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Secondo fonti militari israeliane Tel Aviv starebbe pensando a una tregua ma Bibi non ne è convinto

Piovono inesorabilmente le bombe su Gaza. Il bollettino delle ultime ore riporta un bilancio di 220 morti di cui 63 bambini nella Striscia. Dodici, invece, le persone morte in Israele, di cui 2 bambini. L’Onu ha annunciato una riunione per giovedì mattina. “La priorità” in Israele e Palestina è “l’immediata cessazione delle violenze e l’attuazione di un cessate il fuoco”. Così l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, al termine della videoconferenza straordinaria dei ministri degli Esteri dell’Ue, spiegando che la sua posizione è stata “sostenuta da 27 Stati membri su 26”. Intanto Tel Aviv sta valutando le eventuali condizioni per un cessate il fuoco proposto dall’Egitto con il supporto di Francia e Giordania. “Stiamo cercando di capire quando è il momento giusto per un cessate il fuoco”, ha detto una fonte militare israeliana all’agenzia di stampa AFP. Tuttavia ieri il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha precisato che non ha intenzione di fermare l’attuale operazione sull’enclave palestinese: “Continueremo per tutto il tempo necessario al fine di riportare la quiete tra tutti i cittadini di Israele”. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva telefonato il suo omologo israeliano dicendo di attendersi una “significativa de-escalation oggi verso un cessate il fuoco”.
Netanyahu però non esclude eventuale riconquista di Gaza. “Puoi conquistarli - e questa è sempre una possibilità aperta - oppure puoi dissuaderli”, ha detto Netanyahu secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz. “In questo momento siamo impegnati in una forte deterrenza, ma devo dire che non escludiamo nulla. Speriamo di poter ristabilire la quiete. Speriamo di poterla ripristinare rapidamente”, ha aggiunto. Netanyahu ha incolpato Hamas per l’ultimo conflitto, facendolo risalire alla “cancellazione delle elezioni palestinesi”. Israele si è ritirata dalla striscia di Gaza nel 2005, dopo averla occupata durante la guerra dei sei giorni del 1967. Dal 2007, quando il movimento islamico Hamas ha preso il controllo della striscia, ha imposto un blocco sul territorio che ospita circa 2 milioni di persone, di cui l’80 percento riceve aiuti umanitari.
Dall’altra parte il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas ha accusato Israele di aver compiuto “terrorismo di Stato organizzato e crimini di guerra” a Gaza, perseguibili secondo il diritto internazionale. Abu Mazen accusa Israele di “brutali attacchi ai civili” e del “deliberato bombardamento di case”. I palestinesi “non esiteranno a perseguire coloro che commettono tali crimini davanti alle corti internazionali”, ha detto Abbas in un discorso trasmesso alla televisione. Nel frattempo la scorsa notte gli F35 israeliani hanno sganciato 122 bombe su Gaza in soli 25 minuti, come riporta il Times of Israel. I raid, iniziati alle 22 ora locale, hanno preso di mira una rete sotterranea di tunnel di Hamas a Gaza, secondo il quotidiano che cita il portavoce militare, Hidai Zilberman. Sotto la pioggia di fuoco ha perso la vita Yusef Abu Hussein, un noto giornalista della stazione radio al-Aqsa Voice. Nel frattempo Israele ha chiuso il valico di Kerem Shalom, nella Striscia di Gaza, durante il passaggio degli aiuti umanitari internazionali per i palestinesi dell’enclave. La decisione, secondo quanto comunicato dalle autorità dello Stato ebraico, è legata ai bombardamenti in direzione del valico, verificatisi proprio nel momento in cui avveniva il passaggio dei mezzi con i beni. Proiettili di mortaio sono stati sparati in direzione del valico di Kerem Shalom “quando sono entrati i camion che trasportavano aiuti civili forniti dalle organizzazioni umanitarie internazionali”, ha reso noto il Cogat, l’ente israeliano responsabile delle operazioni civili nei territori palestinesi. “Si è deciso di bloccare l’ingresso degli altri camion”, è stato spiegato.

Foto © 2016-U.S. Embassy Jerusalem/Flickr

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