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Le parole del figlio di Domenico Ricci, carabiniere ucciso dai brigatisti. Intervistato anche il fratello dell’agente di scorta di Moro: “Aspettiamo i mandanti”

"Laddove non c'è una verità giudiziaria certa confidiamo in una verità storica che possa essere tramandata alle future generazioni perché non si dimentichino quegli anni costati la vita a oltre 500 persone in 14mila attentati con quasi 5mila feriti. Sono passati 40 anni, sono un cristiano fervente e praticante e credo nella riconciliazione, anche nel rispetto di chi ha il diritto di odiare. Queste persone sono ormai fuori dal carcere, oggi è tempo di andare avanti sulla verità storica che bisognerebbe raccontare. Non ci si può trincerare dietro al fatto che i brigatisti non hanno detto tutta la verità. Non cerco la vendetta, semplicemente una verità sul delitto di Moro, finalmente riconosciuta come strage".
A dirlo è Giovanni Ricci, figlio del carabiniere Domenico Ricci, caposcorta di Aldo Moro morto durante l'attentato di via Fani. Ricci parla così all'Adnkronos parla così a 40 anni dalla cattura del brigatista Mario Moretti. "Con la cattura del brigatista Moretti si è chiusa una fase, oggi siamo nel limbo più assoluto. E' tempo di mettere a un tavolo tutte le parti coinvolte negli anni degli attentati, delle stragi, come quella di via Fani. Finalmente fare pace con quello che è stato - continua - con gli anni Settanta, con tutti quei morti, ribadendo difficoltà, responsabilità. L'odio non fa che lacerare, io ho concesso il perdono a Franco Bonisoli, Adriana Faranda e Valerio Morucci, che me lo hanno chiesto. Moretti non l'ho mai sentito, la Balzerani nel quarantennale ha chiesto chi la ospitava fuori Italia, e ancora continua a raccontare l'ideologia. Prego ogni giorno che magari persone come loro abbiano qualcosa sulla coscienza e possano addivenire a questa sorta di riconciliazione, non per mettere una pietra tombale su ciò che è stato, ma per spiegare ai giovani di oggi cosa è stato di quegli anni".
insieme a lui ha parlato all’AdnKronos anche Ciro Iozzino, fratello del giovanissimo Raffaele agente di scorta del presidente della Dc ucciso insieme ai due colleghi e a due carabinieri durante l'agguato in via Fani.
"Sono passati quarant'anni dalla cattura dell'ex brigatista Mario Moretti e 43 dal rapimento di Aldo Moro. Ma ne possono passare altri 100, io aspetto i mandanti e quando li individueranno, e sarà finalmente fatta giustizia, io sarò lì a chiedergli 'Perché?'". "Io quelle persone che hanno agito da terroristi veri e propri, le ho dimenticate - spiega - Giustizia non esiste fin quando non escono i mandanti, solo quando si saprà chi ha ordinato quel delitto, quel massacro di persone che facevano solo il loro lavoro, allora sì, sarà fatta giustizia. Il giorno che saranno individuati io vorrò parlare con loro per sapere la verità, il motivo per cui hanno eliminato uno dei padri fondatori della Repubblica, il numero 1 in politica, e quei ragazzi che facevano solo il loro dovere, che meritavano di vivere. Potrebbe trattarsi di chiunque, a me non importa, mi devono spiegare perché lo hanno fatto”.

In foto: l'agguato delle Brigate Rosse in via Fani il 16 marzo 1978

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