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Le tensioni tra Stati Uniti e Russia non sembrano accennare ad un miglioramento ma, al contrario, sono in continuo aggravamento come dimostrano i fatti degli ultimissimi giorni, segnati da una serie preoccupante di provocazioni diplomatiche, economiche e militari. Mentre infatti si sta verificando una nuova escalation militare nel conflitto del Donbass, il 15 aprile è stata pubblicata sul sito ufficiale della Casa Bianca una lettera scritta da Joe Biden al Congresso degli Stati Uniti, nella quale viene dichiarata “emergenza nazionale” per “le attività straniere dannose rappresentate dal governo della Federazione russa”. La lettera è stata accompagnata da nuove sanzioni economiche alla Russia da parte degli Stati Uniti che, seguiti immediatamente da alcuni fedelissimi paesi d’Occidente, hanno espulso vari diplomatici russi da Washington.

L’ipocrisia dell’ “emergenza nazionale” statunitense
La lettera del presidente degli Stati Uniti presenta numerose palesi ipocrisie che sarebbe impossibile non notare. Se non fossimo a conoscenza del fatto che le accuse sono rivolte alla Russia, potremmo benissimo pensare che queste siano in realtà dirette agli Stati Uniti stessi, a partire da quella che si presenta come l’accusa principale, ossia i mai dimostrati “sforzi [ndr della Russia] per minare lo svolgimento di elezioni democratiche libere ed eque e delle istituzioni democratiche negli Stati Uniti e nei suoi alleati e partner”. Una Russia che alcune volte viene raffigurata come capace di interferire - quasi, appunto, sul modello degli stessi Stati Uniti - nelle elezioni estere, mentre altre volte come un po' ingenua e goffa tanto da avvelenare una persona senza riuscire, fortunatamente, a farla fuori. La lettera continua accusando la Russia “di perseguire attività extraterritoriali rivolte a dissidenti o giornalisti”: l’apice dell’ipocrisia visto che, ad esempio, dopo ormai 10 anni, gli Stati Uniti non hanno ancora rinunciato alla persecuzione del giornalista ed editore Julian Assange, trattenuto in un carcere di massima sicurezza a Londra in attesa del nuovo processo di estradizione (già negata a inizio anno per le condizioni psicofisiche in cui versa), “colpevole” per aver pubblicato documenti relativi a crimini di guerra da parte dell’esercito statunitense. E, in ultimo, l’accusa di “violare i principi consolidati del diritto internazionale, compreso il rispetto per l'integrità territoriale degli stati”, quando invece proprio gli Stati Uniti da decenni sono in prima linea nella frantumazione del territorio di diversi paesi come la Cina, la Russia, la Siria e tanti altri. Del resto, come la storia insegna, è noto a tutti come gli Stati Uniti siano disposti ad usare qualsiasi mezzo e menzogna pur di perseguire i loro scopi economici e bellici, dal mai avvenuto “incidente del Golfo del Tonchino” in Vietnam alle mai rinvenute armi di distruzione di massa in Iraq.

Il dialogo si allontana: nuove sanzioni e espulsione dei diplomatici
Alla lettera sono seguite subito, da una parte, l’espulsione di 10 diplomatici russi da Washington, con il pretesto che questi lavorassero come ufficiali dell'intelligence russa sotto copertura diplomatica, e, dall’altra, nuove importanti sanzioni per il settore finanziario e bancario russo. Queste ultime in particolare prendono di mira svariate entità e individui tra cui alcune società del settore tecnologico russo, per presunta ingerenza nelle elezioni del 2020 e attacchi di hacking “diretti dal governo russo". Le misure ostili arrivano pochi giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti ha invitato al dialogo l’omologo russo Vladimir Putin, per discutere una distensione nelle relazioni. Fino adesso la premessa al dialogo è quindi disastrosa. "Nella sua conversazione telefonica con il presidente russo, Joe Biden ha espresso interesse per la normalizzazione delle relazioni Russia-Usa; ma le azioni della sua amministrazione testimoniano il contrario", ha infatti affermato Maria Zakharova, portavoce del ministro degli esteri russo. Inoltre, anche Londra, Varsavia e Praga hanno seguito la mossa degli Stati Uniti, espellendo a loro volta con le stesse accuse alcuni diplomatici russi. Dalla parte di Mosca, la risposta non si è fatta certo attendere. Oltre ad aver infatti sanzionato otto alti funzionari statunitensi a cui non sarà permesso di entrare nel paese, la Russia, tramite il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, ha fatto sapere che ridurrà il numero dei diplomatici statunitensi proporzionalmente a quello del loro staff nel paese nord americano. Il dialogo per adesso sembra essere quindi lontano, soprattutto perché gli Stati Uniti sperano di poter costringere la Russia ad andare al tavolo dei negoziati alle proprie condizioni e, per ottenere ciò, utilizzano l’arma delle sanzioni, dimenticando che la Russia è un paese economicamente indipendente che può vivere benissimo anche senza dollaro e, proprio per questo motivo, si presenta come uno dei maggiori rivali agli interessi statunitensi. Il dialogo, a cui entrambi i presidenti si sono dichiarati favorevoli, avverrà e avrà successo solo se sarà posto in condizioni di parità.

Foto © Imagoeconomica

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