L'avvocato Fabio Repici: "Ho trovato le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia sconosciuto all’autorità giudiziaria di Roma"
L'avvocato Fabio Repici, legale della famiglia Manca, ha annunciato una novità che potrebbe far partire nuove indagini sul caso di Attilio Manca, il giovane urologo Siciliano trovato cadavere il 12 febbraio 2004 nel suo appartamento a Viterbo. Repici ha affermato di avere trovato le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia sconosciuto agli inquirenti capitolini e tali dichiarazioni "riscontrano addirittura un elemento che era stato indicato non dai pentiti, ma dalla signora Manca e dal signor Manca, in relazione alla visita preannunciata ad Attilio Manca dal cugino Ugo Manca dieci giorni prima del suo omicidio, da un potente boss mafioso di Barcellona pozzo di gotto a Viterbo”. Le dichiarazioni - ha aggiunto l'avvocato - del nuovo collaboratore di giustizia" non mai state esaminate dall’autorità giudiziaria di Roma" e tirano in ballo "proprio quel soggetto che dieci giorni prima della sua uccisione, Attilio Manca seppe che sarebbe andato a trovarlo a Viterbo”. Il legale ha poi specificato che "stiamo raccogliendo quegli elementi che a breve, nel giro di qualche settimana, saranno portati con una nuova denuncia all’attenzione della procura della repubblica di Roma” la quale, ha detto, "non potrà non prendere atto di quella sentenza della corte di appello di Roma e di ulteriori elementi che abbiamo. Quindi (la Procura n.d.r) dirà di far ripartire le indagini sull’omicidio di Attilio Manca”.
Questo e altro è stato raccontato durante l'evento streaming di Wordnews.it andato in onda sabato 18 settembre intitolato "Il Caso Manca. Una storia tra Mafia e Stato corrotto", moderato dal direttore della stessa pagina Paolo De Chiara e della collaboratrice Alessandra Ruffini e in cui sono stati presenti come ospiti la signora Angela (madre di Attilio), l'avv. Fabio Repici e l'avv. Enzo Guarnera (di Associazione Giustizia e Legalità).
Le ufficiali ragioni della morte di Attilio
Suicido per overdose provocata da un’assunzione volontaria e deliberata di eroina. E’ questa secondo i magistrati la ragione ufficiale della morte di Attilio. Nel corso degli anni, sono stati portati alla luce vari elementi che fanno pensare a tutto, meno che ad un suicidio. Come ricordato dallo stesso Repici: "In questo momento non ci sono indagini. Nel senso che le indagini fatte dalla Dda di Roma a seguito di un esposto/denuncia firmato dai famigliari di Attilio Manca, come voi sapete nel lontano 2018, vado a memoria, fu oggetto di un’ordinanza di archiviazione su richiesta della Dda di Roma. Quell’ordinanza di archiviazione del gip, dott.ssa Tamburelli, aveva quale proprio pilastro portante dell’intera ricostruzione il fatto, secondo quel giudice accertato, che Monica Mileti avesse ceduto della eroina ad Attilio Manca e che Attilio Manca fosse morto in conseguenza della volontaria e deliberata autoassunzione di quella eroina che aveva ricevuto da Monica Mileti”. Tale pilastro è definitivamente caduto quando, "a febbraio c’è stata la sentenza della Corte d’Appello ne confronti di Monica Mileti" la quale "è stata assolta con la formula che il ‘fatto non sussiste’ e quindi è stato ritenuto provato dalla Corte d’Appello di Roma che Monica Mileti non ha mai ceduto - o almeno non l’ha ceduta, se vogliamo essere strettamente adesivi alla imputazione, a febbraio dell’anno 2004 quando Attilio Manca fu ucciso". Tale sentenza ha avuto un effetto dirompente, ha spiegato il legale, poiché ha fatto cadere definitivamente la tesi di archiviazione.
“Questa impalcatura - ha detto l'avvocato - questa colonna di quell’ordinanza è stata completamente abbattuta. Ora è sbriciolata, anzi è inesistente. Noi oggi possiamo già dire che quell’ordinanza di archiviazione del gip di Roma è sbagliata. Non se ne può più discutere”.
Quindi, perché è morto Attilio?
