“Rischiamo di avere un bel regalo per le feste di Pasqua con la pronuncia della Corte Costituzionale che consentirebbe il ritorno a casa, nelle famiglie mafiose, di irriducibili boss stragisti. Quelli che le famiglie per bene le hanno fatte a pezzi”. Non ha usato mezzi termini il senatore del gruppo Misto Mario Michele Giarrusso - un altro degli “eretici” espulsi dal Movimento 5 Stelle - nel suo intervento al Senato in riferimento alla possibile decisione della Consulta di concedere i permessi premio anche per i boss condannati all'ergastolo.
“Noi in una giornata come questa, dove parliamo tanto di aiuti alle famiglie, dobbiamo ricordare anche quelle famiglie che sono state massacrate dagli stragisti” - ha sottolineato Giarrusso - “come la famiglia Nencioni, bruciata nel sonno, da vivi, a Firenze o la famiglia Asta, la povera mamma Barbara con i suoi gemellini di cui sono rimaste solo due ombre di sangue sul muro, nel Trapanese per l’attentato al giudice Palermo”.
Infatti in merito alla questione la maggioranza politica al senato non si è ancora espressa. Quella stessa maggioranza di cui fa parte anche il Movimento 5 Stelle che aveva fatto della lotta alla mafia uno dei punti cardine del suo programma politico.
Quindi cosa dobbiamo pensare? Che la maggioranza approvi e appoggi la posizione dell’Avvocatura dello Stato? Che sia d’accordo nel ridare la libertà a soggetti come i Graviano?
Oltretutto sembra cha la politica stia seguendo le orme di Ponzio Pilato, lavandosene le mani e scaricando sulla magistratura, in particolare su quella di Sorveglianza, la responsabilità della valutazione o meno della scarcerazione dei boss mafiosi, “come per dire ‘la politica non c’entra saranno stati i magistrati a liberarli’, ha detto l’ex senatore pentastellato.
E chi in questo momento non sta intervenendo con i propri mezzi “per impedire questo non potrà dire un domani saranno stati i magistrati” ha sottolineato Giarrusso, concludendo che “saranno le coscienze dei cittadini a capire chi ha armato le penne di quelle che libereranno i magistrati, grazie”.
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- Luca Grossi