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Le origini, le ambizioni e la vita interna al Movimento. Tutto racchiuso in un’opera di cittadinanza attiva

Un ragazzo salva la vita ai suoi coetanei, una ragazza sciopera per la salute del pianeta, un'altra lotta contro le armi. Storie vere di ragazze e ragazzi che hanno compiuto gesti di altruismo e di coraggio spesso premiati e citati dalla cronaca. Tutto racchiuso in un avvincente libro per giovani e giovanissimi, scritto da Roberto Morgese - insegnante di scuola elementare e formatore per il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell'Università di Milano-Bicocca - e intitolato: "Fai la cosa giusta! Gesti straordinari di ragazze e ragazzi come te" (edizione "Raffaello Ragazzi"). Un libro illustrato, in cui vengono sottolineati i valori della cittadinanza attiva. Ma è anche una lettura che si presta bene a mostrare come, ogni giorno, tutti noi possiamo fare scelte di cui andare fieri, scelte che serviranno per migliorare il mondo in cui viviamo.
Ma non è tutto. È con grande sorpresa, infatti, che leggendo il libro apprendiamo di una giovane donna a noi molto cara. È la storia di una 17enne (oggi 21enne) con le idee chiare: "per contrastare la delinquenza organizzata, sia in Italia che in altre parti del mondo, occorre un'iniziativa che parta dai giovani". Fonda e dirige il movimento internazionale Our Voice, che lotta - pacificamente - per eliminare nelle persone la paura del potere criminale, troppo spesso alleato con il potere politico. Le "armi" sono l'arte e la letteratura: danza, teatro, pittura, giornalismo e tutti i linguaggi utili per esprimere sé stessi in piena libertà. È la storia di Sonia Bongiovanni, raccontata nel capitolo intitolato: "Our Voice contro tutte le ingiustizie", che riportiamo fedelmente per mantenere la sua profondità e il linguaggio giovanile che rende questo libro speciale.

"Our Voice contro tutte le ingiustizie"
- Me la immagino così la situazione all'apertura del sipario. Due profili di uomo adulto. Ambientazione per strada. Esterno giorno. Luce abbagliante.
Se ci fosse la luna o un bellissimo tramonto, il pubblico la scambierebbe per una scena romantica. Non importa se a darsi un bacio sono due maschi. Non sarà certamente un problema nel mondo di oggi. L'amore è amore e basta. L'intera società l'ha capito. L'amore è parità di cuore, è costruzione del bene, del meglio.
L'amore è vita. Ma allora quel bacio, sul palcoscenico lo proiettano anche su un grosso schermo che fa da sfondo.
Lo mostriamo come se fosse ripreso dalle videocamere nascoste degli agenti della Direzione Distrettuale Antimafia. Così si capisce subito che non è un idillio. Infatti, non mettiamo la luna e neppure il tramonto.
Il bacio, quello vero, sarebbe intimità appartata. Invece noi lo ambientiamo per strada, alla luce del giorno, con ostentazione.
E allora che cos'è quel gesto? Gli spettatori se la devono porre la domanda.
Perché è a questo che puntiamo, giusto? Proporre del teatro che faccia sorgere delle domande negli spettatori. A muovere le coscienze, ad agitare l'acqua stagnante dell'omertà, di chi vede e sente, ma poi dimentica o non sa.
Quel gesto è sottomissione. È il marchio pubblico del capo clan. È un segno di potere. È la sfrontatezza di chi governa la zona e ricorda all'altro che è una cosa sua. Che a lui deve obbedire, perché è a lui che deve il suo benessere.
Il bacio, come una pratica vecchia che torna di moda. La pratica dei boss di mafia.
Poi rappresentiamo altre scene a tema.
Il boss che esce dal carcere perché sono scaduti i termini di detenzione preventiva e bacia gli affiliati che sono venuti a prenderlo. Che va al cantiere a ricordare che l'impresa che controlla è disponibile a fornire servizi e lavoro e bacia il capo delle maestranze. Che chiede denaro per i suoi uomini ancora in prigione e bacia l'uomo a cui fa capire che sarebbe gradito un suo contributo in contante per il sostentamento delle famiglie dei carcerati.
Deve passare il messaggio artistico. Il bacio, da gesto che accoglie e protegge, diventa minaccia, subdola e velata, melliflua e velenosa. È il bacio di chi è pronto a punirti se non ti pieghi, se non ti fai servo.
Il giovane regista prosegue e termina la presentazione del progetto teatrale che vorrebbe allestire.
Ci vuole coraggio per portarlo in scena. È una scommessa. Ammesso che si riesca a metterlo in piedi, bisogna essere sicuri che ci sia abbastanza pubblico per venire a vederlo. Che la gente trovi il coraggio di assistere e partecipare a quel gesto di denuncia.


fai la cosa giusta over

Di opere ne hanno messe insieme in scena molte e non tutte hanno avuto la quantità di pubblico che avrebbero meritato, che gli organizzatori di Our Voice avrebbero desiderato. Ma la loro è una scommessa e non sempre l'azzardo viene premiato.
- che cosa ne dici, Sonia?
La giovane donna sorride. Le piace moltissimo l'idea. Ha appena visto sul web i filmati della DDA che riprendevano situazioni come quelle della sceneggiatura appena ascoltata. Non sono fantasie, sono tristi verità. Il fenomeno della criminalità organizzata è ancora forte e radicato nel territorio e ormai ha ramificazioni ovunque nel mondo.
Ma ciò che fa più rabbia alla ragazza è che mafia, 'Ndrangheta, camorra conservino ancora così saldamente le proprie radici nella sua stessa terra, il meridione d'Italia, e che da lì, con i loro velenosi e subdoli tentacoli, arrivino sempre più lontano. Come si farà a recidere quegli arti molli e viscidi?
Sonia riflette. Pochi giorni prima è riuscita a parlare con il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria. Le ha confermato che l'associazionismo a delinquere di stampo mafioso, nonostante l'intervento instancabile dello Stato, è ancora forte. Bisogna continuare a lavorare. Tutti insieme, ognuno facendo la propria parte.
L'uomo di giustizia sta facendo la sua. Si espone pubblicamente e svolge il proprio lavoro ogni giorno, in prima linea. Sa di essere un personaggio scomodo per la 'Ndrangheta calabrese; sa di essere quotidianamente in pericolo, ma non si ferma. Il suo compito è più importante.
Per Sonia è un esempio. Come altri prima di lui.
Le tornano in mente le parole di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso a Palermo sotto casa sua con un'autobomba imbottita di tritolo.
"Se la gioventù le negherà l'appoggio, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo".
Ricorda anche le affermazioni di Peppino Impastato, giovanissimo giornalista, anche lui ucciso a Palermo, che diceva dai microfoni della sua Radio Aut:
"La mafia uccide, il silenzio pure!".
La direttrice di Our Voice non vuole stare in silenzio, altrimenti non avrebbe chiamato così la sua libera associazione, il suo Movimento Culturale Internazionale.
La "nostra voce" deve farsi sentire, la nostra voce di giovani, tenaci e combattivi. Per questo motivo accetta la proposta senza esitazione.
- Sì, faremo questo spettacolo!
E il giovane regista esulta.
La scelta non è da poco. È forte e coraggiosa. Ma soprattutto va nella direzione intrapresa fin dall'inizio da Our Voice: fare risuonare potenti la protesta e la voglia di cambiamento, sempre più sentiti tra le ultime generazioni, attraverso l'espressione artistica.
Musica, teatro, danza, pittura, scrittura, pensate come forme di rivoluzione civile.
Come voglia di esseri liberi, liberi di essere baciati solo per amore.

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