Ventidue anni e mezzo di prigione, questa è stata la condanna inflitta dal giudice Peter Cahill all'ex poliziotto Derek Chauvin per l'omicidio di George Floyd morto il 25 maggio del 2020 a Minneapolis. L'agente gli aveva premuto il ginocchio sul collo per nove minuti e mezzo, dopo averlo fermato con l'accusa di aver usato una banconota falsa per pagare un pacchetto di sigarette. La legislazione del Minnesota prevede una condanna a dodici anni e mezzo di prigione in questi casi, ma il giudice ha riconosciuto a Chauvin le aggravanti e le ha quasi raddoppiate. L'accusa aveva chiesto 30 anni. L'ex poliziotto ha 45 anni, di conseguenza anche con la buona condotta non potrà uscire prima di averne compiuti 60. Poche ore prima lo stesso giudice Cahill aveva bocciato la richiesta presentata dall'ex agente perché venisse rifatto il processo, giudicato "ingiusto e non imparziale".
"Nove minuti e mezzo di brutalità", ha detto il procuratore Matthew Frank nel suo intervento finale. Secondo l'accusa, Chauvin era consapevole di creare un "rischio non ragionevole" nei confronti di Floyd, agendo con "negligenza", in modo "irresponsabile", e usando "consapevolmente" la forza in "modo eccessivo".
Si chiude così dopo poco più di un anno il caso che ha riacceso le tensioni razziali negli Usa e scatenato numerose proteste nelle piazze con la partecipazione del movimento Black Lives Matter e influenzato le elezioni presidenziali del 2020.
La sentenza è stata accolta con slogan contro la polizia e anche il presidente Joe Biden ha commentato la decisione del giudice dicendo: "Non conosco tutti i dettagli ma la condanna sembra appropriata".
Le immagini messe in rete il giorno dopo l'omicidio che immortalavano l'agonia dell'afroamericano - filmate da una ragazza di 17 anni, Darnella Frazier, che era uscita con la cugina - sono risultate decisive perché trasformarono l'ennesimo episodio di violenza da parte della polizia in un caso razziale a livello nazionale. Il dipartimento di Minneapolis aveva liquidato la morte di Floyd come avvenuta per "sopraggiunti motivi medici", omettendo il comportamento dell'agente e senza quel video non ci sarebbe stata probabilmente tutta l'attenzione mediatica che ha accompagnato l'inchiesta e il processo.
Nei minuti prima della lettura del dispositivo era stato dato spazio ai messaggi delle parti, tra cui quello della figlia della vittima, Gianna 7 anni, la quale, in quello che è stato il momento più emotivo, aveva detto quanto volesse riavere il padre: "Voglio giocare con lui" e quando le era stato chiesto cosa gli avrebbe detto se avesse potuto parlargli, la piccola aveva risposto: "Mi manchi e ti voglio bene". I fratelli di Floyd, Terrence e Philonise, hanno trattenuto a stento le lacrime. Il primo si è rivolto verso l'ex agente e gli ha detto: "Cosa ti è passato per la testa quando hai tenuto il ginocchio sul collo di mio fratello? Quando non poteva rappresentare una minaccia, perché non l'hai sollevato?".
L'ex poliziotto dopo molto silenzio si è espresso per fare delle condoglianze ai familiari della vittima, ma ha fatto intendere che forse la vicenda non è ancor finita. "A causa di alcune questioni legali ancora aperte - ha detto - non sono in condizione di dare una piena dichiarazione formale in questo momento. Molto brevemente, però, voglio fare le mie condoglianze alla famiglia Floyd. Nel futuro ci saranno altre informazioni che saranno di interesse. E spero che queste cose vi diano un po' di pace" ha detto Chauvin che alla lettura della sentenza non ha mostrato particolari reazioni. Si è alzato ed è stato accompagnato fuori, per tornare nella sua cella, nel carcere di Stillwater, a quaranta chilometri di distanza da dove uccise Floyd.
A sorpresa, ha parlato per la prima volta la madre di Chauvin, Carolyn Pawlenty, la quale ha difeso il figlio con un intervento asciutto, rotto due volte dall'emozione: "Mio figlio è quanto di più lontano dall'essere razzista. Derek è un brav'uomo, dolce e dal grande cuore, è una persona che ama il prossimo, resterà il mio ragazzo prediletto. La condanna che darete a lui sarà la condanna che darete a me". Senza mai citare una sola volta la vittima, la donna ha poi guardato il figlio e gli ha detto: "Derek, sappi che io crederò per sempre nella tua innocenza".
Ma Floyd è diventato un'icona delle battaglie contro il razzismo e nelle scorse settimane sono state inaugurate statue scolpite in suo onore. Tuttavia c'è un'America che non vuole cambiare. Ennesimo segno è stata la vandalizzazione del busto di Floyd inaugurato pochi giorni fa a Brooklyn.
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