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Una sarcastica ed inedita drammaturgia di alto livello in interpretazione, attivismo e denuncia

Sette anni dopo avere visto Pablo caduto inerme sul volante del suo camioncino, ricoperto di sangue, perchè due sicari gli avevano strappato la vita eseguendo degli ordini mafiosi, le acque turbolente della vita nazionale di quei giorni lo sono ancora in Paraguay, infestate di corruzione a livello istituzionale, in ambito politico, parlamentare, giuridico e fiscale. Mafia pura installata in file governative, indifferenza nel momento di applicare la giustizia, impunità e deterioramento nel compito di governare sono gli ingredienti di un'amministrazione completamente putrida che ha nome e cognome: Mario Abdo Benitez, così come l'amministrazione del suo predecessore, Horacio Cartes Jara

Sfidando l’inclemenza del tempo, sette anni dopo il massacro di Villa Ygatimí, nel dipartimento di Canindeyú dove fu assassinata anche Antonia Almada, mi trovo nella Plaza de las Arma, di Asunciòn, circondato dagli edifici del Congresso Nazionale e davanti lo storico edificio del Cabildo della capitale paraguaiana per presenziare, da una poltrona preferenziale, l'intervento artistico del Movimento Internazionale Our Voice, inserito all’interno dell’evento organizzato in memoria di Pablo Medina ed Antonia Almada denominato “Il Paraguay e le sue Meraviglie” che ha visto anche la partecipazione di quattro giornalisti che hanno dato un messaggio di persona. Altre tre persone sono intervenute in modo virtuale: Giorgio Bongiovanni, direttore di ANTIMAFIADuemila, Sonia Bongiovanni, direttrice e fondatrice di Our Voice, e Matías Guffanti collegati in streaming dall’estero. Una vera mobilitazione di appello alla Giustizia per Pablo, organizzata da Antimafia Dos Mil e Our Voice. 

Attori ed attrici in uno spazio scenico allestito sotto un tendone. Sei artisti amatoriali, sotto la direzione di Juan Manuel Ferreira, novello artista che ha già tante ore di teatro alle spalle, hanno espresso la loro arte ma hanno anche fatto un atto di denuncia. Non una denuncia light bensì una denuncia forte, su temi pesanti. Temi che, in certi ambiti, è preferibile non toccare. O, per meglio dire, è meglio ignorare. 

La narcopolitica e la corruzione, all'ordine del giorno in Paraguay, sono stati interpretati in un lavoro minuzioso che ha permesso allo spettatore di imbattersi in personaggi che quotidianamente incontriamo nella nostra società: Juan Pueblo, un presidente, un sacerdote, un buffone, un giudice, un pubblico ministero. È possibile che una persona sia giudicata e condannata a pene severe per aver commesso un reato minore mentre un presidente è intoccabile dopo avere commesso delitti più gravi? Durante lo spettacolo lo spettatore continua a scoprire i personaggi che si intrecciano in una spirale scenica caratterizzata da scene umoristiche, sarcastiche, dando vita a una messa in scena dinamica  e costante.


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La denuncia di questo inedito cast è stata di un'intensità e di una coerenza tali che nel suo insieme hanno fatto sì che l'intervento artistico si espletasse senza contrattempi e senza ostacoli - potremmo dire con abilità eccezionali, in forma ed in idea - nel contesto dell'evento, se consideriamo che la premessa dell'incontro era quella di rinnovare la memoria di Pablo Medina, il richiamo di giustizia e l'imperiosa necessità di presentare, senza sotterfugi, il legame tra la sua morte ed il narcostato. 

Lo spettatore gode di ogni tratto dell'intervento teatrale grazie alla regia riuscita del giovane artista Juan Manuel Ferreira che, per la prima volta, si è trovato a costruire dei personaggi, a farli brillare ed interagire armoniosamente affinché il messaggio (la denuncia) venisse trasmesso senza fraintendimenti. In realtà non c’era spazio per interpretazioni confuse perché il copione era stato elaborato in collaborazione da più autori, riflettendo l'ideologia naturale del Movimento Our Voice, con la supervisione dall'Italia della sua fondatrice, l'attrice e direttrice di teatro Sonia Bongiovanni e dall'Uruguay dal direttore di teatro ed attore di Our Voice Diego Grachot. 

