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Consiglio piegato all'esecutivo, lese prerogative costituzionali

Il Csm, riunito oggi in seduta plenaria, ha approvato con solo tre voti di scarto, 8 i contrari e 11 a favore - compreso il vicepresidente David Ermini che di solito non vota - sei magistrati a far parte della Commissione per la giustizia al Mezzogiorno (istituita dalla guardasigilli Marta Cartabia e dalla ministra per il Sud, Mara Carfagna) la quale ha lo scopo di individuare e risolvere le carenze nelle strutture giudiziarie del Meridione, comprese la risoluzione delle questioni che riguardano la logistica e l'informatizzazione.
Ciò avviene nonostante le notevoli critiche di una serie di addetti ai lavori. Tra essi il Procuratore Capo di Catanzaro Nicola Gratteri che, in un'intervista del 27 maggio scorso, aveva bocciato senza riserve l'idea dell'istituzione della Commissione. "Non possono venire a spiegarci come si organizza un ufficio dato che io il giorno in cui mi sono insediato c'erano 16 anni di arretrato di fascicoli e adesso marciammo con l'attualità - aveva detto - Forse siamo in grado di organizzare un ufficio, forse siamo in grado di spiegare come si organizza un ufficio".
Anche il consigliere togato Nino Di Matteo ed il collega Sebastiano Ardita (che hanno espresso il loro voto contrario) hanno individuato due criticità principali all'interno della proposta.
In primo luogo, secondo i due magistrati, l’iniziativa di varare una commissione che si occupa di gestire la giustizia nel Meridione erode le competenze costituzionali del Csm e introduce un principio discriminatorio poiché si basa sul falso giudizio che le aree critiche per quanto riguardano le questioni giudiziarie si trovino solo nel sud Italia. Un dato assolutamente non vero e "smentibile facilmente", come ha detto Di Matteo, considerando che la ministra Cartabia ha da poco elogiato la Corte di Appello di Palermo definendolo virtuoso a proposito dei tempi di definizione dei procedimenti. Inoltre la Procura di Catanzaro è riuscita in piena pandemia a smaltire il 110% delle pratiche. Mentre la stessa cosa non si può dire, sempre a titolo di esempio, per gli uffici giudiziari del nord come il tribunale di Bologna di cui sono state segnalate - in un documento a firma di Nunzia Catena e Salvatore Bianco della Fp Cgil - numerose criticità comprendenti arretrati, carenze di organico, orari infiniti, aule del Palazzo di Giustizia con spazi ridotti e alto rischio contagio per gli utenti.
Di Matteo ha continuato aggiungendo che "l'idea stessa di una commissione denominata 'Commissione interministeriale per la giustizia nel Sud' avente il compito di analizzare ed elaborare proposte di interventi in materia di giustizia nel meridione d'Italia è a mio avviso inaccettabile e offensiva" poiché mossa "da una discriminazione tra uffici del meridione ed il resto del Paese, come se le questioni che intende affrontare (come ad esempio la riduzione del turnover negli uffici disagiati, le condizioni di lavoro disagiate degli operatori nel settore della giustizia, l'edilizia giudiziaria e l'informatizzazione) riguardassero soltanto ed esclusivamente gli uffici del sud".
Ma le criticità più rilevanti indicate dai due consiglieri togati rimangono appunto la continua quiescenza del Consiglio davanti alle richieste dell'esecutivo - causata da un non ben precisato complesso di colpa rispetto ai recenti scandali che si sono verificati - e la possibile lesione o appannamento delle prerogative costituzionali del Consiglio a favore di un organico voluto dall'esecutivo, in questo caso dal ministro della Giustizia con concerto con la collega Mara Carfagna.
"Ho la sensazione - ha detto Di Matteo - che il Consiglio stia assumendo" metaforicamente "la posizione del pugile all'angolo che si ripara dai pugni che riceve da tutti e che forse si preoccupa soltanto di non cadere a terra" senza reagire "come dovrebbe fare rivendicando le proprie prerogative". Il Csm infatti, secondo il magistrato, sta entrando "nell'ottica di chi deve soltanto subire, trascurando le nostre prerogative" e "il diritto dovere di rivendicarle".
