“L’omicidio del poliziotto legata alla morte di un vigile del fuoco: Gaetano Genova”
Un’udienza breve oggi quella del processo per il duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, avvenuto il 5 agosto 1989. Per ragioni di salute erano assenti i collaboratori di giustizia Antonino Giuffrè e Salvatore Palazzolo. Di entrambi la Corte, su accordo delle parti, ha acquisito i verbali di interrogatorio inerenti agli anni 1993 e 1994, e non sarà più necessaria una nuova convocazione. Diversamente sono stati sentiti gli altri due pentiti Giusto DiNatale e Giovanni Drago, collegati dal sito remoto. Il primo, boss della famiglia dei Resuttana, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, il secondo fedelissimo dei boss Graviano, già condannato dalla Corte d’assise di Palermo nel 2009 a 16 anni per cinque delitti commessi alla fine degli anni ’80 tra Palermo e Bagheria e per cui il pentito si autoaccusò.
In particolare, Di Natale è stato sentito su una vicenda strettamente collegata all’omicidio del poliziotto Agostino e dell’agente dei Servizi, Emanuele Piazza: quella inerente la scomparsa di un altro ragazzo, di nome Gaetano Genova, il quale lavorava come vigile del fuoco e venne rapito ed ucciso il 30 marzo del 1990.
Sul piano processuale ancora non sono stati accertati in giudizio i motivi del suo assassinio, ma grazie alle rivelazioni dei pentiti e all’inchiesta dell’allora Dia di Palermo coordinata dai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, emersero i nomi dei suoi killer e alcuni elementi importanti rispetto alle cause della sua eliminazione. In effetti, in Cosa Nostra girava voce che Genova fosse un informatore e un confidente di Emanuele Piazza, poliziotto che andava a caccia di latitanti. “’Stu spiuni, ‘sto sbirru”, aveva esclamato Madonia quando lasciò il cadavere del ragazzo a San Giuseppe Jato. Oggi nel processo è emersa la vicinanza di Genova ad Antonino Agostino, anche lui coinvolto in attività di ricerca di latitanti. Di Natale ha parlato di un’”effettiva amicizia con Agostino”.
“Questa situazione dell’omicidio di Agostino è legata anche all’omicidio di un altro ragazzo (Gaetano Genova, ndr), vigile del fuoco, che era amico di Agostino. Queste sono notizie che mi ha riferito Giuseppe Guastella. Questo vigile del fuoco era stato accusato di fare da confidente all’agente Agostino”, ha affermato il pentito Di Natale oggi in aula. “Lui (Guastella ndr) mi ha riferito che era un “cornuto””, ha continuato il pentito, spiegando che il “cornuto” era proprio Genova, “perché era amico di Agostino e gli raccontava delle cose del quartiere. Purtroppo lì nel quartiere c’era parecchia gente latitante che non la cercava nessuno e noi li vedevamo tutti i giorni che giravano, che facevano… Come li vedevamo noi li vedeva pure Gaetano Genova e avevano paura che riferisse a questo Agostino”.
Successivamente, l’avvocato Calogero Monastra (difensore di parte civile della famiglia Agostino assieme a Fabio Repici) ha chiesto ad entrambi i pentiti se al tempo conoscevano il collaboratore di giustizia Vito Lo Forte, fonte di importanti rivelazioni circa il coinvolgimento dell’ex poliziotto Giovanni Aiello (faccia da mostro) nell’omicidio Agostino e in generale dei rapporti tra esponenti di mafia ed esponenti istituzionali e dei servizi segreti.
“Io ho conosciuto un Vito Lo Forte alla seconda sezione dell’Ucciardone di Palermo”, ha affermato il pentito Giovanni Drago, precisando però di non averlo conosciuto in veste di uomo d’onore: “Non mi è stato presentato a me come uomo d’onore, non lo conosco come uomo d’onore”.
Certo è che in Cosa nostra, negli anni Novanta, non tutti i mafiosi venivano affiliati con il rito della panciuta. Lo stesso Giusto Di Natale ha dichiarato di non essere stato formalmente affiliato in quanto quello “era il periodo delle persone riservate. E Bagarella non voleva che si sapeva”.
Tornando a Giovanni Drago, l’ex mafioso di Brancaccio ha parlato dei rapporti tra esponenti mafiosi ed esponenti delle forze di polizia, spiegando che “questi ci sono sempre stati e chi ce li aveva se li teneva ben cari”. Quale era il vantaggio tra le parti? “Si scambiavano informazioni, se c’erano rastrellamenti, se si cercavano latitanti, se c’erano perquisizioni”. Il vantaggio invece da parte delle forze dell’ordine erano “sicuramente soldi”.
Ricordiamo che ad essere imputati nel processo che si svolge all’Aula Bunker dell’Ucciardone sono il boss dell'Arenella Gaetano Scotto, accusato di essere stato il killer del poliziotto Agostino assieme ad Antonino Madonia (già condannato in abbreviato), e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Nella prossima udienza, fissata per il 16 dicembre, verrà sentito il collaboratore di giustizia Francesco Onorato.