I costumi di scena erano azzeccati. E il trucco, a cura di Beatriz Paez, eccellente. Per non parlare dell’interpretazione di ognuno dei giovani: Sebastián Cabrera (Juan Pueblo), Cira Villar (Giudice), Victoria Pereira (Pubblico Ministero), Nathalia Pereira (Presidente), Leandro Pereira (Sacerdote), e José Rodríguez, professore di violino dell'orchestra di Cateura (Buffone); tutto straordinario nel vero senso della parola. Un cast che auguriamo trascenderà i confini con questa spinta iniziale, affinché, nei prossimi mesi, acquisti forza e raggiunga dei risultati. Siamo sicuri che questo cast crescerà ancora di più qualitativamente parlando. E non ho dubbi che i frutti di questa loro affermazione nel campo teatrale saranno destinati al riconoscimento e all'applauso ricorrente. 


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Questi giovani hanno brillato perché convinti della lotta che portano avanti, e si sente a fior di pelle. Questi giovani hanno reso onore alla denuncia di Our Voice. Quella denuncia che percorre il mondo suscitando stupore e risvegliando coscienze. 

Non a caso la chiusura è stata affidata al direttore Juan Manuel Ferreira che non ha deluso la gioventù, né i principi e né i suoi valori perché le sue riflessioni sono basate sulle verità dei rivoluzionari ed ispirati ai pilastri del Movimento all’interno del quale è uno dei membri operativi più attivi.

“Cosa succede al popolo paraguaiano che non manifesta?”
Juan Manuel Ferreira
, pubblicamente ed in chiusura dell'intervento artistico, ha detto con sincerità: “Oggi manifestiamo per Pablo Medina e per Antonia Almada, uccisi per aver denunciato il narcostato paraguaiano. Pablo era un giornalista che ha dato la sua vita per la verità, ha dato la sua vita per andare contro le grandi ingiustizie della cultura mafiosa che ci governa. I nostri governi ci mentono, ci derubano, ci strappano le nostre terre per estendere le monocolture di soia, di tabacco, di droga. Il nostro Stato è un Narco Stato perché è complice ed ossequioso col narcotraffico, ed è anch’esso narcotrafficante. I nostri governanti sono narcos, sono assassini, sono ladri come ha detto Sonia, come ha detto Matías, e noi li votiamo. Cosa succede al popolo paraguaiano che non scende in strada a manifestare, a protestare, che non esce a lottare per i suoi diritti, per il suo futuro, per i suoi figli, per i suoi nipoti? È tempo di abbandonare le nostre divisioni politiche, il popolo si deve unire e diventare una cosa sola, rompere con le religioni, i credo, e gridare, gridare per il nostro futuro, per il futuro dei nostri bambini”.

“Per quei bambini che sono per strada scalzi, che vedo passare mentre vado in auto in Paraguay, ad Asunción, con 45 gradi di calura e senza un paio di ciabatte, o una bambina di cinque anni con un bebè in mano che chiede da mangiare. Ed anche per quei bambini che apparentemente hanno tutto ma che non hanno futuro se noi non cambiamo come popolo. Fino a quando continueremo così? Fino a quando ci lasceremo calpestare da pochi? Non ci rendiamo conto che siamo molti. Ma loro stessi ci dividono con partiti politici ed ideali filosofici. Assassinano i nostri leader, i nostri punti di riferimento, i giornalisti, i dissidenti politici, gli attivisti, i contadini. Assassinano bambine come Lilián e Carmen Villalba, un crimine di Stato ancora impunito. Ci vogliono imporre la paura, la paura di perdere le nostre vite per toglierci i nostri diritti, per il nostro modo di pensare, perché sogniamo di creare una cultura libera dalla mafia, libera dalla fame, libera dalla miseria e libera dalla oppressione. Libera da questi miserabili. Possono minacciarci di toglierci la vita. Ma noi non tacciamo. Se rimaniamo indifferenti siamo già morti. Quindi, cari compagni e compagne, urliamo tutta la nostra ribellione, gridiamo per i nostri martiri. Viva Antonia Almada, viva Pablo Medina. Viva”.


