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Il procuratore: “Nonostante il Covid Europa non si è attrezzata per contrasto alle mafie”

La pandemia da Covid-19 sta esponendo tutta la società a un rischio emergenziale: il radicamento mafioso tramite l’usura e l’inquinamento dell'economia sana con flussi economici illeciti.
Tutto questo mentre le istituzioni sono in evidente affanno nell'arginare il problema. A parlare della situazione in cui riversa l’Italia in questo anno di Coronavirus e di come le mafie hanno cavalcato l’onda del disagio e delle opportunità offerte da questa situazione globale straordinaria, sono stati Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, Nicola Morra, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia e Antonio Nicaso, intervenuti in un convegno online condotto dal vice direttore dell’Agi Paolo Borrometi e trasmesso in diretta sulla pagina Facebook del consigliere della Regione Lombardia Luigi Piccirillo. A prendere parola per primo è stato Antonio Nicaso, professore universitario e autore del libro di recente uscita “Ossigeno Illegale” (ed. Mondadori) scritto a quattro mani con Nicola Gratteri. In questo anno di pandemia, ha affermato Nicaso, è “emerso che le organizzazioni mafiose si sono mosse con una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio che è fondamentale per loro, ed è una condizione imprescindibile per l’accumulo di ricchezza”. “Nell’ambito del territorio - ha spiegato Nicaso - i boss hanno tentato di mettere in atto quel welfare di prossimità che ha portato alcuni mafiosi ad arrivare prima dello Stato negli aiuti primari alle famiglie bisognose”. Un’altra strategia adottata dalle mafie riguarda il dopping finanziario. “Molti imprenditori trovatisi in crisi di liquidita hanno trovato grandi difficoltà ad accedere a sussidi governativi o crediti bancari e quindi alcuni di loro si sono rivolti ai boss, i quali hanno cercato di garantire dei prestiti e delle garanzie a livello bancario per aiutarli a superare le difficolta”. “E’ chiaro - ha sottolineato il docente che vive in Canada - che sono tutti benefici che andranno ripagati con interessi”. “Ogni cosa che le mafie fanno, le fanno in funzione di qualcos’altro”.
Questi aspetti, ha aggiunto Nicaso, “sono propedeutici a un altro intervento sicuramente più pericoloso: l’idea di fagocitare le aziende in ginocchio. E’ chiaro che in questo momento c’è la possibilità di rilevare le aziende in difficoltà”, ha osservato il professore calabrese. “Se facciamo una comparazione tra i reati pre-pandemia e post-pandemia ci accorgiamo che sono aumentati i reati di traffico di droga e i riciclaggio di capitali. Questo ci conferma la grande capacità di adattamento delle mafie”. Sempre in tema narcotraffico un altro dato che merita attenzione è quello dei sequestri delle partite di droga. “L’Europol ci dice che in Europa si riesce a confiscare meno dell’1% delle ricchezze delle mafie. Questo ci fa capire come le mafie hanno la capacità di rinvestire i capitali anche all’estero”, ha puntualizzato. Per sintetizzare, ha concluso Nicaso, “noi ci troviamo di fronte ad un wellfare di prossimità che è funzionale a logiche e a strategie tese a consolidare il controllo del territorio. Abbiamo delle strategie che tendono in qualche modo a ottenere e consolidare il controllo del territorio attraverso prestiti e investimenti per quanto riguarda imprenditori e commercianti in difficoltà. E poi abbiamo questo grosso aspetto, che va oltre il nostro paese, ovvero l’investimento dei proventi della droga nell’economia legale rilevando ed acquisendo tutto ciò che è in vendita”.
Per Antonio Nicaso si tratta di “aspetti importanti con i quali bisogna rispondere con strategie adeguate e piuttosto che affrontare il problema - ha osservato Nicaso - ci stiamo soffermando su aspetti secondari. Come ad esempio l’ergastolo ostativo ovvero l’idea di dover prestare attenzione ai diritti dei detenuti dimenticando invece le sofferenze dei parenti delle vittime delle mafie”, ha affermato. “E ho sentito addirittura giuristi che hanno puntato l’enfasi sulla rimozione delle ergastolo ostativo e hanno suggerito di mandare in analisi i familiari delle vittime”, il riferimento sembrerebbe essere rivolto al professore Giovanni Fiandaca. “Queste considerazioni non sono prioritarie in questo momento e ci fanno perdere di vista gli obiettivi primari della lotta alle mafie. Il nostro Paese continua a sottovalutare il problema delle mafie e continua a non capire l’urgenza del fare che è l’aspetto più importante specie in un momento come questo caratterizzato da una crisi sanitaria e economica”. “Lo Stato - ha concluso - continua a sottovalutare gli aspetti più importati, ovvero l’impoverimento delle mafie - che è la strategia più efficace nella lotta di contrasto - e quello della tipizzazione delle condotte collaterali”. “Il concorso esterno - ha sottolineato - deve essere un reato a tutto tondo da inserire nel codice penale perché è quello che non riusciamo a scardinare. Ovvero il rapporto che i mafiosi riescono a intrattenere con la cosiddetta zona grigia. E questa è la prima cosa che dovrebbe fare un paese che con la mafia non ha più veramente intenzione di continuare a convivere”.

