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Ricevo da Luana Ilardo e pubblico volentieri questo grido di giustizia allo Stato italiano.



Era da tanto che mi ripromettevo di scrivere queste righe, ma ho temporeggiato per trovare le parole giuste, il tempo giusto e soprattutto non cadere in fallo (come tanti vorrebbero) presa dalla rabbia, dalla non lucidità e dall’immenso sconforto.

Ci tengo subito a precisare che non è questione di vincere o perdere, (anche perché con la quantità di morti avuti, a prescindere, a mio avviso, abbiamo perso tutti…) di credere ad una trattativa o non credere ad una trattativa, (a cui io per prima lascio come è giusto che sia, un libero arbitrio di giudizio) o meno che mai della condivisione o non condivisone  dell’esito di una sentenza, ma solo una mia personale analisi (probabilmente anche sbagliata) ma che voglio condividere per eventualmente individuare i miei sbagliati pensieri.

Ricordo cosa ci ha insegnato la legge.

La mia legislatura ha insegnato agli imprenditori a denunciare chiunque gli facesse estorsione, dicendo che la criminalità va combattuta e non accordata, che il denaro dell’onesto lavoro guadagnato non deve essere “donato” agli aguzzini che senza alcun titolo e diritto vogliono proventi puliti per metterli nelle tasche e nei circuiti della malavita.

Addirittura, la legge ci ha detto che se dopo un breve lasso di tempo, questi soprusi non vengono denunciati, si diventa complici di reato, nonostante rimanga da valutare la non sempre facilità nella celerità dell’attuazione della stessa scelta.

A questo si deve mettere in conto il “peso” umano delle perplessità di diversa natura derivanti, come il primordiale fattore paura, la possibilità di ricevere eventuali ritorsioni per sé e i propri cari, le incertezze e spesso le cause deterrenti derivanti da un sistema di protezione che non sempre funziona come dovrebbe.

Ci hanno insegnato, negli anni atroci dei sequestri di persona, a non uscire un solo soldo per riavere i propri cari a casa.

Credo che nessuno di noi dimenticherà mai la sofferenza provata durante il rapimento di Farouk Kassam, uno dei giorni più bui e più tristi della nostro nazione, quando in una busta chiusa pervenne presso la sua abitazione il lembo del suo stesso orecchio.

L’Italia, con il fiato sospeso pregava per questo angelo innocente, E il nostro Stato per insegnarci ancora meglio come comportarci e non dare man vinta alla criminalità, interrompendo quel “circolo vizioso” che sarebbe diventato proventi continui di quella lurida modalità di estorcere denaro agli onesti, in quel periodo, fece e approvò la legge sul sequestro dei beni patrimoniali per i familiari delle povere vittime.

Pensate un po', (e io probabilmente sbaglio sempre, perché l’unico modo con cui penso, ragiono e mi comporto, è il cuore…) io madre, padre, che vivo un dolore del genere nel vedermi recapitare parti umane del mio adorato figlio, (che se potessi donerei i miei stessi polmoni da viva, per riaverlo al sicuro a casa con me…) mi vedo “congelare” ogni mio denaro perché questo Stato, il mio Stato, mi insegna, dice, impone, che io cittadino onesto non devo trattare in maniera alcuna con nessun tipo di mafia, anzi devo lottargli contro, esattamente come fanno le vittime di racket, senza accogliere nessuna loro richiesta, denunciando e rischiando la mia incolumità perché con i disonesti non si fanno accordi, ma invece vanno solo perseguiti.

Di quante altre cose belle e giuste, dette, che il nostro Stato ci ha insegnato per lottare e sconfiggere le mafie ce ne sarebbero a bizzeffe da raccontare,

Io stessa, nonostante, quello che in tanti possono pensare, provenendo da una situazione “particolare” le ricordo e ne ho fatto insegnamento di vita.

Bene...

