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Donadio e Grasso alla Feltrinelli di Roma per la presentazione del libro di Lirio Abbate

Percorsi tortuosi, vicoli ciechi, parti mancanti, segreti e silenzi. E' così che la verità molto spesso viene negata nel nostro Paese, anche noto come Paese dei misteri. Con uno sforzo enorme è possibile raggiungerla, ma ciò avviene, e non sempre, lentamente, un pezzo per volta.
La storia di Giovanni Pantaleone Aiello, individuato dagli inquirenti come "faccia da mostro", è di quelle che ancora oggi non è chiara nella sua interezza.
Nel 2016 la Procura di Palermo, che chiese l'archiviazione delle indagini sulla sua persona nell'ambito dell'inchiesta sull'omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, aveva scritto nero su bianco che era lui "la persona con il volto deturpato che, reiteratamente nel corso degli anni, aveva personalmente partecipato a vere e proprie riunioni mafiose, tenutesi nel luogo - tanto noto quanto strategico - di Fondo Pipitone, nella disponibilità ‘storica’ e diretta della famiglia Galatolo”. Non solo, tenuto conto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e delle individuazioni personali e fotografiche svolte dai vari Vito Lo Forte, Vito Galatolo, Giovanna Galatolo, Consolato Villani e Giuseppe Di Giacomo, anche in assenza di “dettagli sui contenuti di tali riunioni, deve anche ritenersi che il calibro e il carisma mafioso dei soggetti che - secondo i predetti collaboratori - vi avrebbero partecipato (tutti i fratelli Madonia; molteplici esponenti della famiglia Galatolo e della famiglia Graziano; esponenti della famiglia Ganci; etc.) costituisca prova insuperabile del contenuto prettamente illecito, e strettamente ‘mafioso’, dei temi affrontati nelle stesse riunioni, sì da poter ritenere Aiello soggetto certamente in contatto qualificato con l’organizzazione mafiosa Cosa nostra (se non, addirittura, a questa intraneo)”.
Adesso il giornalista Lirio Abbate su faccia da mostro ha scritto un libro, edito da Rizzoli, che è stato presentato due giorni fa alla libreria Feltrinelli di Roma. Ospiti speciali il senatore Pietro Grasso, già Procuratore nazionale antimafia, e il magistrato Gianfranco Donadio.
La domanda iniziale era semplice. Come si è arrivati ad individuare Faccia da mostro? E perché tale figura faceva così paura negli ambienti di mafia?
Il primo profilo, ha raccontato Abbate, è quello di un "ex poliziotto che non è affiliato alle mafie ma che è in qualche modo al servizio di qualche entità. Che ha fatto anche da cerniera tra Cosa nostra e 'Ndrangheta". Così è stato raccontato l'episodio del collaboratore di giustizia calabrese, il 'Nano' Nino Lo Giudice, che fu persino sequestrato ed intimidito per ritrattare le dichiarazioni rilasciate a Donadio su Aiello.
Ed è da questa storia che il libro ha inizio.
Una vicenda che proprio Donadio conosce bene, tanto da rivivere una sorta di "dejavù" nella rilettura di certe pagine. E così ha raccontato di quelle iniziative che furono mosse proprio dalla necessità di portare qualche elemento in più sull'omicidio Agostino, in cui questo soggetto sembrava essere coinvolto. Punto di partenza fu "un bandolo informatico", trovato negli atti della strage di Capaci, "una pagina - ha raccontato Donadio - di una relazione di servizio di un carabiniere, in cui si riferiva della presenza di un noto terrorista di destra, Stefano Delle Chiaie, nello scenario della strage di Capaci. Introducendo parole chiave sul sistema informatico vennero fuori intercettazioni, che condussero a persone e personaggi che sembrava avessero dialogato. E' in questo prequel che trovai un broker finanziario che operava a Palermo, nella Sicilia Occidentale e me lo trovai di fronte per un colloquio investigativo. Non feci in tempo ad intavolare il discorso su questo uomo strano, connotato da un inestetismo, che questo personaggio mi disse: 'devo fare io una domanda a lei. Mi deve dire, per favore, per quale motivo ha deciso di farmi uccidere'. Era veramente impaurito. Poi mi parlò d'un narcotrafficante palermitano, dicendo che questi era un frequentatore più assiduo di questo innominabile. Il secondo personaggio che interrogai reagì più o meno allo stesso modo del primo. Si trattava di Vito Lo Forte". E' incrociando i dati che si arrivò dunque a Giovanni Aiello. Perché oltre ai collaboratori vi era anche un giovane poliziotto, compagno di lavoro di Nino Agostino, che al tempo dell'omicidio disse in maniera chiara che il giovane Agostino era "impegnato nella caccia dei latitanti" e che "aveva paura di un collega che lavorava alla Squadra mobile, alla sezione antirapine di Palermo".

