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Il contenuto della missiva è ancora sconosciuto

Il boss stragista Giuseppe Graviano attualmente detenuto al carcere di Terni ha scritto una lettera al ministro della giustizia Marta Cartabia dieci giorni dopo la formazione dell'attuale esecutivo guidato da Mario Draghi.
Come riportato dal Fatto Quotidiano non è possibile conoscere il contenuto di tale missiva poiché l'ordinamento penitenziario non prevede nessun controllo sulla corrispondenza di un detenuto se quest'ultimo si rivolge direttamente al Capo dello Stato o al Guardasigilli.
Un caso simile è accaduto nel 2013 quando Graviano aveva scritto al ministro della Salute Beatrice Lorenzin (all'epoca in quota al Pdl) durante il governo presieduto da Enrico Letta. Così il boss ha sintetizzato la sua lettera in un'udienza del processo "'Ndrangheta stragista" nel 2020 davanti al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo: “Io spiego questa situazione, che io ero in carcere per proteggere il signore Silvio Berlusconi e gli racconto le cose ingiuste che mi stavano facendo. Il ministero mi ha risposto che stava portando avanti tutto quello che avevo chiesto (tra cui anche l'abolizione alla pena dell'ergastolo) Io avevo quella lettera, ma è scomparsa quando mi hanno trasferito ad Ascoli nel 2014”.
Sempre al Fatto l'allora ministro ha replicato stupita: “Ma scherziamo? Io non sapevo nemmeno chi fosse Graviano. La lettera non l’ho mai vista perché tutti i ministri, non solo io, non leggono questo tipo di lettere: esiste l’apposito ufficio cittadini che smista le missive alla direzione competente. Come ho ricostruito solo ora, il detenuto lamentava problemi di salute in relazione al vitto e all’ora d’aria. Graviano ha ricevuto una risposta che però era diretta al carcere di Opera ed è stata inoltrata a lui solo per conoscenza. La direzione prevenzione era incompetente e per questo inviò la lettera di Graviano al Carcere e alla Asl. Non so se nella lettera - come lui dice - citasse Berlusconi. Di certo io non l’ho letta e quindi non ne ho mai parlato con Berlusconi. In ogni caso le lettere si potrebbero recuperare facilmente con un accesso agli atti”.
Al Fatto risulta anche che effettivamente la lettera esiste e che è arrivata al ministero della Salute il 21 agosto ma è stata esaminata dalla Direzione Generale solo il 17 settembre.
Un dato assai curioso tuttavia è che di quella lettera si è avuta notizia per la prima volta soltanto nel 2016 - tre anni dopo la sua stesura - dopo che lo stesso Graviano ne aveva parlato con il suo compagno d’ora d’aria.
Dopo otto anni il partito di Forza Italia è tornato al governo e Cosa Nostra gli scrive. Un dato assai curioso se si tiene conto del fatto che il fondatore di tale partito, Silvio Berlusconi, è attualmente indagato per le stragi del 1993-94 dalla procura di Firenze e il cui co-fondatore Marcello Dell'Utri è stato condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa a sette anni di reclusione nel 2014 (pena finita di scontare nel 2019 grazie alla liberazione anticipata). In riferimento all'indagine Fiorentina sulle bombe del 1993, nel novembre scorso l’uomo delle stragi (Graviano) ha risposto per ore alle domande dei pm Luca Tescaroli e Luca Turco.
E ad oggi non sembra un caso il fatto che il boss stragista abbia deciso di farsi sentire un'altra volta a suon di scambi epistolari dal governo proprio mentre si sente ancora l'eco della recente decisione della Consulta di abolire l'ergastolo ostativo senza il quale i capi irriducibili della mafia potranno sperare di ottenere la libertà vigilata dopo 26 anni di pena senza aver mai collaborato con la giustizia. Il "fine pena mai” per i mafiosi, legge voluta fortemente del giudice Falcone, è la vera spina nel fianco di tutti i boss che dai tempi del maxi processo stanno ancora sperando di ottenerne l'abolizione.
Primo fra tutti proprio Graviano che ha spesso sostenuto di essere stato condannato solo sulla base di false accuse dei collaboratori di giustizia come durante un'udienza tenuta avanti alla corte d’Assise di Reggio Calabria in cui per la prima volta disse alla Corte: “Andate a indagare sul mio arresto e scoprirete i veri mandanti delle stragi”. Il mafioso ha parlato anche di “imprenditori del nord che non volevano fermare le stragi”, di aver incontrato Silvio Berlusconi “almeno tre volte” a Milano mentre era latitante e di averlo conosciuto tramite suo nonno il quale negli anni ’70 avrebbe finanziato l’uomo di Arcore con venti miliardi di lire.
Per fare chiarezza sono affermazioni che devono ancora passare al vaglio degli inquirenti e che per l’avvocato Niccolò Ghedini erano “palesemente diffamatorie”.
Tornando a quella lettera, anche se il suo contenuto è legittimamente segreto, non potrebbe essere la stessa ministra a rivelarlo così da dissipare ogni dubbio?
Oppure la missiva è stata presa in carico dai suoi uffici senza farglielo sapere?

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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