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Attivista pacifista, studente ed artista è stato colpito durante una manifestazione in Colombia: è in fin di vita.
I suoi aggressori erano a bordo di una moto e si pensa che siano elementi paramilitari

Si sono sentiti 8 colpi di arma da fuoco. Uno dietro l’altro. La mano criminale di un uomo a bordo di una moto, che impugna una pistola di grande calibro, in appena cinque secondi ha fatto cadere un uomo a terra, ferito, in maniera gravissima. La vittima si chiama Lucas Villa Vásquez, di 37 anni. E’ uno dei cento colombiani che stavano manifestando per le strade della sua città, Pereira, capitale del dipartimento di Risaralda, nella notte di mercoledi 5 maggio. Lucas era uno studente della facoltà di Scienze dello Sport e del Tempo Libero dell’Università Tecnologica di Pereira (UTP), ma anche un attivista pacifista che fa arte, cantando, molto amato da coloro che fanno parte del suo circolo universitario, dalla sua comunità e dalla sua famiglia. Una famiglia che adesso sta vivendo ore disperate, perchè la vita di Lucas è in serio pericolo. Una famiglia che vive sulla propria pelle l’effetto devastante di una repressione criminale alla quale partecipano poliziotti in uniforme dello Stato colombiano (i nuovi sicari di un presidente spietato, senza anima, come Iván Duque) e uomini senza uniforme che sembra appartengano a corpi di sicurezza privata, la cui presenza, in queste manifestazioni, è stata oggetto di sospetti, perché si mescolano tra le fila delle organizzazioni che si battono per i diritti umani - in maniera non ufficiale - personaggi questi che, senza uniforme nè distintivi o documenti di riconoscimento, appartengono ad organismi paramilitari, che si uniscono nel “compito” delle forze di sicurezza di bloccare e disperdere i manifestanti, con impunità assicurata.
Qualche ora dopo l’accaduto è trapelato che Iván Duque avrebbe fatto delle dichiarazioni di condanna riguardo l’episodio, annunciando anche l’inizio di indagini a riguardo. Come finiranno queste indagini? Lo ignoriamo. E mi chiedo anche: In quale momento sono iniziate le prime ricerche da parte delle autorità competenti ed con quali parametri? Lo ignoriamo.
Una cosa è certa, cioè che quella notte i manifestanti della città Pereira sono finiti nel mirino delle forze di sicurezza, che negli ultimi otto giorni si sono distinte per il fatto che hanno iniziato prima a sparare e poi a fare domande, se mai ci fossero domande da fare, in mezzo alle violente irruzioni nelle strade e nelle piazze. In queste circostanze è stato colpito Lucas, ma stranamente non dalla polizia che brandiva armi o bastoni, ma da una persona in moto, in un clima teso e con un chiaro intento di repressione.
Per Iván Duque e per i sicari che obbediscono - alla cieca e senza discernimento - ai suoi insensati comandi, esprimersi pubblicamente e pacificamente, reclamando per una giusta causa, è un crimine. E poiché è un crimine si deve sparare impunemente, senza sentimenti, senza emozioni. E questo è ciò che è accaduto quando Lucas Villa è stato ferito, attivista pacifista, che è stato letteralmente annientato dal passaggio di uomini sconosciuti, con l’aria di assassini che agiscono coperti dall’oscurità ma soprattutto dalla impunità
Siamo certi che per Iván Duque, al di là del fatto che ha condannato l’attacco e ha disposto le indagini di rito, il nome di Lucas Villa non significa nulla, né tanto meno gli importano le sue gravissime condizioni di salute, o il dolore della sua famiglia e dei suoi cari, nè ancora meno il sentimento di condanna del popolo colombiano, dopo quell’attacco vigliacco. Condanna alla quale ci uniamo, per antonomasia.


villa lucas video sparatoria

Nella città di Pereira, nei pressi del luogo dove è avvenuto il fatto di Lucas Villa, si erge la statua del sindaco Carlos Maya (della coalizione di governo Más Cambio) che è stato fortemente criticato per aver esortato e promosso che membri della sicurezza privata facciano parte di un fronte comune, con la polizia ed i militari, per “ripristinare l’ordine nella sicurezza cittadina” a fronte della crescita del vandalismo e delle sommosse, riferendosi alle manifestazioni che stanno avendo luogo in tutta la Colombia. In questo contesto, e dopo l’attentato, si è anche detto che lo stesso Maya avrebbe offerto una ricompensa di 50 milioni di pesos colombiani (circa 13.000 dollari) a chi fornisca informazioni che permettano di arrivare agli autori degli spari contro Lucas Villa.
Dobbiamo considerare queste proposte vere e certe? Fanno forse parte di una strategia machiavellica per depistare le autoritò affinché non si arrivi mai a chi ha partecipato all’attentato? Ciò è tutto un vero enigma.
Ciò che non è un enigma, ma anzi una drammatica certezza, è che Lucas Villa, un attivista esemplare per la città di Pereira, è ricoverato e ferito gravemente, tanto che la sua vita è seriamente compromessa. I proiettili lo hanno colpito all’altezza del cranio.
Nel giro di pochi secondi la gioia di vivere di Lucas ha oltrepassato la soglia di una porta per perdersi in un mondo di tenebre indescrivibile. Lucas si trova ad un passo dalla morte. Nel momento in cui scriviamo queste righe si trova ricoverato in terapia intensiva, ed in base alle ultime informazioni mediche le sue condizioni rimangono critiche. Sebbene alcune versioni riportano che la diagnosi è quella di “morte cerebrale”, il responsabile della clinica Juan Carlos Restrepo ha affermato che la sua prognosi è “riservata” e che se ne attende l’evoluzione nelle prossime ore, senza però prevedere delle migliorie.
Riassumento, l’attacco, in base alle versioni raccolte in mezzo alla confusione e al nervosismo di chi si trovava vicino Lucas, sarebbe stato messo in atto da uno sconosciuto a bordo di una moto, se ne ignora sia l’identità sia lo stato mentale in cui si trovava. Gli spari sono partiti nel bel mezzo di una protesta, dalla moto, all’altezza del viadotto César Gaviria ed in quell’occasione sono state ferite gravemente altre due persone: Andrés Felipe Castano - che ha riportato ferite al collo e all’addome - e Javier David Clavijo, che presenta lesioni a livello delle gambe.
Alcuni testimoni hanno dichiarato che, nei minuti prima di essere raggiunto dai proiettili, forse resosi conto della presenza della forza repressiva, Lucas Villa ha gridato: “In Colombia ci stanno ammazzando”. Altri testimoni hanno dichiarato che Lucas, durante la protesta in strada di quella notte, ha sempre esortato i manifestanti a non essere violenti nella protesta.
Si suppone che Lucas, negli istanti immediatamente precedenti allo stramazzare al suolo in una pozzanghera di sangue, abbia avvertito il pericolo e ha percepito che si stavano avvicinando dei repressori in uniforme, ma non poteva immaginare che i suoi aggressori sarebbero stati alla guida di una moto. Sconosciuti, che sicuramente lo stavano puntando da tempo, nascosti nell’ombra, fino a quando l’attentato è stato compiuto.
Lucas ora lotta per la vita, lotta per vivere, i suoi aggressori restano impuniti e la repressione del popolo colombiano continua.

Foto di copertina: www.rcnradio.com

(del 7 maggio 2021)

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