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"Svegliamoci giovani, noi siamo il presente"
“Sono emozionata perché dopo sei anni di lotta del Movimento è la prima volta, che vedo giovani paraguaiani e paraguaiane che si uniscono nella denuncia, attraverso l'arte. Questa esperienza è nuova per noi, dall’inizio delle prove fino ad oggi. E continueremo a lottare denunciando ogni narcotrafficante, ogni mafioso infiltrato nella politica che sta rubando i nostri diritti, la nostra educazione, il nostro futuro. Pablo ed Antonia sono l’esempio di lotta e impegno per la giustizia e la libertà. Svegliamoci giovani, noi siamo il presente ed anche il futuro di questa società. Siamo noi che dobbiamo preparare una vita migliore per le generazioni a venire con un sistema migliore; senza corruzione, senza narcotrafficanti, senza pedofili, senza mafie. Pablo vive oggi e sempre. Esigiamo giustizia per tutti i martiri, vittime di questo sistema criminale corrotto che ci opprime sempre di più. Dobbiamo smettere di essere un popolo sottomesso, non possiamo fare finta di niente. Queste problematiche ci colpiscono tutti. Il cambiamento climatico è reale, il maschilismo è reale, l'ingiustizia è presente dappertutto. Non c'è più tempo, usciamo a gridare, a denunciare uniti perché il popolo unito non sarà mai vinto!", queste sono state le parole della giovane artista di Our Voice, Victoria Pereira


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Dyrsen Medina: “Mi fa veramente male l'indifferenza"
“Siamo stati vittime di un evento che ha segnato tutti noi famigliari, ci ha lasciato per sempre un dolore, un senso di impotenza. Continuiamo a lottare e continuiamo ad esigere sempre giustizia. Io ringrazio infinitamente di cuore, non ho parole e ringrazio infinitamente di cuore, non ho parole per ringraziare tutta la famiglia di ANTIMAFIADuemila, il direttore, all'Antimafia Dos Mil e tutti i giovani di Our Voice che rappresentano con l'arte e che, attraverso l'arte, continuano anche a fare  denunce sociali…", così si è espressa durante l’evento nella Plaza de las Armas de Asuncion la figlia primogenita di Pablo Medina, Dyrsen, con parole di gratitudine verso il giornalismo libero che non ha dimenticato la causa di suo padre e che continua il costante richiamo di giustizia. 

"Sono sette anni che chiediamo giustizia ed esigiamo che tutti i responsabili dell'assassinio del mio amato padre siano giudicati e condannati davanti alla giustizia paraguaiana. Fino a questo momento abbiamo un responsabile recluso a Tacumbú, niente meno che il sindaco Vilmar 'Neneco' Acosta. Ma abbiamo altri due assassini detenuti in Brasile e abbiamo bisogno che la giustizia paraguaiana si occupi della loro estradizione verso il nostro caro Paraguay e soprattutto che siano condannati. E lo chiediamo anche per tutti i complici di Horacio Cartes, che sappiamo di essere uno dei responsabili dell'assassinio di mio padre insieme a tutti quelli che lo affiancavano, per tutti quelli che ordinarono la morte del mio amato padre. Continuiamo a chiedere sempre giustizia, lottiamo con tutte le nostre forze, non abbiamo paura. Mi fa veramente male l'indifferenza, mi fa male l'assenza di un popolo e mi fa ancora più male che la testata per la quale lavorava mio padre sia assente ancora oggi, mai ci ha appoggiato. Mai ci hanno offerto appoggio da ABC Color. È un peccato tuttavia non perdiamo la speranza che tutti i responsabili dell'assassinio di mio padre e di Antonia Almada siano condannati davanti alla giustizia paraguaiana”. 

Foto © Marcos Padilha

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