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E’ stato catturato in Brasile dove si nascondeva dal 2019 dopo una evasione da film in Uruguay

E’ stato arrestato in Brasile Rocco Morabito, il superboss di ‘Ndrangheta originario di Africo secondo solo al boss stragista Matteo Messina Denaro nella lista della direzione centrale della polizia criminale. Morabito broker di ‘Ndrangheta potentissimo è considerato il punto di riferimento della cosca di Africo, il paese della fascia jonica reggina che fa parte del triangolo di fuoco con Bovalino e San Luca.
Nato nel 1966 e parente del famigerato boss Peppe "Tiradritto" Morabito, su di lui pesano le accuse di associazione di stampo mafioso, traffico di stupefacenti e altri gravi reati: è considerato il re del traffico di cocaina che ha invaso la Lombardia. In Italia deve scontare 30 anni di reclusione. Una condanna al carcere alla quale era riuscito a sfuggire nel 2019 quando riuscì incredibilmente e misteriosamente ad evadere da un carcere dell’Uruguay, dove era stato recluso due anni prima. Oggi la sua fuga è finita, si spera, con la cattura avvenuta a Joao Pessoa insieme a un altro latitante italiano, Vincenzo Pasquino. Quella avvenuta a fine giugno 2019 è stata un’evasione da film resa possibile grazie a un tunnel e probabilmente grazie alla complicità di alcuni agenti della polizia penitenziaria. Da allora si erano perse le sue tracce, anche se gli investigatori sospettavano potesse trovarsi in Brasile. Su di lui si erano concentrati subito i militari del Ros dei Carabinieri che con un lavoro magistrale sono riusciti ad individuarlo e a catturarlo, di nuovo.
“Siamo soddisfattissimi di questa attività, iniziata il giorno dopo la sua fuga in stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria e la polizia giudiziaria uruguaiana, in stretto collegamento con la Dda di Reggio Calabria, i carabinieri del Ros del comando provinciale di Reggio Calabria e di Locri, successivamente con il supporto della Dea, dell’Fbi, della polizia brasiliana e Interpol. Abbiamo messo in campo tutte le eccellenze investigative per raggiungere questo risultato”. Sono state queste le parole che ha dichiarato all’AdnKronos il capo della Dda di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, commentando la cattura del superboss Rocco Morabito.
Le indagini coordinate dallo stesso magistrato sono state portate avanti assieme al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e ai sostituti procuratori Diego Capece Minutolo e Alessandro Moffa.
"La Dda di Reggio Calabria - ha detto il magistrato - grazie anche alla collaborazione della Procura Generale di Reggio Calabria, il cui titolo custodiale era in esecuzione, ed in ultimo della Dda di Torino, ed al supporto nella cooperazione internazionale di Eurojust e della Direzione Generale Affari Internazionali e Cooperazione Giudiziaria del Ministero della giustizia , ha costantemente diretto le indagini".
“La fuga di Morabito poco prima dell’estradizione in Italia era una sconfitta, ringraziamo anche la Direzione generale della Cooperazione internazionale del ministero che ci ha supportati in questa ricerca. Sono state messe in campo tutte le collaborazioni a livello internazionale di cooperazione di polizia giudiziaria che ci hanno consentito questo risultato importantissimo. Fra l’altro con Morabito è stato arrestato anche un altro pericoloso latitante seguito dalla Dda di Torino con cui abbiamo collaborato. Un risultato importante che testimonia come non si è mai abbassato il livello di guardia nella lotta al narcotraffico e ai latitanti che si sottraggono alle ricerche a loro carico. Un grande successo collettivo - ha aggiunto Bombardieri - che testimonia l’importanza della cooperazione internazionale e della collaborazione che non ci è mai mancata, a iniziare dai colleghi uruguayani con cui, subito dopo la fuga, ci siamo messi in contatto e abbiamo collaborato fino ai giorni scorsi. Tutti gli sforzi sono stati finalizzati alla cattura di quello che era uno dei latitanti più pericolosi, il numero 2 dell’elenco del ministero dell’Interno. Lo seguivamo da tempo, eravamo sulle sue tracce da tempo, è stato un lavoro certosino, la polizia giudiziaria italiana è stata più volte in Uruguay e in Brasile per questa cattura. E - ha concluso il magistrato - grazie alla collaborazione con gli altri organismi di polizia giudiziaria internazionale siamo riusciti a ottenere questo risultato. E ci tengo a sottolineare proprio lo sforzo corale da parte di tutti, perché tutti avvertivano l’importanza di questo obiettivo”.

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