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Dopo più di trent'anni è stata desecretato il resoconto stenografico della seduta della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari del 22 giugno 1990 riguardante l'omicidio dell’ex presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella. Durante l'audizione sono stati sentiti alcuni magistrati palermitani tra cui Giovanni Falcone, allora procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo e il giudice istruttore Leonardo Guarnotta.
La decisione di rendere pubblico il documento è stata presa dal presidente Nicola Morra.
Nelle 117 pagine del verbale il giudice Falcone ha parlato molto chiaramente di più di un mandante dietro l'omicidio del Presidente della Regione Siciliana, “ci sono tutta una serie di riscontri che per brevità ometto, e che ci hanno portato a dover valutare il fatto che queste risultanze probatorie fossero conciliabili con una matrice e quindi con dei mandanti sicuramente all’interno della mafia, oltreché ad altri mandanti evidentemente esterni”. Inoltre Falcone ha puntualizzato che l'omicidio Mattarella - in sinergia con quello che pensava il consigliere istruttore Rocco Chinnici - rientrava in una catena di "omicidi eccellenti" che legavano l'omicidio di Michele Reina, dalla Chiesa e Pio La Torre. Tuttavia sembra che per Falcone l'omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa risponda a ben altri criteri di valutazione, "per quanto riguarda l'omicidio dalla Chiesa, si tratta di una faccenda che mi sembra abbastanza diversa. Non c'è dubbio che vi è una generica volontà alle spalle di togliere di mezzo qualsiasi personaggio scomodo, e dalla Chiesa lo era certamente per la mafia: l'abbiamo ampiamente scritto nell'ordinanza di rinvio a giudizio e vi sono state delle condanne in proposito. Quindi, tutto sommato, qualche omicidio eccellente l'abbiamo scoperto. Tuttavia, non credo che abbia una sua causale che si inserisca in un disegno preesistente e che abbia come punto di riferimento il quadro politico mafioso locale. Questo è il motivo per cui preferirei non trattare unitariamente l'omicidio dalla Chiesa insieme ad altri omicidi politici precedenti".
Tornando all'omicidio del Presidente della Regione siciliana Falcone sembra essere convinto della responsabilità di Giuseppe Valerio Fioravanti. Da quell’accusa l'ex terrorista nero sarà poi assolto in via definitiva, quando Falcone sarà già stato assassinato nella strage di Capaci. “Tutti i personaggi, quelli realmente importanti e senza i quali non sarebbe potuto avvenire un omicidio mafioso di quel calibro a Palermo, nella zona di Francesco Madonia (questo non lo dimentichiamo), nessuno di questi personaggi è stato riconosciuto - ha aggiunto il magistrato palermitano - ma non nel senso che non è stato riconosciuto dalla vedova Mattarella, ma nel senso che ha sicuramente escluso che questi personaggi potessero essere coinvolti nell’esecuzione dell’omicidio”. Inoltre nessuno dei mafiosi che era stato indicato come l’assassino di Mattarella era stato riconosciuto dalla moglie della vittima, presente sul luogo dell’omicidio il 6 gennaio del 1980.


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“Questo è un dato di fatto assolutamente incontrovertibile - ha detto Falcone aggiungendo che - per converso abbiamo dei riconoscimenti quasi certi nei confronti di questi imputati (oltre a Fioravanti, c’era Gilberto Cavallini). Ci troviamo di fronte a delle modalità operandi che sono molto simili, in alcuni casi addirittura identiche, a quelle di questi personaggi”.
Falcone inoltre ricalca sul fatto che l'omicidio del presidente Mattarella poteva essere eseguito anche senza il benestare della mafia palermitana, “sotto il profilo delle risultanze emergenti dalle indagini sul terrorismo nero, le modalità dell’omicidio Mattarella sono sicuramente compatibili; sotto il profilo della compatibilità fra l’omicidio mafioso affidato a personaggi che non avrebbero dovuto avere collegamenti con la mafia, è emersa una realtà interessante e inquietante. Il 1980 ha rappresentato il momento più acuto di quella crisi che sarebbe poi sfociata nella guerra di mafia: da un lato vi erano Bontade e Inzerillo (Badalamenti era stato già buttato fuori da Cosa Nostra) mentre dall’altro vi erano i corleonesi. Un dato è certo ed è stato confermato anche da Marino Mannoia recentemente: questo omicidio non avrebbe potuto essere consumato senza il benestare di Cosa nostra”.
Ma perché avrebbe dovuto essere proprio l'eversione nera a commettere l'attentato?
Secondo Falcone “nell’omicidio Mattarella vi era una concordia di fondo di tutta la commissione sull’eliminazione di questo personaggio, nel senso che non interessava a tutti più di tanto che rimanesse in vita; però nel momento più acuto della crisi, che poi sarebbe sfociata l’anno successivo in una guerra di mafia molto cruenta, ognuno aveva paura di fare il primo passo, e Stefano Bontade, per la parte che ci è stata riferita, aveva preferito stare alla finestra nel senso di disinteressarsi delle vicende di Cosa nostra per poter poi contestare dall’opposizione certe vicende all’interno dell’organizzazione. Se per l’omicidio Mattarella - e questo ci è stato ampiamente confermato da Buscetta - fossero stati utilizzati killers mafiosi, in due secondi chiunque all’interno di Cosa nostra avrebbe saputo chi aveva ordinato l’omicidio del presidente Mattarella”.
Tra le vicende raccontate dal magistrato alla commissione antimafia vi era anche un racconto del famoso pentito Francesco Marino Mannoia: “Mi ha riferito - purtroppo non posso essere più preciso - di aver avuto un incontro con un uomo politico di rilievo, e Stefano Bontade gli avrebbe detto che se quel personaggio non si fosse comportato così come egli avrebbe preteso, sarebbe toccato a lui ucciderlo”. A quel punto interviene il presidente Gerardo Chiaromonte: “Vorrei che questo colloquio si interrompesse, perché non vogliamo prendere il posto del giudice Falcone - Dio ce ne guardi - nell’istruttoria per l’assassinio di Piersanti Mattarella”.

Foto © Letizia Battaglia

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