La madre di Attilio Manca, Angela Gentile
Fuori dal processo la famiglia Manca
Un fatto "assolutamente inedito, ingiustificabile e mi permetto di dire fuori dal rito. Vergognoso".
Con queste parole l'avvocato Fabio Repici ha descritto la decisione del tribunale di Viterbo in accoglimento della richiesta del pm di estromettere la famiglia Manca dal processo. “Noi ci siamo costituiti parte civile e la procura di Viterbo sosteneva che la morte di Attilio Manca era la conseguenza della cessione di droga da parte di Monica Mileti. In udienza preliminare il gup correttamente dichiarò la prescrizione per il decorso del tempo per l’imputazione di morte di Attilio Manca come conseguenza della cessione di droga e rinviò a giudizio Monica Mileti come richiesto dal pubblico ministero". Mileti, ha detto l'avvocato "andò a giudizio, innanzi al Tribunale e al dibattimento, per la cessione di droga ad Attilio Manca. Era stata la stessa procura di Viterbo a dire che era stata quella cessione di droga a provocare la morte di Attilio Manca e quindi i signori Manca, padre, madre e fratello di Attilio Manca si erano costituiti parte civile in qualità di danneggiati anche per il delitto di cessione di droga. Eppure - ha continuato Repici - che cosa accadde: che alla prima udienza dibattimentale fu il pm Renzo Petroselli a chiedere l’esclusione delle parti civili. Cioè dei famigliari di Attilio Manca. E questa esclusione fu disposta con un ordinanza che non è impugnabile. Il punto è che nell’escludere le parti civili, non solo fecero una cosa che era in contraddizione con i capi di imputazione, quindi solo per questo era illegittimo, ma quel che è più grave tolsero dal campo coloro che da dieci anni e più stavano cercando con sforzi nenarrabili di mettere insieme piccoli pezzetti di verità”.
I collaboratori di giustizia mai sentiti delle procure di Roma e Viterbo
“Sull’omicidio di Attilio Manca ci sono oggi dichiarazioni di sei collaboratori di giustizia" ha detto l'avvocato della famiglia Manca, aggiungendo che "tutti affermano che Attilio Manca fu ucciso e che la assunzione di droga da parte di Attilio Manca non fu una sua scelta volontaria ma fu la modalità scelta da coloro che hanno deciso" e "poi eseguito il delitto costringendolo a due inoculazioni di droga”.
Il legale ha poi specificato che davanti ad un tale scenario avrebbero certamente richiesto, come parte civile, che venissero sentiti tutti i collaboratori ma questa richiesta è stata bloccata dalla decisine della corte di escludere i famigliari di Attilio Manca dal processo.
"Qual’è il paradosso?" ha chiesto Repici, "il paradosso e che le dichiarazioni dei pentiti" erano tutte “a favore di Monica Mileti. E quindi rimase il mio sconvolgimento personale di come neanche la difesa avesse voluto sentire i pentiti che tutto sommato scagionavano" alla radice Monica Mileti la quale come detto da lei stessa parlando con Gaetano Pecoraro durante un servizio de Le Iene ha detto: "So di essere un capro espiatorio. So che devo essere io ad essere punita”.
Tornando ai pentiti Repici ha detto che "sono numerosi i collaboratori di giustizia che dicono: 'Attilio Manca è stato assassinato'. E fanno alcuni nomi". Come ad esempio quello di Rosario Pio Cattafi, nominato da Carmelo D'Amico. Quest’ultimo viene indicato come "il collaboratore di giustizia principale - che è il pentito più attendibile della storia di Barcellona Pozzo Di Gotto - e che ha consentito all’autorità giudiziaria di ricostruire decine e decine di omicidi e di condannare i vertici di Cosa Nostra barcellonese per omicidi che erano rimasti impuniti".
Cattafi, ha spiegato Repici è "un soggetto che è stato indicato" come "l’anello di congiunzione fra Cosa Nostra barcellnoese e apparati dello Stato” almeno fino dal 1993.