E' vero che esiste il principio di leale collaborazione fra le istituzioni, come evocato anche oggi da alcuni consiglieri. Ma, come ha puntualizzato Di Matteo, "l'applicazione di questo principio non può sempre e solo risolversi nella quiescenza del consiglio" in riferimento ad "ogni richiesta dell'esecutivo", anche quando gli obiettivi proposti appaiono non adeguatamente inquadrati in una visione unitaria e non territoriale della giustizia. "Il dovere di collaborazione istituzionale non è unidirezionale - ha detto Di Matteo - ma deve essere reciproco, e a mio avviso pretendere che il consiglio superiore della magistratura, senza neppure introduzioni sostanziali preventive, autorizzi magistrati a partecipare ad una commissione che - lo hanno ammesso anche in parte coloro che hanno dichiarato il loro voto favorevole - può ledere prerogative costituzionali del consiglio" non rientra nell'ottica di "una vera collaborazione istituzionale".
E poi ancora "il conferimento di incarichi a magistrati e la partecipazione ad una commissione ministeriale che muove da questi presupposti e persegue questi obbiettivi, e idonea a ledere - quanto meno ad appannare - l'immagine di indipendenza dei magistrati di cui oggi si chiede la partecipazione a questo tipo di commissione interministeriale".
Ha fatto eco alle parole di Di Matteo anche il consigliere Sebastiano Ardita il quale ha puntualizzato il fatto che il ministero della giustizia dispone già delle adeguate strutture per analizzare e correggere le carenze dei vari uffici giudiziari, osservando inoltre che occorre chiedersi "se questi magistrati hanno una conoscenza specifica di queste questioni" riguardanti "la logistica, l'informatica e l'edilizia. Esistono delle questioni gravi - ha sottolineato il magistrato - che riguardano l'edilizia e gli uffici. Io non credo che questa sia la soluzione adatta per poterle risolvere. Ho sentito evocare la questione di Messina dove ho visto con i miei occhi (ma credo che non si sia risolto il problema) la condizione di inabilità del cosiddetto sotto scala, nel seminterrato, dove una volta venivano conservati gli archivi" e "dove adesso ci lavorano circa dieci magistrati. La conosco molto bene quella realtà" in cui sono stati trovati anche dei "topi e dove ci sono state malattie che hanno coinvolto anche membri del personale".
Ora, nella proposta si legge che il luogo designato per svolgere l'attività della commissione è Roma - i magistrati si riuniranno prevalentemente online - ma come possono sei magistrati occuparsi di tali problemi se non sono presenti sul territorio? E tenendo conto dei numerosi problemi presenti, saranno sufficienti cinque mesi per l'espletamento dell'incarico?
Vedremo.
Ma chi sono i sei magistrati che sono stati chiamati per far parte della commissione?
Alcuni nomi sono celeberrimi: Alessandra Camassa (l'allieva del giudice Paolo Borsellino) ad oggi Presidente del Tribunale di Marsala, Luciano Egidio Maria Gerardis ora Presidente di Corte di Appello di Reggio Calabria, Francesco Saverio Maria Mannino Presidente del Tribunale di Catania, Luigi Picardi Presidente del tribunale di Napoli Nord in Aversa, Iside Germana Russo Presidente di Corte di Appello Salerno e Paolo Sordi Presidente del Tribunale Frosinone.
Ebbene alcuni di loro avevano già espresso delle criticità in merito alla loro sede di competenza. Come ha fatto ad esempio la stessa Camassa il 26 novembre 2020 in cui ha denunciato la "drammatica" carenza di organico del personale amministrativo a Marsala oppure Luciano Egidio Maria Gerardis quando, in concomitanza dell'inaugurazione dell'anno giudiziario - 1° novembre 2020 - aveva segnalato i numerosi procedimenti pendenti e la scarsità di personale. Questi problemi, così come molti altri, sono già stati segnalati dagli addetti ai lavori, i quali come ha detto Ardita, non hanno avuto "nessuna risposta da parte del ministero centrale e da parte degli organi deputati delegati dal ministero per risolvere la questione. Quindi io credo che in questo caso più che in altri debba esserci un intervento diretto e immediato da parte degli uffici ministeriali" e non "delegare ai magistrati" il problema "e scavalcare la competenza del consiglio".

Foto © Imagoeconomica

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