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Prosegue la requisitoria del sostituto procuratore Musolino

"Senza i rapporti istituzionali coltivati nel tempo e modificati volta per volta, la 'Ndrangheta non sarebbe stata la pericolosissima organizzazione che conosciamo". E' lapidario l'incipit del pm della Dda di Reggio Calabria Stefano Musolino (in foto) che oggi ha proseguito la requisitoria del processo "Gotha", che si sta celebrando con il rito ordinario davanti al Tribunale collegiale, presieduto da Silvia Capone, che pone l'attenzione sulla componente riservata della 'Ndrangheta. Alla sbarra vi sono imputati di prim'ordine a cominciare dall’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare del Psdi vicino alla destra eversiva e a strutture paramilitari come Gladio, ritenuto uno dei sette componenti della direzione strategica della 'Ndrangheta assieme a Giorgio De Stefano (in abbreviato condannato in appello a 15 anni e 4 mesi di carcere, dopo i 20 rimediati in primo grado).
Sotto accusa anche l’ex senatore Antonio Caridi, l’avvocato Antonio Marra, l’ex sottosegretario regionale della Calabria Alberto Sarra, l’ex presidente della Provincia di Reggio Calabria, Giuseppe Raffa, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, accusati a vario titolo di gravissimi reati come associazione mafiosa, voto di scambio, violazione della legge Anselmi, corruzione, estorsione, truffa, falso ideologico e rivelazione di segreti d’ufficio.
Quindi, proseguendo nel discorso è stato ricordato il momento in cui "a Reggio Calabria, il Ros si trovò, con una sezione a fare accordi con l’avvocato Marra per la cattura dei latitanti; con un’altra sezione che intercettava Antonio Marra e Paolo Romeo. Fu un periodo nel quale vi fu uno Stato opaco nella percezione pubblica. Vi furono dei burattinai che governarono, per interessi diversi, anche la macchina repressiva. Senza quei rapporti istituzionali la ‘Ndrangheta non sarebbe l’organizzazione potente che conosciamo".
Nella requisitoria, Musolino si è soffermato proprio sulla figura di Paolo Romeo e sul suo rapporto con l'avvocato Antonio Marra. "Abbiamo avuto la sensazione - ha detto il pm - di ricostruire la storia. Qui abbiamo un problema di spiegare anche alla città perché quest'ufficio di Procura arriva soltanto oggi, nel 2021, a chiedere condanne in relazione a fatti che sono incistati nella storia di Regio Calabria. Quello che emergerà a tutto tondo, a prescindere dal risultato processuale, è il filo rosso che lega la narrazione di un sistema di potere ambiguo, trasversale che ha oggettivamente condizionato le sorti della città, della provincia e non solo".
Anche per questo sono state ricordate le affermazioni del boss Pantaleone Mancuso, il 7 ottobre del 2011, quando in un'intercettazione disse che "è rimasta la massoneria e quei quattro storti che credono alla ‘Ndrangheta". Parole che evidenziano proprio il salto di qualità.

Quale bene, quale male?
Un "sistema" che, stando ai collaboratori di giustizia sentiti durante il processo, è caratterizzata da "promiscuità tra 'Ndrangheta e ambienti istituzionali - ha sottolineato il pm -. Questa non è una novità assoluta. Un sistema che i servizi segreti garantivano". "Probabilmente - sono state ancora le parole del magistrato - ne viene fuori un quadro rispetto al quale io, che in questo momento rappresento lo Stato, provo una sensazione di autentica compassione nei confronti dei miei concittadini. Perché quello che emerge è che ci sono sistemi criminali drammaticamente potenti e che hanno attraversato trasversalmente la classe dirigente cittadina. Sistemi criminali in cui parti che non si devono parlare si sono trovate a un certo punto tutte da uno stesso lato. Solo avendo presente il passato siamo capaci di leggere cosa succede dopo. Siamo capaci di capire la pavidità di una popolazione che fa fatica a capire da che parte sta il bene e il male".

I rapporti fra ‘ndrangheta e istituzioni
Nel sottolineare l'essenza dei rapporti alti ed altri che la 'Ndrangheta ha e che la distingue dai "quattro storti" Musolino ha anche ricordato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro, "che parla di questa dimensione massonica nella quale oltre Paolo Romeo partecipavano personaggi come il generale Pellegrini, cioè l’investigatore d’eccellenza che ha condotto le indagini nel processo Olimpia e che però, ci dice Mammoliti, aveva rapporti di confidenza con lui, ne raccoglieva le confidenze; andava a trovare Paolo De Stefano quando era latitante per conversare con lui. Era il soggetto che attraverso l’avvocato Marra aveva rapporti con i Frascati".
Successivamente il pm reggino ha affrontato il tema della loggia massonica di Luigi Sorridente. "In questa congrega massonica sia Fondacaro che Russo (altro pentito, ndr) indicano don Stilo, sacerdote jonico defunto la cui eredità è stata assunta da don Pino Strangio. Russo non sa nulla di questa partecipazione massonica di don Strangio, ma lo qualifica come 'malandrino' e quindi funzionale a sistemare e aggiustare determinate situazioni in cui la ‘ndrangheta ha bisogno di supporto".

La trattativa Stato-'Ndrangheta per la cattura di latitanti
Tema caldo è anche quello del canale che si aprì tra alcune figure del Ros e certe strutture. "In questo processo succede una cosa strana. Succede che c’è un periodo in cui sono i Ros ad occuparsi delle intercettazioni di Marra e Romeo - ha ricordato il magistrato - Poi accade un problema: c’è una sezione dei Ros che faceva accordi per catturare i latitanti e una sezione che intercettava Marra. Con Giardina che era al vertice di questa istituzione che da una parte faceva patti e dall’altra indagava. Si dirà che tali patti erano frutto di una eccentrica iniziativa del maresciallo Fichera. Il che ci può stare se fossero stati solo preliminari. Ma Dell’Aglio dice che sono andati decine di volte a Polsi e la trattativa era arrivata al punto tale da poter essere individuato come quello che aveva preso in giro i sanlucoti. E siccome emerge chiaramente che c’erano persone che dovevano essere trasferite da un istituto penitenziario all’altro, la possibilità che si tratti di una iniziativa di Fichera è pari a zero. È chiaro che questa trattativa finalizzata alla cattura dell’ultimo latitante rimasto della strage di Duisburg è qualcosa di molto serio. Allora, Fichera viene mandato a casa a farsi una vacanza. E Marra si trova in grande imbarazzo perché teme per la sua vita. Teme di più di essere arrestato".
Secondo il Pm ad un certo punto vi è stato "uno Stato opaco nella percezione pubblica, perché vi è un Marra confidente dei carabinieri, ma che, contestualmente, per fare il confidente, deve avere i rapporti, altrimenti cosa gli racconta. Se non sei dentro un sistema che è radicalmente opaco, che sceglie chi aggredire e chi lasciare stare". Per il sostituto procuratore in quel momento ci sono "burattinai che governano, per interessi diversi, la macchina repressiva". Secondo il pm, però, questo modus operandi, fatto di rapporti fra Stato e ‘Ndrangheta non è un unicum nel panorama delle cosche reggine. "Cosa ci dicono i pentiti? Che lo facevano tutte le cosche. E la relazione Stato-‘ndrangheta era una relazione strutturalmente opaca e fa parte del capitale sociale della ‘ndrangheta".
Musolino, infine, ha reso noto di un viaggio a Malta di don Pino Strangio, il sacerdote della Madonna di Polsi, insieme a Sebastiano Nirta, con l'obiettivo di contattare l'organizzazione dei Cavalieri di Malta.

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