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In questi ultimi tempi, sembra che in Paraguay alcuni magistrati abbiano deciso di indossare la toga. Il 2017 fu l'anno in cui la giustizia nel Paese segnò significativo precedente: per la prima volta era stata emessa sentenza contro il mandante dell’assassinio di un giornalista. Oggi l'Unesco ha pubblicato un'intervista a una giudice per sottolineare il precedente contro l'impunità infliggendo una pena contro il mandante degli omicidi di Pablo Medina e Antonia Almada. La giustizia è riuscita a condannare l’ex sindaco di Ypejhú, Vilmar "Neneco" Acosta, a 39 anni di prigione. In quanto agli autori materiali, che sono due, entrambi sono in attesa di sentenza in Brasile.
La giudice Janine Ríos ha dichiarato che si è arrivati alla sentenza perché l'impunità sulla morte di altri giornalisti ha lasciato un terribile precedente nel potere giudiziario paraguaiano, un conto in sospeso nei riguardi del diritto per la libertà di espressione.
In consonanza con questa dichiarazione, l'Unesco ha scritto nelle reti social trattarsi di "Una sentenza storica che segna un precedente in Paraguay per mettere finire all’impunità dei crimini contro giornalisti".
La morte di Pablo e Antonia di fatto ha rappresentato uno delle tante azioni terroristiche imposte dal crimine organizzato sulla società civile, all’oggetto di mettere a tacere gli operatori più attivi nella denuncia: i giornalisti che esigono le autorità a investigare sul doppio crimine e non lasciare che il fatto resti impunito come in altri casi. Ma questa volta il terrore si è trasformato in una punizione contro la narco-politica.
"Questa sentenza segna un precedente che intende non tollerare un fatto di simile gravità, per questo credo che questa sentenza deva garantire più sicurezza ai giornalisti. Ogni volta che viene violato il principio di libertà di espressione, lo stato paraguaiano, attraverso il potere giudiziale e il ministero pubblico, ristabilirà l'ordine giuridico disatteso", ha sottolineato la giudice durante l’intervista concessa a un mezzo stampa locale.
Quel terribile giovedì 16 ottobre del 2014, erano circa le 14:00, Pablo Medina e Antonia Almada, insieme a una sorella della giovane, stavano ritornando da un servizio giornalistico realizzato a Crescencio González, che si trova al confine tra i dipartimenti di San Pedro e Canindeyú. Mentre percorrevano una strada comunale della località di Villa Ygatimí, due uomini armati intercettarono il veicolo. Uno di loro chiese all'autista se era il giornalista Medina. Lui rispose di sì e i sicari aprirono fuoco contro il giornalista uccidendo lui e la sua assistente. Miracolosamente la sorella di Antonia, che si trovava sul sedile posteriore, non fu raggiunta dagli spari dei sicari.


acosta neneco vilmar pb

Vilmar "Neneco" Acosta


Non la videro? Si trattò di una circostanza fortuita? Al momento non ci sono risposte precise. Il giornalista, impegnato negli ultimi 16 anni a denunciare il narcotraffico lungo il confine con Brasile, e la sua assistente morirono dopo pochi minuti. La sorella di Antonia, unica sopravvissuta, divenne la principale testimone.
Già due giorni dopo iniziarono a circolare i nomi dei primi sospettati. Si trattava di Wilson Acosta Marques e Flavio Acosta Riveros. Il primo è fratello dell’allora sindaco di Ypejhú, Vilmar "Neneco" Acosta, e il secondo, suo nipote.
Tuttavia, il caso ebbe una svolta quando fu confermato che il mandante era stato lo stesso "Neneco" Acosta. Il giornalista Pablo Medina era stato autore di diversi articoli sui legami dell’ex sindaco e la sua famiglia con il narcotraffico.
I tre Acosta furono imputati per omicidio doloso e associazione criminale. "Neneco" Acosta lasciò quindi l’incarico come sindaco di Ypejhú per non reperibilità essendosi dato alla latitanza. Inoltre, fu espulso dall'Associazione Nazionale Repubblicana (ANR).
Il processo contro Vilmar Acosta iniziò il 23 ottobre del 2017. La Procura aveva chiesto 30 anni di prigione per lui. A dicembre di quello stesso anno, "Neneco" fu condannato a 39 anni di prigione: 29 per l'omicidio più 10 di misure di sicurezza.
La Procura riuscì a dimostrare grazie ai testimoni e alle intercettazioni che il politico aveva comunicato con i sicari prima e dopo il duplice attentato.
Il segretario generale del Sindacato di Giornalisti del Paraguay (SPP), Jimmi Peralta, ha dichiarato al quotidiano Ultima: "La morte di Pablo e Antonia segnarono l’adempimento di un scenario che di alcuna forma era latente, e non solo in questo caso. In realtà non è oramai un'eccezione il contesto di minacce e pericoli in cui lavora un giornalista". E ancora: "il potere che ha il denaro del narcotraffico devia completamente lo Stato e si introduce al suo interno, questa è la narco-politica".
Il titolare del sindacato di giornalisti ha affermato che la Giustizia ha compiuto "esemplarmente in parte il suo lavoro", ma non si può affermare che tutti i responsabili siano sottoposti a processo.
"E così come speriamo che le condizioni di rischio di vita permettano la libertà di stampa, lottiamo anche affinché un articolo non sia causa di licenziamenti. Senza quella garanzia, non esiste neanche libertà di stampa", ha concluso.

Foto di copertina: Pablo Medina insieme al direttore Bongiovanni

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