"Telefonini e rilevatore di microspie restituite? Mi meraviglia restituzione senza mia autorizzazione"
Correva l'anno 1998 quando nell'abitazione di Giovanni Napoli, uno dei favoreggiatori del boss Bernardo Provenzano e che al tempo fu arrestato nell'ambito di un'inchiesta sui rapporti tra imprenditori ed il padrino corleonese, venne fatta una perquisizione.
In quell'attività fu sequestrato al Napoli diverso materiale, tra cui 3 telefonini, un rilevatore di microspie, floppy disk e, successivamente, anche un computer. In base agli elementi raccolti dalla Procura generale era emerso che proprio telefoni e rilevatore di microspie, che erano stati "acquisiti per ragioni investigative", furono clamorosamente restituiti nei giorni successivi.
Un atto di cui fu informata la dottoressa Maria Teresa Principato, al tempo titolare dell'indagine, da una nota informativa del colonnello (al tempo capitano) Michele Sini, all'epoca comandante del Ros che effettuò l'arresto del boss.
Oggi, per avere chiarimenti su quanto avvenuto effettivamente, è stata sentita dalla Corte d'Assise d'Appello di Palermo, nell'ambito del processo trattativa Stato-mafia, l'ex procuratore aggiunto a Palermo, ora alla Dna.
"Ricordo che quello fu il primo processo sui rapporti tra imprenditori e Provenzano. In questa nota non ho rinvenuto nessun collegamento che potesse a mio avviso, in quel momento, essere di interesse per la prosecuzione delle indagini" ha detto in un primo momento rispondendo alle domande del Presidente della Corte Angelo Pellino. Quando quest'ultimo ha evidenziato la "singolarità dell'attività" con la restituzione del "rilevatore di microspie" (così come definito nel documento dell'atto di restituzione del materiale tra gli allegati, ndr), ha affermato di essere stata messa al corrente "a restituzione avvenuta". "Non ho interloquito in ordine alla restituzione di questi cellulari e del rilevatore di microspie - ha proseguito - Forse di quest'ultimo non mi accorsi nemmeno. Perché il rilevatore di microspie poteva avere solo uno scopo cioè verificare da parte del Napoli, data la sua situazione precaria sul piano giudiziario e data la sua vicinanza al Provenzano, se si potesse verificare se nei luoghi dagli stessi frequentati vi fossero le microspie. Che è il problema principale che interessava il Provenzano ed il Napoli". E poi ancora: "Probabilmente mi sono resa conto che il fatto stesso di averlo restituito, potesse aver consentito alla parte di cancellarne o renderne efficaci probatoriamente le segnalazioni. Io comunque non ricordo di un rilevatore di microspie, il quale è messo in ultimo e del quale non si parla più".
Il Presidente della Corte, dando atto che "nella nota del capitano Sini si parla solo degli apparecchi cellulari" e che il rilevatore viene inserito solo negli allegati, ha quindi chiesto se vi fu un'interlocuzione specifica su quest'ultimo. Ma la risposta della pm, pur rappresentando il lungo tempo trascorso dai fatti, è stata perentoria: "Assolutamente no. Intanto mi sorpresi del fatto che gli oggetti acquisiti nel corso della perquisizione a casa di Giovanni Napoli, fossero stati restituiti senza una mia autorizzazione. Nelle mie indagini, in genere, approfondisco tutto quanto risulta dai telefonini o altri oggetti sequestrati. Qua stranamente nella prima pagina neanche si parla del rilevatore di microspie, poi si parla dello sviluppo delle utenze e del rilevatore si parla solo in un rigo".
La restituzione dolosa
Successivamente, rispondendo alle domande del sostituto Procuratore generale Fici, è nuovamente tornata sul punto: "Basta dare un'occhiata alla nota del 13 novembre 1998 per capire come i rilevatori informatici non siano stati in alcun modo adeguatamente segnalati. E poi siano stati restituiti senza una mia autorizzazione, il ché avrà sicuramente determinato da parte mia una reazione nei confronti della persona incaricata del sequestro, che senza mia autorizzazione restituiva tutto".
A quel punto Fici, che ha evidenziato come nel verbale di sequestro non comparissero né i telefoni cellulari né il rilevatore di microspie, ha chiesto se la pm avesse dato disposizione di non sequestrarlo formalmente. Anche in questo caso la risposta è stata negativa.
"Io ritengo di aver reagito pesantemente nei confronti di un atto che io ritenevo assolutamente estraneo ed anzi, rispetto a quello che mi avete mostrato, dolosamente contrario alle mie disposizioni" ha continuato la Principato rispondendo alle sollecitazioni del sostituto procuratore generale.
La pm ha poi detto di "non ricordare" le modalità con cui ricevette le note di Sini. Secondo quanto rappresentato dalla Procura generale quella nota non è stata rinvenuta nel fascicolo personale di Giovanni Napoli ed ha seguito un iter diverso. "La nota - ha ribadito la Principato - presenta a mio avviso dei caratteri di ambiguità che non mi inducono a meravigliarmi che la nota abbia seguito altri canali. Note di ambiguità consistenti nel non avere messo nella giusta evidenza la apprensione del rilevatore di microspie. E' molto strano".
Sull'argomento si tornerà alla prossima udienza, prevista per il 10 maggio, in cui deporrà l'ufficiale Michele Sini. Questi doveva essere sentito oggi ma ha fatto pervenire una certificazione medica. La Corte d'Assise d'Appello, sentite le parti, anche alla luce della odierna deposizione, ha ribadito la necessità di ascoltare il colonnello in videoconferenza.
Al momento resta immutato il calendario concordato, con l'avvio della requisitoria fissata per il 17 maggio. Ma vi è anche la possibilità che l'inizio slitti al 24.
Foto © Imagoeconomica
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