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Il Fondatore di Libera intervenuto alla cerimonia di Roma per la memoria delle Vittime delle mafie

Dall'Auditorium del Parco della Musica di Roma al Teatro Massimo di Palermo. Poi Milano, Locri, Torino, Napoli. Così l'Italia si è stretta in un abbraccio ideale in occasione della 26° Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Oltre mille i nomi letti quest'anno.
Senza la possibilità di effettuare la tradizionale manifestazione, la giornata di riflessioni è stata trasmessa in primis dalla Rai e poi, come in una staffetta, in varie dirette social che si sono succedute nell'arco della settimana.
E quel momento in cui vengono letti gli oltre mille nomi delle vittime, scanditi con cura, è un modo per onorarli, farli rivivere e dare forma e sostanza alle loro idee e valori.
Perché dietro a quelle morti ci sono tante storie che vanno ripercorse e prese ad esempio.
Se a Palermo ci si è stretti attorno a Vincenzo Agostino e alla sua famiglia dopo la condanna all'ergastolo del boss Nino Madonia e il rinvio a giudizio di Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto, per un processo atteso oltre trentuno anni dopo la morte del figlio Nino e della nuora Ida Castelluccio (incinta), è da Roma che è intervenuto il Presidente di Libera, don Luigi Ciotti.
Un intervento, il suo, in cui è stata trasmessa l'importanza dell'assunzione di responsabilità, di acquisire la consapevolezza e fare fatti.
Perché si ricorda "la morte delle vittime innocenti della violenza mafiosa per essere più vivi noi, per essere più protagonisti e fare in modo che sia una memoria viva che ogni giorno ci faccia assumere le nostre responsabilità e il nostro impegno. E' questo il senso dei nostri percorsi. I nomi che oggi ricorderemo non devono essere scritti solo sulle lapidi, ma devono essere scritti nelle nostre coscienze. Dobbiamo essere più vivi noi, più attenti e responsabili per fare in modo che la memoria non sia celebrazione e retorica, ma sia una memoria viva, sia impegno e responsabilità di tutti i giorni".
Del resto la lotta alle mafie ed alla corruzione "non è una questione da delegare solo agli addetti ai lavori cui va la nostra riconoscenza, forze dell’ordine, magistrati, prefetture".
"La repressione - ha detto don Ciotti - deve arrivare alla fine di un percorso. Oggi è necessario un pensiero nuovo, radicale e rigeneratore nella lotta alle mafie. Ecco se non rigeneriamo rischiamo di degenerare”. Un intervento in cui sono stati richiamati i valori di una lotta sociale per la parità dei diritti, per il lavoro, per la casa, per la dignità di tutti senza dimenticare che, in tempo di Coronavirus, esiste anche il "mafiavirus" che uccide e prevarica.
"Dobbiamo gridare il bisogno del lavoro, della scuola della cultura della giustizia sociale. Abbiamo bisogno di fatti e concretezza per dare dignità e libertà a tutte le persone - ha affermato prima di ricordare che la prossima è la settimana contro il Razzismo - Anche noi siamo testimoni dell'intolleranza. Della provocazione del razzismo... e contro gli immigrati e della violenza quotidiana contro i minori, le donne e gli zingari. Testimoni dei tanti pregiudizi nei confronti del popolo della strada della diversità. Anche noi siamo testimoni di quegli attivisti difensori dell'ambiente. Nell'ultimo rapporto ci sono stati 212 omicidi, 64 in Colombia, in Asia e in Africa. Uomini e donne che difendono i diritti della Terra. E il 40% di loro sono indigeni, i nativi della foresta". Perché la lotta per la libertà passa anche da queste lotte sociali o nella pretesa di verità per Giulio Regeni, Mario Paciolla o per la liberazione di Patrick Zaki. Un modo per "essere presenti nel ricordo delle vittime e per difendere la libertà e la dignità di tutti".
E lo stesso vale per quegli immigrati che scappano dai teatri di guerra per giungere nel nostro Paese: "Sostenere le Ong è un dovere e una responsabilità perchè vuol dire permettere loro di proseguire nella loro attività di soccorso, vuol dire far parte di quell'Italia che si oppone al naufragio delle coscienze. Per me vuol dire 'salire' su quelle navi per dire che stiamo lottando anche noi perché non si può offendere e mortificare la vita. E' una vergogna respingere lo ius soli, ancora una volta una grave emorragia di umanità. Ci sono leggi inadeguate alcune funzionali a tutelare i potenti. Siamo chiamati a lottare contro impunità per i diritti umani calpestati, violati. Dobbiamo colpire impunità economica che perpetua le ingiustizie. La povertà è un crimine contro l'umanità".

Pericolo crescente di normalizzazione della mafia
"Noi siamo qui perché c'è un grande pericolo che tocchiamo con mano. Dopo tanti anni si sta andando verso una normalizzazione, la normalizzazione delle mafie e della corruzione che sta diventando uno dei tanti problemi. Chi parla oggi della droga? Chi parla di riciclaggio? Chi parla di ecomafia? - si è interrogato don Ciotti - Sulla droga è stato steso un velo ipocrita di silenzio. Dobbiamo guardare alla sorgente di queste catastrofi avere il coraggio di ammettere il fallimento". 
"Occorrono fatti e concretezza nel ricordo delle persone assassinate dalla violenza mafiosa - ha ripetuto con forza il fondatore di Libera - Non possiamo permettere tutto questo. Dobbiamo liberare dalle mafie i territori e soprattutto la vita di tante persone. Ci serve uno scatto da parte di tutti noi e ci vuole un ruolo maggiore dei cittadini, non quelli a intermittenza, a seconda dei momenti e delle emozioni. Ci vuole continuità, condivisione e corresponsabilità. Siamo disposti a collaborare con le Istituzioni se fanno la loro parte, ma se non la fanno allora dobbiamo essere una spina nel fianco per chiedere ciò che è giusto". Don Ciotti ha concluso il suo intervento sottolineando come "la memoria fa paura alle mafie. Non può essere ingabbiata nel passato, ma va vissuta nel presente. Abbiamo il dovere di trasmetterla alle nuove generazioni e trasmetterla a questa meraviglia che sono i nostri ragazzi. Bisogna valorizzare i nostri ragazzi che con punti di riferimento veri, coerenti e credibili, esplodono di forza, passione e creatività. Non prendiamo in giro i giovani. Una società che non scommette sui propri giovani, è una società che non scommette sul proprio futuro".

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