Rifletto solo a questi due esempi e mi chiedo; perché la legge e i suoi principi non siano uguali ed applicabili per tutti e del perché, al contrario, sia invece così variabile e variopinta la coerenza di principio di valutazione e applicazione della stessa, nonostante che, alcuni concetti dovrebbero essere al di sopra di ogni valutazione personale?

Mi chiedo perché questo Stato abbia figli e figliastri, (e credetemi con il cuore in mano) qui non parlo e non voglio parlare di quello che è accaduto o non accaduto durante quella affermata trattativa, voglio solo analizzare il fatto del perché tutto quello che ci è stato insegnato, dagli arbori delle nostre vite e del diritto giuridico fin d’ora contemplato, non è stato ribadito e affermato come nei casi espletati sopra.

Qualcuno potrà  pensare che fino a quando quelle motivazioni non verranno depositate è poco consono parlarne, ma io aldilà di quelle motivazioni, che a mio ignorante avviso, verranno giustificate con tecnicismi giuridici e strategie investigative ben vegliate, studiate e applicate… mi continuo ancora a chiedere perché si chieda estremo coraggio ai cittadini comuni e la stessa forza, la stessa determinazione, lo stesso coraggio, nell’ innescare (sembrava necessario…) la più grande guerra mai vista, non sia stato chiesto a tutte le forze dell’ordine, (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Marina, Esercito) attuando il più massiccio e prodigioso degli interventi per radere al suolo  (chiaramente è un modo sofferto di descrizione) tutti quegli uomini maledetti che hanno inondato di sangue il nostro paese.

Ecco il punto esatto, di non ritorno, dove io perdo le mie certezze e le mie coerenze con tutti quei giusti atteggiamenti decantati e quelle leggi emanate che il mio Stato mi ha insegnato.

In tanti in questi anni ci hanno presi per matti, per eretici, per aver creduto ad un accordo tra lo Stato e la mafia.

Io ancora una volta voglio sollevarmi dalle mie posizioni a riguardo, e analizzare quello che aldilà di ogni convinzione ci possa essere e continuare a porgere delle riflessioni e delle relative domande;

Lo Stato, uno Stato, è tale e legittimo perché deve essere la maggior tutela e risposta a tutte le illegittimità che i singoli cittadini subiscono.

E continuo a chiedermi:

- È normale vivere in un paese dove ci sono migliaia di persone, famiglie che da anche 50 anni attendono risposte su quello che è accaduto ai propri familiari? E purtroppo la maggior parte di questi siano ascrivibili a reati di natura (pseudo) mafiosa?

- È normale che le più grandi stragi del ns paese dopo centinaia di udienze e infiniti anni di indagini siano ancora quasi totalmente avvolte nel buio più torbido nonostante la quantità di vittime da esse provocate?

- È normale che persone come noi, cittadini di questo Stato, sono state condannate per il resto dei propri giorni ad uno dei sentimenti più invivibili, più estenuanti da tollerare per ogni essere umano, come il dubbio o il non sapere?

Ecco a cosa dovrebbe servire il mio Stato!

A ridare una vita a chi una vita se l’è vista sottrarre sotto gli occhi, come è accaduto a me, a noi…

Il mio Stato, il nostro Stato, lo Stato di tutti, dovrebbe garantire le pene più severe a chi ha distrutto vite di intere famiglie e generazioni, perché credetemi, potete chiedere conferma ad ogni vittima di mafia o di qualsiasi altro genere, certi dolori non segnano la vita solo dei parenti prossimi, ma sono “disgrazie” che irrimediabilmente vengono trascinate per parecchie generazioni a seguire.

E anche qui rifletto.

Oggi io e tanti altri, in stesse condizioni di attesa di risposte vere e certe, ci ritroviamo con una riforma della giustizia a cui vediamo dare giustizia a chi giustizia (badate bene, non vendetta!) non la meritava, dimenticandosi di chi invece dall’altra parte il danno l’ha subito.