"Il punto è che i collaboratori di giustizia non solo sono stati sentiti dalla procura di Roma. Ma sono stati sentiti dalla procura di Messina, in alcuni casi dalla procura di Caltanissetta” così come da quella di Palermo, di Reggio Calabira, “dalla corte di assise di Caltanissetta, dalla corte di assise di Palermo e in altre sedi” - ha detto Repici aggiungendo che "se davvero le cose stettero veramente come indicato dalla procura di Roma e dal gip di Roma" ossia che Attilio Manca si è dato la morte da sé perché si è fatto due iniezioni di eroina in una data che non è ancora individuata, "le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono false".
E poi ancora: "Come mai nessuna autorità giudiziaria si è presa la briga di fare dei processi per falsa testimonianza, false dichiarazioni al pm e ai collaboratori di giustizia? E neanche il gip di Roma e la Dda di Roma hanno avuto il coraggio di iscrivere sul registro degli indagati per false dichiarazioni al pm?".
Attilio Manca ha operato Provenzano durante la latitanza?
Il giovane urologo siciliano era stato il primo medico in Italia ad eseguire delle complicate operazioni chirurgiche alla prostata per mezzo della tecnica laparoscopica. Essendo il migliore nel suo campo potrebbe essere stato scelto da qualcuno per operare il famoso latitante Provenzano, il quale al tempo accusava proprio un tumore alla prostata. “Noi possiamo dire con certezza - ha detto il legale - rispetto a quello che hanno riferito più collaboratori di giustizia, che nell’occasione in cui nell’anno 2003 Bernardo Provenzano fu vittima di un tumore alla prostata - era latitante all’epoca da oltre trent’anni - potesse provvedere di ricevere le cure necessarie" da "Attilio Manca" in quanto "urologo esperto di tumori alla prostata" e "che potesse in qualche modo essere utile alle cure del boss Bernardo Provenzano”. “Come si poteva arrivare a questo giovane ma già prestigioso medico?” Ha chiesto Repici, "purtroppo lì incide la sua origine. La città di provenienza di Attilio Manca" ossia Barcellona Pozzo Di Gotto è "una città che nell’anno 2000 se non ricordo male o giù di lì io indicai come la Corleone del terzo millennio. E' una città in cui purtroppo Cosa Nostra e apparati istituzionali hanno vissuto in assoluta sintonia per decenni. Come dimostrato in alcuni casi perfino da sentenze. Poiché l’ambiente di Cosa Nostra Barcellonese non è fatto solo di viddani, come vennero indicati i mafiosi corleonesi prima della loro scalata al vertice di Cosa Nostra" e quindi si poteva più facilmente accedere "alla possibilità di avere un contatto, con un medico che naturalmente era estraneo a qualunque coinvolgimento in attività illecite ma che aveva per ragioni di famiglie e per ragioni di ambiente conoscenze con soggetti che erano strettamente correlati con ambienti mafiosi. E naturalmente Attilio Manca aveva fatto il giuramento di ippocrate e quindi non poteva capire preventivamente le richieste che gli venivano fatte".
Gli attacchi alla famiglia Manca
La signora Angela Gentile ha riportato recentemente sulla sua pagina Facebook che ignoti hanno compiuto alcuni atti vandalici contro la sua abitazione per mezzo di acidi e altri veleni. Questi individui a forza di veleni le hanno fatto morire le piante e quasi ucciso il suo cane. "A periodi - ha detto la madre di Attilio - a seconda di come vanno le indagini ci avvelenano il giardino ammazzandoci le piante e noi facciamo regolarmente le denuncia".
E poi ancora, "una sera addirittura la nostra casa era invasa da gas. Era tutta una camera a gas. Tanto che sono venuti i vigili urbani e hanno chiamato i vigili del fuoco i quali ci hanno detto: 'scappate non dormite stanotte perché potete morire avvelenati'. Io ho detto no! Io non me ne vado a casa mia! Però stranamente questi vigili del fuoco non hanno portato lo strumento per sentire il gas e la mattina dopo quando sono venuti non hanno trovato più niente”. Rispondendo alle domande, la madre di Attilio ha anche detto che “i barcellonesi sono tutti con noi. Tutti sanno come sono avvenute le cose. Poi c’è chi non parla per paura, per reticenza, od omertà. Però quando esco qualsiasi persone che incontro mi dice: 'signora lei ha la mia solidarietà'".
