Per il consigliere togato "i mafiosi sono pronti a travestirsi da dissociati pur di realizzare il loro scopo"
"In un sistema penale e penitenziario caotico e privo di certezze come il nostro, la rinuncia dello Stato all'ergastolo per i reati di mafia rischia di realizzare un desiderio agognato dai capi di Cosa nostra, pronti a travestirsi da dissociati pur di realizzare il loro scopo". Sono queste le parole del consigliere togato del Csm, Sebastiano Ardita, interpellato dall'Adnkronos per un commento rispetto la decisione della Consulta sull'ergastolo ostativo. Per la Corte costituzionale, la disciplina dell'ergastolo ostativo, facendo della collaborazione "l'unico modo" per il condannato di recuperare la libertà, "è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo". "È questo l'argine costituito dalla collaborazione quale porta di accesso ai benefici, che non rappresenta un automatismo, ma solo un modo per tenere ferma una pena prevista dall'ordinamento e per difendere la collettività da un potere criminale reale - dice ancora Ardita - L'unico strumento sicuro per impedire il rischio di pericolose elusioni che si avrebbero estendendo gli strumenti pensati per i meritevoli, anche a coloro che hanno come scopo di raggiungere la libertà per riorganizzare i sistemi criminali". E aggiunge: "Occorre ripartire dal riconoscimento della necessità di non rinunciare alla prevenzione antimafia - contenuto in questa sentenza - per ripensare la legislazione di contrasto a cosa nostra, in modo da impedire ai capi storici di raggiungere i loro obiettivi".
"La Costituzione nel 1947 recepì un ordinamento penale rigoroso e rispettoso dei diritti individuali dei reclusi. Accolse l'ergastolo come pena massima, anche se il fenomeno mafioso - ancora invisibile - era di fatto sconosciuto. Negli anni che ci separano dalla Costituzione è cresciuta in modo geometrico l'aggressione della criminalità mafiosa e terroristica nei confronti dei cittadini; eppure la interpretazione 'evolutiva' di quei principi ha finito per negare costituzionalità non solo alla pena dell'ergastolo in sé, ma persino alla sua applicazione agli autori di gravi delitti di mafia", ha proseguito il magistrato catanese. "Il problema in realtà non sono gli automatismi, ma la effettività, credibilità e coerenza del sistema penale - ha concluso Ardita, che per molti anni è stato in Dda dove si è occupato di processo di mafia - In un sistema coerente e rigoroso nessuno griderebbe allo scandalo se a un soldato di mafia, ormai fuori dall'organizzazione e desideroso di rifarsi una vita, dopo una seria valutazione potesse darsi una nuova possibilità".
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