Vediamo una sentenza, come altre già avute, che a me personalmente, confondono le idee su tutto quello che precedentemente hanno insegnato, in cui fermamente ho creduto e reso atteggiamento di vita quotidiana.

Mi vedo un uomo (che non essendo io un giudice, devo lasciare il beneficio del dubbio ) che ha più imputazioni e condanne accertate   di un normale pregiudicato, parlare, interagire, con il mio Presidente del Consiglio, sul futuro del mio paese, quando vi posso assicurare che per un soggetto come me, proveniente da una condizione come la mia, oltre ogni ragionevole dubbio,  basterebbe solo rubare un pezzo di parmigiano al supermercato per vedermi arrestata e solo Dio sa, quante pene a seguire.

Ecco perché non credo più a nulla.

Perché tutto quello che nella mia testa (evidentemente malata) doveva essere sacro è diventato profano e viceversa.

Allora mi chiedo a cosa devo credere, a chi devo fare le mie domande, a chi devo chiedere verità e giustizia e a chi devo chiedere accertamenti di responsabilità, e non il prezzo di una trattativa, ma di tutte quelle leggerezze, maldestre strategie non risultate funzionanti, non efficaci, ma bensì inadeguate scelte confermate che hanno messo per quasi tre anni ad altissimo rischio la vita di mio padre e inconsapevolmente anche quella mia e dei miei familiari, consacrate poi, quel maledetto 10 Maggio 1996, che ha sancito definitivamente la distruzione della mia vita e quella dei miei fratelli.

A chi devo chiedere il motivo e la giustificazione del perché siamo stati a seguito noi, isolati, dimenticati, abbandonati, non supportati in nessun modo, dopo la vita sacrificata del mio papà per quello Stato in cui aveva creduto e aveva affidato la sua e la nostra stessa vita?

Fino ad un paio di anni fa mi sono sentita dire in uffici istituzionali che io e mia sorella (16/17 anni) e i miei fratelli (9 mesi) anche per chiedere la “categoria protetta” al fine di poter trovare un dignitoso posto di lavoro non avevamo i requisiti necessari in quanto per loro risultavamo associati mafiosi.

Avete mai visto due ragazzine imbrattate di sangue di mafia e due neonati inconsapevoli anche di esistere, che siano associati mafiosi?

Io li ho visti riflessi nello specchio di casa mia a causa del mio Stato che così ha permesso a qualcuno di rispondermi, ad uno Stato che un padre affettuoso non si è mostrato neanche per mera pietà umana e che invece non ha dato responsabilità a chi il padre affettuoso me l’ha fatto perdere per sempre.

Oggi mi chiedo a cosa devo credere, a quello per cui dovrei continuare a lottare, oggi rifletto che nessuno migliore di me, (che niente sono io) è riuscito a cambiare le cose e a garantirci uno Stato come quello da cui vorrei essere tutelata è protetta, oggi mi chiedo e rifletto a tutto il tempo sottratto alla mia vita, ai miei affetti, ai miei diletti, alla mia vista, alla mia salute a cosa sia servito se puntualmente vedo solo le cose andare di male in peggio.

Oggi mi chiedo e rifletto che in tanti (fortunatamente, vuol dire che si occupano di cose più serene…) non facendo parte degli “addetti ai lavori” non abbiamo chiara l’idea di dove stiamo andando a finire, e di quello che accadrà con i diritti non esercitati in modo funzionale che il mio Stato, il nostro Stato, causerà.

Mi sento senza identità, non so più a cosa credere, e contestualmente mi manca tantissimo credere in quello in cui ho sempre fermamente creduto, quello Stato in cui ha creduto mio padre e nel mio Stato a cui lui mi ha affidato e in cui lui, mi ha insegnato, nonostante tutto, a credere.

Chiunque le abbia mi dia delle risposte, perché io ne ho bisogno.

Luana Ilardo

Foto © Paolo Bassani

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