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Ardita: "Ci sono punti non approfonditi. Lavoro incompleto". Nel fascicolo anche l'estromissione di Di Matteo dal pool stragi

Con 18 voti a favore, 4 astenuti (i laici Filippo Donati, Alberto Maria Benedetti, Stefano Cavanna e Fulvio Gigliotti) e un voto contrario - quello del consigliere Sebastiano Ardita - il plenum del Csm ha approvato la proposta avanzata dalla Prima Commissione per l'archiviazione della pratica aperta sul procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, relativa alle chat con Luca Palamara. Una pratica che riguardava in particolare le due questioni della candidatura a procuratore di Napoli e a procuratore nazionale Antimafia, ma in cui si inseriva anche la vicenda dell'estromissione (poi revocata) del magistrato Nino Di Matteo (oggi consigliere togato e al tempo sostituto procuratore nazionale antimafia) dal pool dei magistrati alla Dna sulle stragi di mafia.
Per questo motivo, infatti, lo stesso Di Matteo non ha partecipato al voto. "Alcuni fatti in valutazione riguardano la mia posizione di sostituto procuratore nazionale antimafia", ha spiegato.
Certo è che sulla questione il dibattito al Plenum è stato acceso.
All'esito dell'esame delle carte, la Prima commissione ha valutato che "non vi sono elementi per ritenere che il provvedimento suddetto sia sintomo di difetto di imparzialità in quanto frutto di improprie interferenze, esterne o interne all'ufficio, sorrette da interessi o finalità diversi da quelli del buon andamento dell'attività della Procura nazionale antimafia" e "non emerge che le scelte del procuratore siano state dettate da impropri accordi con il dottor Palamara, con il quale non risultano conversazioni sul punto".
Tuttavia vi sono alcuni elementi di criticità che, a quanto pare, sono destinati a rimanere nel limbo dell'incertezza. Ad evidenziarli il consigliere togato di Autonomia&Indipendenza, Sebastiano Ardita (anche per questo ha votato in maniera contraria alla proposta), già presidente della Prima Commissione e che ha avviato la pratica.
Ardita, nel suo intervento al Plenum, ha definito il contenuto della delibera come "gravemente deficitario. Non soltanto dal punto di vista di quello e ci viene esposto ma sopratutto dal punto di vista dell’istruttoria".
"C'è una chat - ha aggiunto - tra Luca Palamara, allora consigliere del Csm, e il ministro dell'Interno in carica Marco Minniti che, rivolgendosi a Palamara all'indomani della mancata nomina di Cafiero de Raho a procuratore di Napoli, ha usato l'espressione 'salviamo il soldato Cafiero'. E' una chat che andrebbe approfondita - ha spiegato intervenendo in plenum - chiedendo magari agli interessati a cosa si riferissero, quale battaglia era stata combattuta, poi chiarita e magari inserita nel provvedimento di archiviazione o così tutto rimane in modo vago. Ci sarebbe anche da capire perché il ministro dell'Interno si rivolge a Palamara, a che titolo lo investe delle sue preoccupazioni, questo rimane a oggi un tema inesplorato, neanche riportato in delibera".


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Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho


Di Matteo e quella rimozione dal pool stragi
Ardita ha anche puntualizzato alcune criticità anche nella questione della revoca della partecipazione al gruppo stragi del pm Nino Di Matteo. Proprio quest'ultimo aveva presentato ricorso rispetto all'estromissione decisa da de Raho, in seguito all'intervista rilasciata dallo stesso Di Matteo alla trasmissione "Atlantide" di La7, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci.
Secondo il Procuratore nazionale antimafia quell'intervista aveva provocato la fine del "rapporto di fiducia all’interno del gruppo e con le direzioni distrettuali antimafia”, perché avrebbe fatto delle considerazioni che erano oggetto di valutazioni all’interno del neo pool (che vede anche la presenza dei magistrati Francesco Del Bene e Franca Imbergamo) e nelle riunioni con le Procure competenti delle indagini (Palermo-Caltanissetta e Firenze). A ben vedere nell'intervista non vi era alcun elemento vincolato dal segreto investigativo e proprio per questo motivo Di Matteo aveva deciso di presentare ricorso. Nella memoria il pm di punta che ha condotto il processo sulla trattativa Stato-mafia, Di Matteo, rispetto alla motivazione per cui era stato allontanato dal pool parlava di “un giudizio grave, che mortifica 28 anni di impegno professionale speso sul fronte stragi e delitti eccellenti di mafia” ed aveva evidenziato proprio di aver parlato nell'intervista solo di atti pubblici e già emersi in diverse sentenze. Rispetto alle considerazioni fatte durante l'intervista ad "Atlantide" Di Matteo riteneva che queste non potessero “aver recato alcun pregiudizio all’attività della Dna o di altri uffici”. Ed era per questo motivo che aveva chiesto l'intervento del Csm. Poi, però, lo stesso De Raho lo scorso ottobre decise di revocare quel provvedimento e così anche il Csm chiuse la vicenda con un "non luogo a provvedere".
A parere di Ardita, che aveva anche proposto un ritorno dell'intera pratica in Commissione (proposta rifiutata, ndr), sarebbe stato opportuno approfondire diversi aspetti sulla "regolarità" di quella prima decisione sull'estromissione del magistrato. "C'erano profili che andavano verificati e valutati - ha detto Ardita - Nel fascicolo acquisito ci sono circostanze che non appaiono irrilevanti, ma dalla commissione è stato definito con provvedimento di non luogo a provvedere molto stringato in cui si dà conto del fatto che il procuratore aveva poi revocato il provvedimento di estromissione con un testo di poche righe. Su questo il Csm si deve pronunciare, è una vicenda delicata che ha lasciato turbata la pubblica opinione".
E poi ancora: "La settima commissione, nonostante una mia richiesta formale non si è mai voluta pronunciare nel merito in tre anni, limitandosi a prendere atto della revoca da parte del dott. De Raho del provvedimento contestato. Serviva un lavoro di accertamento approfondito e completo e questa delibera non rappresenta un lavoro completo.
Il sei agosto 2020, prima ancora che si provvedesse alla revoca del provvedimento (il dott. Di Matteo era già al CSM n.d.r.) il procuratore nazionale antimafia De Raho si accorge che all'interno del testo non emerge la consultazione che avrebbe dovuto fare con il procuratore aggiunto e che quindi si preoccupa di spiegare al Csm che in qualche modo il suddetto era a conoscenza di questa vicenda. Ma nel testo non c'era traccia del parere del procuratore aggiunto. Ma la settima commissione non ha nulla da rilevare su questo modo di procedere?".
Nonostante i dubbi sollevati dal togato Indipendente la proposta di ritorno in commissione è stata respinta con fermezza da diversi consiglieri, a partire dalla relatrice Paola Braggion, la quale ha detto che le chat di Cafiero con Palamara non hanno appannato nemmeno la sua immagine perché sono "prive di qualsivoglia considerazione denigratoria degli altri aspiranti o di riferimenti ad ingerenze nelle scelte consiliari in relazione ad appartenenze associative". Come anche per il caso dell'estromissione del dott. Di Matteo non c'è nulla da rimproverare al procuratore, poiché non sono mai emerse conversazioni sul punto con Palamara, che possano far pensare a "interferenze" esterne alle sue decisioni.
Alla fine Ardita si è detto "profondamente deluso dall'andamento del dibattito, continua a non esserci volontà di approfondimento, mentre si tratta di una vicenda di cui andava sviscerato ogni aspetto".

Foto © Imagoeconomica

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