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Le mafie ai tempi del Covid, i collegamenti tra le organizzazioni criminali e la politica, il processo Trattativa Stato-mafia e la legislazione antimafia voluta da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Sono gli argomenti trattati dal direttore di Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni (in collegamento dal Sud America) e dall'ex magistrato Gian Carlo Caselli durante l'evento "Le mafie in Italia e all'estero al tempo del Covid" organizzato dal professore Salvatore Bova dell'Istituto Superiore 'Primo Levi' di Torino. Un incontro moderato da Stefano Baudino, articolista di Antimafia Duemila, che ha avuto anche la partecipazione del Movimento culturale Our Voice.

Il potere della Mafia nella politica
La disponibilità ingente di capitali, un flusso finanziario in costante crescita ed una strategia pervasiva estremamente efficace fanno della mafia un fattore che, lo si voglia ammettere o meno, influenza in maniera profonda le decisioni politiche dei governi.
"Questi personaggi hanno la capacità di corrompere ministri e presidenti perché non hanno problemi ad offrire centinaia di milioni di dollari", ha detto il direttore Bongiovanni riferendosi ai grandi capimafia. Le mafie nostrane (Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Camorra) “in base a prove e ad indagini giudiziarie sono le più potenti al mondo per quanto riguarda il traffico di droga" ha proseguito Giorgio Bongiovanni ricordando che "l'80% della produzione di cocaina in Sud America è gestita dalle mafie italiane".
Inoltre, un importante trader, Roberto Recordare, è stato indagato dalla Dda di Reggio Calabria, negli ultimi mesi del 2020, per riciclaggio di capitali illeciti: considerata dalle autorità giudiziarie come un'attività portante delle organizzazioni mafiose. "Aveva nella valigetta titoli e quotazioni in borsa per un valore di 150 miliardi di euro - ha continuato il direttore di Antimafia Duemila - ed è stato anche intercettato al telefono dalla polizia giudiziaria con altri capimafia e trader in cui si scopre che il Recordare aveva gestito fondi per 500 miliardi e si poteva permettere il lusso di buttare nel cestino un bond da 100 miliardi".
"Qui in Uruguay, dove mi trovo in questo momento, c'è un latitante di nome Morabito che fa parte di una delle famiglie più potenti della 'Ndrangheta - ha continuato il giornalista -. E' stato arrestato, incarcerato e poi, grazie a qualcuno che ha aperto la cella, è scappato". Motivo? Perché la 'Ndrangheta oltre a corrompere i funzionari di pubblica sicurezza è riuscita ad avere addirittura agganci all'interno del mondo politico e imprenditoriale dell'America Latina e non solo.
E, durante la pandemia, il numero dei traffici di cocaina provenienti dal Sud America e delle conseguenti operazioni di riciclaggio di denaro sono aumentati. "Prova ne sono le ingenti quantità di cocaina purissima sequestrata" che "secondo un rapporto dell'Europol rappresenterebbero solo l'1% della cocaina prodotta e venduta" ha spiegato il direttore di Antimafia Duemila. "Ora i governi, sia di sinistra che di destra, (piuttosto che Draghi o Conte) e gli Stati dell'Unione Europea, hanno compreso che questo è il problema numero uno (dopo la pandemia) da affrontare nel mondo?".

La riforma della magistratura
Oggi la magistratura sta attraversando una grave crisi interna a causa dei recenti scandali scaturiti da Palamara prima e Amara poi. Ma nonostante tutto, ha spiegato il direttore Bongiovanni, "il potere giudiziario sta processando se stesso" allontanato i propri membri che non sono stati dichiarati idonei, "cosa che la politica non ha mai fatto”.
Oltretutto nella nostra storia, sia passata che attuale, non sono mancati grandi esempi di impegno professionale, come i giudici Falcone e Borsellino, Nino Di Matteo, Nicola Gratteri, Giuseppe Lombardo e molti altri i quali rischiano anche la vita pur di compiere il loro dovere.
"Il problema - ha detto Bongiovanni - è che molti magistrati sono stati abbandonati a se stessi e che da sola la magistratura non riuscirà mai a risolvere il problema della mafia. Il grave errore che ha fatto la politica ma anche noi società civile è stato quello di delegare la lotta alla criminalità organizzata alla sola magistratura".
Ad oggi sul tavolo delle discussioni politiche c'è la questione della riforma del Csm, azione necessaria per riacquistare credibilità agli occhi dei cittadini, ma questa riforma "non deve condizionare" l'operato dei giudici, bensì "deve rendere sempre di più indipendente il pubblico ministero nelle indagini".
"È inaccettabile - ha proseguito Giorgio Bongiovanni - che Matteo Messina Denaro sia latitante da 28 anni". Libero di esercitare il suo potere "come probabile capo assoluto di Cosa Nostra".