Europa lenta e connivente
E’ toccato quindi a Nicola Gratteri, capo della Dda di Catanzaro, intervenire in diretta. Il procuratore si è soffermato in particolare sull’Europa e su come questa stia affrontando il fenomeno mafia specie ora che ci ritroviamo in tempi di pandemia.
“La cosa triste e preoccupante è che l’Europa nemmeno in questa occasione (dell’emergenza pandemica, ndr) non si è attrezzata”, ha detto amareggiato il magistrato. “Il sistema giudiziario dell’Europa non è sufficiente a contrastare le mafie e tantomeno un certo tipo di riciclaggio”, ha affermato Gratteri. “Di mafia si discute poco in Europa, salvo quando bisogna bacchettare l’Italia nell’uso delle carceri”, il riferimento è alla sentenza della CEDU in merito all’ergastolo per i boss irriducibili.
“La Germania - ha ricordato Gratteri sempre sul tema dell’antimafia dell’UE - è il Paese più ricco d’Europa dove penso ci sia il maggior numero di ‘Ndranghetisti proprio per la sua disponibilità di ricchezza”. “Io leggo le direttive europee in merito alle politiche di anti-riciclaggio. Sono stringenti, ma solo su carta, perché poi gli Stati membri non le osservano. Ho una rabbia dovuta a questa assuefazione della comunità europea e del potere politico europeo - ha confessato il procuratore - che non intende minimamente rinunciare di un millimetro alla propria libertà. Come la questione della limitazione della tracciabilità del denaro, per la quale i tedeschi non hanno assolutamente interesse né intendimenti a cambiare la norma in nome della privacy”. In questo senso, come dirà poco dopo Nicola Morra, “sono pochissimi i paesi che controllano effettivamente l’origine dei proventi che vengono investiti nel proprio territorio per generare ulteriore ricchezza”. Un vulnus, questo, secondo il presidente della Commissione Antimafia, venuto a crearsi negli anni a causa della “globalizzazione” grazie alla quale “la dimensione del crimine organizzato di stampo mafioso ha assunto sempre più una curvatura transnazionale”.
Tornando all’Europa, secondo Gratteri, i Paesi membri non stanno dimostrando di avere la volontà di cambiare. Il procuratore ha parlato addirittura di “convenienza” da parte dell’UE. “A questo punto - ha affermato - devo pensare che questi Stati ricchi come la Germania hanno interesse a non denunciare e a non creare scandalo perché così, con il silenzio di tutti, si riescono a riciclare somme ingenti di denaro, cosa che in Italia non è possibile”. In merito all’Italia, però, Nicola Gratteri ha osservato un punto di criticità circa il momento in cui il nostro Paese deve sedersi al tavolo con l’Europa e vedere il da farsi per un opera congiunta di contrasto alle organizzazioni mafiose presenti nel continente. “L’Italia è stata molto debole nel confronto con gli altri Stati europei in tema di lotta alle mafie”, ha detto il procuratore con amarezza. Per Gratteri è inconcepile, per esempio, che “la sede di Europol ed Eurojust sono in Olanda. Ad oggi poi è stata costituita questa neo struttura di contrasto alla ‘Ndrangheta alla quale fanno parte dieci paesi nel mondo dove c’è un alta densità di presenza di ‘Ndrangheta, la sede di questa struttura è a Lione. Ma è normale che un organismo che si occupa di contrasto internazionale alla ‘Ndrangheta abbia sede in Francia e non nello Stato in cui ha origina la mafia?”, ha concluso Gratteri.

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