. “Quel che è certo - ha continuato - è che la via Libertà, dove Mattarella fu assassinato, rientra nel territorio del mandamento di Resuttana, governato da Francesco Madonia,che alcuni collaboratori di giustizia hanno accreditato di legami con esponenti dei Servizi segreti”. “Un processo tuttavia è stato celebrato - ha sottolineato Tescaroli - sono stati riconosciuti colpevoli, in via definitiva, quali mandanti, gli appartenenti alla cupola (Riina, Madonia e soci). Come assassini di Mattarella per anni furono indicati due neofascisti, Gilberto Cavallini e Valerio Fioravanti. Una pista nera, che portò Giovanni Falconea emettere nei loro confronti mandati di cattura per omicidio e favoreggiamento. Si sospettò che avessero agito su espressa richiesta di Pippo Calò. Una pista che non trovò conferme. Permangono segreti rimasti non adeguatamente esplorati. Gli interrogativi - volti a scoprire se vi sia stato un interesse della politica collaterale a quello di cosa nostra - sono senza risposta”. Per il magistrato Piersanti Mattarella era “l’astro nascente della Democrazia Cristiana, che aveva cercato, percorrendo la via dell’intransigenza, di moralizzare, di rendere trasparente la gestione della vita politica in Sicilia e di aprire al Partito comunista il governo dell’isola, sulla scia di quanto aveva fatto Aldo Moro su scala nazionale”. A 44 anni di età veniva fermata per sempre una delle speranze più concrete di cambiamento della Sicilia. Il presidente della Regione, infatti, aveva avviato una decisa politica riformatrice per ricostruire il tessuto economico, sociale, culturale dell'Isola. Nella primavera del 1975 su suo impulso, da assessore al Bilancio, venne approvato a larghissima maggioranza, anche con i voti del Pci, il Piano regionale d'interventi per gli anni 1975-1980, primo tentativo di programmazione a lungo termine delle risorse regionali. Un passaggio che diede forma e sostanza al dialogo a sinistra. Una "solidarietà autonomistica", che anticipava la solidarietà nazionale di Moro e di Enrico Berlinguer del 1976. Il 9 febbraio 1978 Piersanti Mattarella infatti era stato eletto dall'Assemblea presidente della Regione siciliana, alla guida di una coalizione di centrosinistra con l'appoggio esterno del Partito comunista italiano. Da tempo si era reso conto della necessità di recidere con urgenza e nettamente i legami della politica e del suo partito con la mafia. Una visione complessiva, un'operazione di pulizia della Dc e un progetto di buon governo che minacciavano gli interessi della mafia e di consolidati centri di potere politico ed economico. Era il sogno di una Regione "con le carte in regola". Un sogno rimasto tale che Mattarella non vedrà mai realizzarsi.
I funerali del presidente Piersanti Mattarella © Franco Zecchin
La ricerca della verità
Dopo più di trent'anni è stata desecretato il resoconto stenografico della seduta della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari del 22 giugno 1990 riguardante l'omicidio dell’ex presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella. Durante l'audizione sono stati sentiti alcuni magistrati palermitani tra cui Giovanni Falcone, allora procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo e il giudice istruttore Leonardo Guarnotta. La decisione di rendere pubblico il documento è stata presa dal presidente Nicola Morra.
Nelle 117 pagine del verbale il giudice Falcone ha parlato molto chiaramente di più di un mandante dietro l'omicidio del Presidente della Regione Siciliana, “ci sono tutta una serie di riscontri che per brevità ometto, e che ci hanno portato a dover valutare il fatto che queste risultanze probatorie fossero conciliabili con una matrice e quindi con dei mandanti sicuramente all’interno della mafia, oltreché ad altri mandanti evidentemente esterni”. Inoltre Falcone ha puntualizzato che l'omicidio Mattarella - in sinergia con quello che pensava il consigliere istruttore Rocco Chinnici - rientrava in una catena di "omicidi eccellenti" che legavano l'omicidio di Michele Reina, dalla Chiesa e Pio La Torre. Tuttavia sembra che per Falcone l'omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa risponda a ben altri criteri di valutazione, "per quanto riguarda l'omicidio dalla Chiesa, si tratta di una faccenda che mi sembra abbastanza diversa. Non c'è dubbio che vi è una generica volontà alle spalle di togliere di mezzo qualsiasi personaggio scomodo, e dalla Chiesa lo era certamente per la mafia: l'abbiamo ampiamente scritto nell'ordinanza di rinvio a giudizio e vi sono state delle condanne in proposito. Quindi, tutto sommato, qualche omicidio eccellente l'abbiamo scoperto. Tuttavia, non credo che abbia una sua causale che si inserisca in un disegno preesistente e che abbia come punto di riferimento il quadro politico mafioso locale. Questo è il motivo per cui preferirei non trattare unitariamente l'omicidio dalla Chiesa insieme ad altri omicidi politici precedenti".
Tornando all'omicidio del Presidente della Regione siciliana Falcone sembra essere convinto della responsabilità di Giuseppe Valerio Fioravanti. Da quell’accusa l'ex terrorista nero sarà poi assolto in via definitiva, quando Falcone sarà già stato assassinato nella strage di Capaci. “Tutti i personaggi, quelli realmente importanti e senza i quali non sarebbe potuto avvenire un omicidio mafioso di quel calibro a Palermo, nella zona di Francesco Madonia (questo non lo dimentichiamo), nessuno di questi personaggi è stato riconosciuto - ha aggiunto il magistrato palermitano - ma non nel senso che non è stato riconosciuto dalla vedova Mattarella, ma nel senso che ha sicuramente escluso che questi personaggi potessero essere coinvolti nell’esecuzione dell’omicidio”. Inoltre nessuno dei mafiosi che era stato indicato come l’assassino di Mattarella era stato riconosciuto dalla moglie della vittima, presente sul luogo dell’omicidio il 6 gennaio del 1980.
La morte del presidente della regione siciliana è uno dei buchi neri della nostra Repubblica al cui interno ci sono nomi indicibili e segreti inconfessabili.
In foto di copertina: Sergio Mattarella, attuale presidente della Repubblica, tira fuori dalla macchina il corpo di suo fratello © Letizia Battaglia
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