La mafia e il Coronavirus
L'emergenza pandemica attuale costituisce un'opportunità imperdibile per le organizzazioni mafiose, le quali cercano da sempre di approfittare delle catastrofi sociali col fine di accumulare ricchezza. Una triste realtà già rivelatasi "in passato con i grandi terremoti come quello in Campania o come quello del Belice in Sicilia - ha denunciato il direttore - in cui la mafia si infiltrava dentro gli appalti per ricostruzione. Come hanno detto anche il magistrato Nicola Gratteri e il professore Antonino Nicaso".
Secondo quanto emerge da numerose prove giudiziarie, "le mafie nel corso della pandemia hanno fatto numerosi prestiti alle aziende in difficoltà" con il fine ultimo di "rilevarle o di taglieggiarle". Questa operazione di usura e acquisizione è stata possibile poiché "anche in tempo di Covid-19 le organizzazioni criminali hanno grandissima disponibilità di denaro contante" accumulato grazie al traffico di droga.

Il governo e le richieste di Riina
“Chiediamoci perché il parlamento sembra seguire le linee delle richieste scritte da Salvatore Riina nel 'papello'”, ha chiesto provocatoriamente Stefano Baudino durante il suo intervento.
Il processo Trattativa Stato-mafia (attualmente in corso in Appello a Palermo) ha dimostrato, con relativa sentenza di primo grado, datata 20 aprile 2018, che durante il periodo delle stragi alcuni uomini delle istituzioni hanno interloquito con gli uomini di Cosa nostra.
"Totò Riina nel momento in cui si dice soddisfatto perché lo Stato è sceso a patti (ce lo dice Giovanni Brusca) partorisce un 'papello' con una serie di richieste. Tra cui l'abolizione del 41 bis. Bene, nel corpus legislativo italiano degli ultimi anni si sono toccati proprio questi temi. Questo dovrebbe farci interrogare. Perché lo Stato sembra seguire le richieste della mafia?".
Inoltre, durante il periodo stragista, la Dia scrisse una relazione in cui si può leggere che "l'eventuale revoca dei provvedimenti che determinano l'applicazione del 41 bis potrebbe rappresentare il primo vero cedimento dello Stato, intimidito della stagione delle bombe". E poco tempo dopo l'allora guardasigilli Giuseppe Conso "non rinnovò il 41 bis per 334 detenuti mafiosi" ha spiegato Baudino.
Attualmente al governo sono presenti dei ministri, membri del partito politico di Forza Italia, il cui fondatore Marcello Dell'Utri è stato condannato a scontare una pena di sette anni in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre l'ex premier Silvio Berlusconi è indagato dalla procura di Firenze per le stragi del 1993 di Firenze, Roma e Milano. "Ho detto queste cose per farvi capire - ha spiegato Baudino - come le battaglie contro le mafie e i sistemi istituzionali collusi e deviati non debbano essere circoscritte al solo periodo delle stragi. La mafia nonostante non stia sparando più sta ottenendo delle vittorie incredibili ed è per questo che bisogna continuare a parlarne".

La legislazione antimafia
"La mafia non è una questione nazionale che abbraccia solo temi di ordine pubblico, ma tocca anche la politica" ha detto l'ex magistrato Gian Carlo Caselli durante il suo intervento.
Ripercorrendo la storia della legislazione antimafia, l'ex magistrato ha spiegato ai ragazzi dell'istituto che "per un lungo periodo di tempo molti rappresentanti delle istituzioni, cardinali, magistrati ecc... Facevano a gara per dire che la mafia non esisteva". Prima che nel libro del codice di procedura penale fosse scritta la parola "mafia" si dovette aspettare fino al 1982, dopo la morte del segretario regionale del partito comunista in Sicilia Pio La Torre (autore del disegno di legge) e del prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa.
Inoltre, ci vorrà ancora del tempo prima che qualcuno lo usi in modo incisivo nel contrasto alla criminalità organizzata. "Il pool dei giudici di Palermo usò questo strumento di lavoro, che è il 416 bis, ma con un nuovo metodo, quello della centralizzazione e specializzazione, ai tempi un metodo rivoluzionario" ha detto l'ex magistrato.
Da questo grande lavoro di cooperazione giudiziaria ne uscì il maxi processo di Palermo che sancì in maniera definitiva "il crollo del mito dell'impunità della mafia".
L'ex procuratore capo di Palermo ha poi elogiato il movimento culturale artistico Our Voice per il lavoro svolto nell'organizzazione dell'evento e rispondendo ad una domanda di Baudino "su quanto sia efficiente e libero il sistema di informazione in Italia", ha detto che "per scrivere di mafia ci vuole coraggio poiché non ti sostiene nessuno" e che "uno dei pochi quotidiani che lo fa è Antimafia Duemila".

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