Grasso: "Una verità fatta di brandelli"
Solo nel 2007, come ricordato da Pietro Grasso, si arrivò alla effettiva identificazione di Aiello. "Ma la strada della verità è difficile quando un personaggio che viene fuori dalle ombre, ha un passato difficile da ricostruire - ha ricordato l'ex Presidente del Senato ed ex Procuratore nazionale antimafia - Nell'atto di impulso vi erano tutti gli elementi che erano emersi e al di là del dichiarato dei collaboratori di giustizia c'erano pochi riscontri documentali. Sembrava che dietro di lui non vi fosse nulla. La strada è stata lunga e la verità è fatta di brandelli. Brandelli come quegli elementi riferiti da Luigi Ilardo, che stava per divenire collaboratore ma che poi fu ucciso appena manifestò la sua intenzione. Ebbene lui attribuiva molti omicidi di Cosa nostra anche alla collaborazione di apparati dello Stato. Ed è in quel contesto che compariva la prima citazione di questo soggetto, parlando anche di fatti particolari come l'omicidio del piccolo Domino, ucciso ad 11 anni". Una storia che Grasso conosce bene, quest'ultima, nel momento che quando si consumò il delitto era giudice a latere nel maxi processo che portò alle condanne all'ergastolo, per la prima volta, di Cosa nostra. Nel suo intervento Grasso ha dunque ricordato le parole di Giovanni Bontade che, incredibilmente, ruppe il silenzio prendendo le distanze da quel delitto e di fatto certificando l'esistenza dell'associazione criminale. Un altro episodio che non è chiarito oggi è quello dell'omicidio Cassarà. "Di tutti i colpi che raggiunsero Cassarà solo uno sarà mortale. E secondo alcuni quel colpo fu sparato con una traiettoria particolare. - ha ricordato Grasso - Come se fosse sparato un colpo singolo da una finestra di un palazzo della scala di un palazzo di fronte. L'angolazione è diversa rispetto agli altri colpi. Il ché rendeva ipotizzabile un intervento esterno rispetto ai killer di Cosa nostra".
Nel corso dell'incontro, durato un'ora, si è anche parlato del fallito attentato all'Addaura ed anche di Fondo Pipitone, il vicolo da cui partivano i commando di Cosa nostra per compiere delitti e che spesso sarebbe stato frequentato proprio da uomini infedeli delle istituzioni.

La strana morte di Aiello

Quel che è certo è che Giovanni Aiello è morto, nell'agosto 2017, da innocente, a causa di un infarto. Il suo corpo è stato cremato, e non sarò possibile compiere accertamenti sulle reali cause di quel decesso. E in base all'ordinamento italiano non è processabile dopo morto. Ma vi sono delle tracce che possono essere seguite. Perché, come ha ricordato Donadio "Aiello ha disseminato il suo percorso di strani messaggi. Tutte le persone attorno a lui avevano dichiarato come, una volta lasciata la Questura di Palermo, lui non avesse messo più piede in Sicilia. Tuttavia, nonostante fosse consapevole perfettamente di essere indagato, nella sua abitazione a Montauro Marina furono trovati alcuni biglietti del traghetto, che recano una data, il 2011, molto successiva al suo distacco dalla Sicilia".
A quel punto Donadio si è anche lasciato andare ad una riflessione sulla coincidenza di quei biglietti del traghetto Messina-Villa San Giovanni. Perché in passato biglietti simili furono trovati anche nel borsello di Antonio Chicchiarelli, simpatizzante brigatista, neofascista, informatore, falsario della banda della Magliana ed esecutore materiale del falso comunicato n. 7 nel contesto del caso Moro. "Sempre in quei traghetti, secondo quanto dichiarato da Luigi Ilardo al colonnello Riccio, si tenevano gli incontri tra i vertici della 'Ndrangheta ed i vertici dei Servizi segreti deviati - ha aggiunto Donadio - E Aiello, in attesa della perquisizione, lascia quei due biglietti. Una delle cose strane messe in fila. Perché fece anche ritrovare una quantità enorme di ricevute bancarie per un miliardo di vecchie lire. Una cifra alquanto incompatibile con lo stipendio di una guardia di pubblica sicurezza". Ma anche in passato aveva lasciato tracce. Basti pensare all'acquisto, nel 1991, di una Range Rover a benzina. Uno dei mezzi "rari" in Italia, al tempo, che costava 80 milioni di lire.
"Un altro tiro mancino - ha proseguito il magistrato - si è avuto nell'incontro con i due giornalisti Salvo Palazzolo ed Attilio Bolzoni. Ad un certo punto va a parlare dei suoi trascorsi possibili, senza che nessuno gliel'avesse chiesto, nella vicenda del Piano Solo (piano di emergenza nazionale sempre per impedire la presa del potere da parte del Partito Comunista Italiano e i suoi alleati, ndr). Sfogliando il libro c'è un aspetto molto suggestivo che ho rinvenuto. Il fatto che fu mandato a Genova per partecipare ad un'attività riconducibile al sequestro Sossi (sostituto procuratore della Repubblica di Genova rapito dalle Brigate Rosse, ndr). Una cosa insolita per un semplice poliziotto della squadra mobile. Perché dunque era a Genova durante il sequestro Sossi? Forse uno spiraglio c'è nelle carte della Commissione Moro dove ricostruimmo la vicenda dell'esistenza del nucleo 'rappresaglia', un'unità ombra costituita dal Sid nel 1974 e che aveva il compito preciso di andare a vedere dove si trovasse Sossi e portarvi anche l'avvocato Lazagna e farli trovare entrambi morti. Ebbene questo nucleo era composto da poliziotti e carabinieri in base al racconto che si trae dai diari del direttore del Sid Vito Miceli". Vecchie storie, che appaiono lontane, ma che raccontano una storia di cui in realtà sappiamo ancora poco o nulla e che, nel suo complesso, hanno un'influenza sul tempo presente. Come le stragi di mafia. O forse sarebbe meglio dire di mafia-Stato.

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