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Il racconto di alcuni testimoni su una moto ape che non permetteva il passaggio nel lungomare di Villagrazia di Carini

Un uomo che la sera del 5 agosto 1989, con una moto ape, blocca la strada del lungomare per svariati minuti. L'arrivo di forze dell'ordine che non fanno assolutamente nulla. La stranezza di una strada, generalmente affollata, praticamente deserta. C'è tutto questo nella testimonianza di Maria Danila De Petro, sentita oggi dalla Corte d'Assise di Palermo (presieduta da Sergio Gulotta) nell'aula bunker Ucciardone di Palermo, nell'ambito del processo sul duplice omicidio dell'agente di polizia, Nino Agostino e di sua moglie (incinta), Ida Castelluccio.
Imputati sono il boss dell'Arenella Gaetano Scotto, accusato di essere stato il killer assieme ad Antonino Madonia (già condannato in abbreviato), e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento.
“Mi trovavo con il mio fidanzato - ha raccontato la teste - visto il grande caldo avevamo deciso di farci una passeggiata. Ricordo bene che all'altezza del panificio-supermercato vidi quest'ape che si mette di traverso senza far passare nessuno. Era strano perché il panificio era buio e quando a casa chiesi a mia madre se era saltata la corrente mi disse di no. Dissi anche al mio fidanzato se fosse il caso di andare a controllare, ma in quel momento mi disse di lasciar stare. Ad un certo punto arrivò una macchina, non so se della polizia o dei carabinieri. Questi, anziché scendere e controllare il perché di quella ape che bloccava la strada, rimasero fermi. Ad un certo punto, però, un uomo è uscito dal panificio, è entrato nell'ape ed ha sbloccato la strada. Quanto tempo siamo stati là? Almeno un quarto d'ora. Altra stranezza è che quella strada era molto trafficata, ma non c'era anima viva. Poi al telegiornale abbiamo saputo ciò che era successo in quella via”.
Dal racconto della donna sono queste alcune delle anomalie che emergono su quel giorno. Basti pensare che nella scorsa udienza erano stati sentiti i carabinieri che si recarono sul luogo del delitto la sera dell'omicidio, ma senza fare alcun riferimento a fatti di questo tipo.
Anni dopo la teste incontrò Vincenzo Agostino e si disse disponibile a raccontare quei fatti all'autorità giudiziaria, ma per diverso tempo nessuno la chiamò per mettere a verbale quelle dichiarazioni.
Ovviamente è stato ascoltato anche l'ex fidanzato, poi divenuto anche ex marito, della donna che ha fornito qualche dettaglio differente, a partire dal tempo in cui la strada sarebbe rimasta bloccata. “Dai cinque ai sette minuti” ha detto rispondendo alle domande dei sostituti procuratori generali Domenico Gozzo (applicato dalla Procura nazionale antimafia) e Umberto De Giglio. Diversamente a quanto detto dalla ex moglie, ha detto di ricordare che, dopo un primo momento, qualcuno scese dalla macchina delle forze dell'ordine ("Sono scesi, hanno visto che c’era la moto ape ed hanno chiesto spiegazioni chiedendo di chi fosse. Come? A voce alta in prossimità del negozio") Poco dopo il passaggio venne liberato dal proprietario dell'ape: "Lo vidi solo da dietro, non so dire chi fosse. Era un po' avanti con l'età. Uscì dal panificio ed andò via".
All'udienza di oggi sono stati sentiti anche altri parenti della famiglia Agostino, Giacomina Schiera e Giuseppe Scafili, che hanno ripercorso ciò che avvenne in quel tragico agosto. In particolare Scafili, marito di Nunzia Agostino, ha ricordato che in un primo momento non aveva identificato come spari i rumori provenienti dall'esterno: “Pensavo fossero botti, ma era strano per il 5 agosto. Purtroppo non mi precipitai subito, ma quando uscii fuori ecco che era tutto accaduto. Ciò che mi fece impressione, oltre alle grida e ciò che vidi, è che non vi fosse nessuno in strada. Di solito il 5 agosto era abbastanza trafficato. Uscendo controllai se c'erano altre persone ferite e in lontananza, direzione Palermo, vidi una moto che si allontanava. Di quel giorno mi rimase impresso mio suocero che dava pugni nelle pareti di casa”.
Altri testi ascoltati sono stati Onofrio Privolizzi, vicino degli Agostino, che ha raccontato dei colpi sentiti mentre si trovava nel proprio villino, a mare, e Tommaso Fornaciari, appartenente alla Polizia di Stato che nel 2007 fu incaricato di svolgere una consulenza sull'omicidio Agostino esaminando gli atti “per cercare di ricostruire gli eventi sulla base dei rilievi svolti all’epoca dei fatti e delle testimonianze”. Nel corso dell'esame, su alcune domande rivolte dal legale di parte civile Fabio Repici, è emersa un'anomalia in quanto nella relazione non vi sarebbero riferimenti alle dichiarazioni fatte negli anni dalla famiglia Agostino su appartenenti di polizia di Stato come Guido Paolilli o Giovanni Aiello, anche noto come “faccia da mostro”. “Gli atti sono quelli elencati - ha risposto il teste alla domanda se fosse stata fatta una selezione - Non ho memoria di una selezione”.
Eppure di loro il papà del poliziotto aveva parlato già prima del 2007. Il dato resta tale.
Il processo è stato infine rinviato al prossimo 29 ottobre quando avrà inizio l'escussione dei collaboratori di giustizia. Il primo ad essere chiamato sarà Giovanni Brusca che interverrà in video conferenza.

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