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Ma per completare il Sudoku serve il Diritto e non la pena capitale

In un Giappone preso dalla recente inaugurazione delle Paralimpiadi, ieri un tribunale di Fukuoka - capoluogo dell’omonima prefettura che sorge sulla costa settentrionale dell’isola giapponese di Kyushu (a sud dell’Arcipelago) - ha condannato per la prima volta a morte un “Oyabun” (boss). Si tratta del 74enne Satoru Nomura che fa a capo al gruppo “Yakuza Kudo-kai”, uno dei più feroci del paese. L’uomo è accusato di omicidio e numerose aggressioni, sulla base del principio che i reati commessi dagli affiliati devono essere attribuiti ai capi.
Premesso che non condividiamo né legittimiamo la pena di morte in nessun caso essa si intenda - anzi la condanniamo in quanto violazione dei diritti fondamentali dell’uomo -, quanto accaduto evidenzia un cambiamento di approccio da parte della giustizia nei confronti del crimine organizzato giapponese: la Yakuza, una delle più note assieme alle italiane Cosa nostra e ‘Ndrangheta.
A darne notizia è stata l’agenzia Askanews la quale riporta anche come la sentenza rappresenti “un momento importante in un processo che vede sempre meno agibile il terreno per la Yakuza, una tipologia di crimine organizzato da sempre tollerata e, anzi, spesso operante in simbiosi con la politica e talvolta storicamente anche con le forze dell'ordine”. Secondo quanto riporta il quotidiano di Fukuoka Nishinippon shimbun, Satoru Nomura avrebbe inveito contro il giudice, a seguito della pronuncia della condanna, dicendo: “Avevo fatto appello a una decisione giusta. Si pentirà di questa sentenza per il resto della sua vita”.

Satoru Nomura, boss feroce come vuole “la regola”
Le condanne nei confronti di Satoru Nomura risalgono all'uccisione di un ex capo di una cooperativa di pescatori nel 1998. Una personalità di rilievo in grado di avere voci in capitolo nei lavori di costruzione del porto della città nel Kyushu, l'isola meridionale delle quattro principali dell'Arcipelago.
In tempi più recenti, nel 2014, riporta Askanews, “avrebbe ordinato degli attacchi su un parente della vittima”, e l’anno precedente “contro un'infermiera di una clinica presso la quale il boss intendeva curarsi”. Nel 2012, invece, Nomura avrebbe ferito un ex agente di polizia che indagava contro la “Kudo-kai”. Ma, a differenza sua, il numero due del gruppo, Fumio Tanoue, per gli stessi delitti è stato condannato all'ergastolo.
La Yakuza è un fenomeno criminale le cui radici storiche risalgono al Giappone feudale. Il suo momento clou, o per meglio dire il suo “boom”, risale all'immediato dopoguerra, “dapprima reprimendo le rivolte dei coreani che erano stati portati in Giappone durante il periodo coloniale – scrive Askanews -, poi mettendo le mani su molti dei lavori della gigantesca ricostruzione”. Grazie alla sua capillarità e alla sua capacità di infiltrarsi nel tessuto sociale, non solo giapponese, nei decenni è riuscita a mantenere un rapporto proficuo con la politica e le forze dell'ordine, costituendo così una forma di ordine a sé stante all'interno della parte oscura della società e dell'economia nipponica. I suoi cavalli di battaglia sono da sempre il racket, la prostituzione, il gioco d'azzardo, i ricatti e le grandi speculazioni immobiliari, ancora oggi floride fonti di guadagno. La Yakuza è organizzata in diversi gruppi. Ma al di là dei folkloristici rituali e caratteristici tatuaggi - conosciuti in tutto il mondo anche grazie al cinema - c’è molto altro. Dietro si nasconde un'organizzazione criminale che seguendo le orme della mafia nostrana, è in grado d'influenzare la terza economia del mondo.
Il “Kudo-kai” in particolare, uno dei tanti gruppi di cui è composta la Yakuza, è noto per la sua ferocia. Tant’è che in passato non ha esitato ad attaccare a colpi di granata un club di Kitakyushu e di sparare a cittadini comuni, completamente estranei alla compagine criminale della Yakuza.
A causa delle sue barbarie la polizia di Fukuoka ha fatto terra bruciata attorno al gruppo arrestando Nomura e il suo numero due nel 2014. Da allora la potenza del gruppo “Kudo-kai” è crollata notevolmente e nel 2020 il numero di affiliati - che in passato aveva ampiamente superato quota mille -, è sceso a poche centinaia.
Tornando al 74enne “Oyabun”, Nomura in tribunale è stato accusato anche da ex sottoposti, apparsi come pentiti davanti al giudice. Ed ecco che l’assioma per cui si scaricano sui capi i crimini dei sottoposti ha avuto la sua notevole valenza per provare i delitti. Un fatto importante che, forse, a noi italiani non sorprende in quanto il fenomeno del pentitismo lo conosciamo ormai da decenni. Ma in Giappone no. Soprattutto se si considera il fatto che uno dei compiti dei membri dei gruppi Yakuza è quello di farsi carico delle pene scontandole anche per i capi, negando che essi siano coinvolti nei crimini da loro commessi.

