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Sono passati cinque mesi da quando il gruppo parlamentare “L’alternativa C’è”, guidato da Pino Cabras, ha presentato la mozione per riconoscere lo status di rifugiato politico al giornalista Julian Assange, attualmente detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh. Da quel momento, la richiesta di votazione urgente è stata respinta in aula per ben tre volte, l’ultima delle quali sine die. Per sollecitare il voto, il gruppo “Italiani per Assange” ha organizzato mercoledì 8 settembre un sit-in di fronte a Palazzo Montecitorio.
Tra i presenti anche la giornalista Stefania Maurizi, autrice del libro “Il potere segreto”, recentemente pubblicato.


stefania maurizi


Dalla politica al giornalismo: le voci a sostegno di Assange
Durante la manifestazione, molte ed eterogenee sono state le voci schierate a difesa del giornalista che rischia l’estradizione negli Stati Uniti. Tra i vari partecipanti, presenti anche diversi deputati: da Pino Cabras che, in qualità di primo firmatario della mozione, ha presentato l’iniziativa parlamentare ed ha evidenziato come «Assange sia stato importantissimo per rivelare gli arcani delle guerre di questi ultimi venti anni, compresa quella in Afghanistan» e che, dunque, «la riflessione su Assange in questo momento è quanto mai urgente», a Yana Ehm che, non più parte del Movimento 5 Stelle, dopo essersi rifiutata di dare la fiducia al governo Draghi, ha chiesto ai suoi ex-colleghi pentastellati di fare un passo concreto per la libertà del giornalista australiano, un tempo difeso dal Movimento. Altrettanto significativa la presenza di Enrico Calamai, diplomatico che, al tempo della dittatura di Jorge Videla in Argentina, contribuì a salvare centinaia di perseguitati politici, nonostante il connivente silenzio che il governo italiano manteneva con il regime argentino. L’impegno e la coerenza di Calamai per i diritti umani non si sono mai fermati, anche laddove, come un tempo, il governo italiano tace.


assange montecitorio 1


Nel suo intervento per Assange, Enrico Calamai ha sottolineato l’importanza dell’informazione, e di come questa funga da metro della democrazia: «Non è un caso che, in America Latina, ai tempi dei desaparecidos, i militari argentini abbiano scelto di oscurare quello che stavano facendo, di oscurare le vittime, la caccia all’uomo che era in corso, per dare la sensazione di un paese in cui tutto funzionava normalmente. Il poter disporre di mezzi di informazione che permettevano di tacere sulla sorte dei detenuti e sulla loro sparizione, ha permesso di eliminare un’intera generazione di giovani politicamente impegnati e che sarebbero diventati la nuova classe dirigente argentina». Presenti al sit-in anche diversi esponenti e gruppi politici, come Marco Rizzo (segretario del Partito Comunista), Giorgio Cremaschi (ex portavoce nazionale di Potere al Popolo), nonché il movimento transnazionale Diem25 di cui è membro anche lo stesso Assange.


assange montecitorio 2


Tra gli interventi da evidenziare quello di Stefania Maurizi giornalista d’inchiesta che ha collaborato in maniera attiva con Wikileaks e seguito il caso di Assange fin dall’inizio. Accolta da un grande applauso era la prima volta in cui parlava ad una manifestazione in piazza. Ma sono tempi in cui essere presenti diventa essenziale, in particolare quando, come lei stessa ha sostenuto, si sente "l’urgenza di salvare un collega e con lui tutti i colleghi di Wikileaks".
Come nelle altre manifestazioni organizzate dal gruppo “Italiani per Assange”, anche in quella di mercoledì era possibile notare tra il pubblico la bandiera dell’Ecuador, portata dall’immancabile comunità ecuadoregna di Roma che, nel suo intervento, ha ben illustrato come le sofferenze del paese latino-americano e quelle del giornalista Julian Assange siano strettamente collegate: Rafael Correa è stato l’unico presidente a dare asilo politico ad Assange, ma la situazione è cambiata quando il nuovo presidente Lenìn Moreno, tradendo il suo elettorato e il suo partito politico (lo stesso di Correa), ha di fatto consegnato nelle mani delle autorità britanniche il giornalista australiano, revocandogli la cittadinanza ecuadoregna.


mapuche


Ma anche un’altra bandiera è stata esposta brevemente durante il sit-in: quella del popolo Mapuche. Nella stessa giornata, infatti, a Palazzo Chigi (proprio alle spalle del sit-in) il premier Mario Draghi incontrava Sebastiàn Piñera, presidente cileno. "Un’altra delle tante ipocrisie dell’Occidente - ha aggiunto Marianela del gruppo Italiani per Assange - che si fregia di parole come 'democrazia', 'pace' e 'diritti' e poi stringe affari e accordi con assassini. Assange viene perseguitato perché denuncia la loro ipocrisia".

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