Angela Gentile ha poi parlato di come gli avevano fatto credere che il figlio fosse morto per un aneurisma cerebrale e degli strani comportamenti di Ugo Manca, cugino di Attilio Manca, il quale non aveva solo impedito alla madre di vedere il corpo del figlio ma aveva addirittura buttato del fango su Attilio subito dopo che Angela Gentile aveva iniziato a nutrire dei dubbi. "Quando io ho cominciato a capire che mio figlio non era morto per aneurisma come mi avevano detto ingannandomi e ho cominciato a capire che era morto per droga ho avuto dei sospetti. E allora io ho chiamato Ugo e gli ho detto: 'Ugo ma che vuoi concludere?' A che gioco stiamo giocando?' Lui ha voltato le spalle e non ha mai più rimesso piede a casa nostra" ha detto la madre di Attilio, concludendo che lei continuerà a dare testimonianza della vita del figlio e della ricerca di verità sulla morte di Attilio.
Il giornalista, direttore di Wordnews.it, Paolo De Chiara
Paolo De Chiara: "La giustizia e la politica non hanno la volontà di far luce sul caso Manca"
Il direttore di Wordnews.it è stato schietto nel suo intervento dicendo che non c'è nessuna volontà d aparte della giustizia o della politica di "far luce su determinati avvenimenti".
E sono molti gli elementi ignorati dagli inquirenti che potrebbero portare alla luce importanti fattori. Uno su tutti è la dichiarazione del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice il quale durante il processo 'Borsellino Quater" ha detto ai pm quello che gli avrebbe detto Giovanni Aiello (alias 'faccia da mostro) in merito ad un urologo di Barcellona Pozzo di Gotto che lui stesso avrebbe ucciso, a seguito dell'operazione di Provenzano in Francia. Il riferimento ad Attilio Manca è del tutto evidente. “Mi narrò (Aiello, ndr) di un omicidio avvenuto in Sicilia prima ancora che venisse arrestato Bernardo Provenzano... questo è un altro fatto... l'ucciso era un urologo che si era prestato di individuare una clinica... una clinica all'estero per fare operare il Provenzano”. A quel punto il pm ha chiesto se è stato Aiello ad uccidere l'urologo. “Si, si – ha replicato Lo Giudice –. E che quando costui fu operato, per non lasciare tracce dietro a quell'operazione, contattò un avvocato di nome Pataffio (presumibilmente Cattafi, ndr) che gli teneva i contatti e lo seguiva nelle sue cose delicate e doveva a sua volta... ah e dove a sua volta gli diede l'incarico ad Aiello per liquidare l'urologo. Il dottore venne strangolato nel suo stesso studio a Barcellona Pozzo di Gotto per conto dell'avvocato e di Provenzano”.
Altro elemento di particolare rilevanza è l'intercettazione ambientale del 13 gennaio del 2007 in cui, ha raccontato Paolo De Chiara, abbiamo scoperto una conversazione tra "Vincenza Bisognano - che sarebbe la sorella del boss Carmelo Bisognano di Barcellona Pozzo di Gotto oggi collaboratore di giustizia - Sebastiano Genovese e Massimo Biondo" il quale aveva detto: “'C’è questo ragazzo (riferendosi ad Attilio manca) che era a Roma. A chi doveva dare fastidio?'” Risponde la Bisognano: “Perché lo aveva riconosciuto?”
Il riferimento va all’operazione fatta al latitante Bernardo Provenzano. Biondo ha risposto. "Lo sanno pure le panchine del parco che Provenzano era latitante a Porto Rosa”.
Infine, De Chiara ha parlato delle controverse prove trovate nella casa dove Attilio Manca era stato rinvenuto cadavere facendo presente che sono state trovate due siringhe con il cappuccio infilato, e diverse impronte digitali, tra cui quella di Ugo Manca.
Enzo Guarnera: "Questa vicenda è parte integrante della trattativa tra lo stato mafia"
Attilio Manca, secondo l'avvocato Enzo Guarnera, "non doveva arrivare a scoprire qualcosa" sul soggetto "che aveva operato lui a Marsiglia, perché questo soggetto era sotto protezione". Ma protetto da chi?
Secondo l'avvocato nella vicenda sono presenti "pezzi deviati dello Stato" inseriti nei quadri "della pubblica amministrazione, delle massonerie deviate e dei servizi i sicurezza".
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Libro “Suicidate Attilio Manca”