La Yakuza nel territorio
Oggi la musica è cambiata e anche la Yakuza ha subito durissimi colpi da parte delle autorità investigative e giudiziarie, nonché da tutti gli organi competenti al contrasto della stessa in Giappone. E ciò si evince anche da un dato registrato dall’Agenzia nazionale di polizia giapponese la quale ha stimato che, alla fine del 2020, il numero totale di affiliati alla Yakuza era di 25.900: il 70% in meno rispetto al decennio precedente.
Numeri al limite del ridicolo se paragonati all'impressionante numero di affiliati su cui la Yakuza poteva contare nei primi anni ’60: un esercito di 184mila persone. Numeri da capogiro confrontandoli con gli abitanti di alcune città italiane come, ad esempio, Reggio Calabria (173mila), Cagliari (144mila) Ancona (99mila).
Dei quasi 200mila affiliati degli anni ’60, oggi resistono blocchi importanti come il “Sumiyoshi-kai” (Tokyo) con più di 4mila affiliati e l'“Inagawa-kai” (Tokyo). Ma il più numeroso clan continua a essere lo “Yamaguchi-gumi” con quasi 9.500 membri (da approssimare in difetto se si considera quanto avvenuto negli ultimi anni). Il venerando gruppo criminale, infatti, si è spezzato prima in due, poi in tre. “Ad agosto 2015 si è sfilato un troncone del gruppo a Kobe, guidato da Kunio Inoue - riporta Askanews -. Nonostante ci siano summit per cercare una riconciliazione, questa frattura non è mai stata sanata e il nuovo nato Kobe Yamaguchi-gumi ha portato oltre 2mila affiliati via dal gruppo principale. Come se non bastasse, nel 2017 anche il Kobe Yamaguchi-gumi ha subito una scissione ed è nato il Ninkyo Yamaguchi-gumi guidato Yoshinori Oda”. Ad ogni fibrillazione e sommovimento corrispondono uccisioni, assalti o guerre di mafia. Sì, tale e quale all’Italia. E così come nel “Bel Paese”, anche in Giappone, oltre all’autorità giudiziaria, l’opinione pubblica ha contribuito all’indebolimento dell’organizzazione criminale, sempre meno affascinata e sempre più intollerante verso la presenza della Yakuza. Si sono anche creati alcuni comitati di quartiere per opporsi alla presenza di uffici nelle aree residenziali, perché sì - in questo ci differenziamo dall’Arcipelago nipponico - i gruppi Yakuza hanno veri e propri uffici raggiungibili come normali aziende.
C'è da dire, però, che il Giappone ha messo in atto un’azione astuta da parte degli enti locali. “È stato messo in piedi uno schema di incentivi economici per i mafiosi che vogliano abbandonare le gang. Non è probabilmente un caso che Nomura abbia visto testimoniare contro di lui suoi ex affiliati”, riporta Askanews. E Fukuoka si afferma uno dei casi più famosi in questo.
Dall’altra parte, rispetto alle defezioni, c’è la perdita di autorità dei capi. “La frammentazione in corso, con gruppi in rotta tra loro, rende meno efficaci le punizioni tradizionali, che un tempo avrebbero portato a morte certa – spiega Askanews -. Il rito d'affiliazione implica che il novizio beva “sake” con l'“oyabun”, ricevendo la bevanda alcolica da lui (sakazuki). Questo rito crea un simbolico rapporto tra padre e figlio: quindi lasciare il gruppo vuol dire tradire il padre. Una scomunica ('zetsuen') vuol dire morte certa. Ma oggi c'è sempre la possibilità di trovare rifugio in un gruppo rivale, quindi l'autorità del padrino si è affievolita. Tutto questo quadro, però, non è visto da tutti necessariamente come un bene. Ci sono anche osservatori che temono una situazione nella quale le organizzazioni criminali entrino in una vera e propria clandestinità, diventando più elusive e crudeli. O anche che, dalla frammentazione dei clan, derivi un insieme di cani sciolti che sono notoriamente meno controllabili di gruppi organizzati”.

Il crimine organizzato gioca a Sudoku
Ma basta colpire Satoru Nomura per poter dire che la Yakuza sia indebolita? No, non basta affatto. Per debellare il fenomeno mafioso in Giappone potrebbe essere utile una cooperazione bilaterale tra il nostro Paese e Tokyo affinché il governo giapponese possa adottare tali e tante di quelle riforme - già presenti da decenni nel nostro ordinamento di contrasto alla criminalità organizzata - in modo tale da avere strumenti normativi alla portata del potere criminale e della sua insenatura capillare nella società, nella politica e nell’economia (legale e non). Debellando così anche la pena di morte con la mafia nipponica. Inoltre, andrebbero condotte delle indagini circa il collegamento fra Cosa nostra, ‘Ndrangheta e la Yakuza soprattutto per quanto concerne il traffico di droga, armi e prostituzione.
Solo così - con un sistema giuridico ed investigativo sul modello italiano, conducendo indagini di larghe vedute e incentivando la collaborazione con la giustizia -, si potrà completare il Sudoku svelando definitivamente la tabella con tutte le sue “sottogriglie” e quindi, il grande schema di gioco con cui si muove il sistema criminale a livello internazionale.

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