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Giorgio Bongiovanni e Georges Almendras ospiti di Radio Centenario

La mafia non è solo un fenomeno italiano. L’Uruguay, come tanti altri, fa parte di quel gruppo di Paesi in cui le attività mafiose trovano spazio e sono utilizzate affinché la sua struttura criminale funzioni e si espanda. La conoscenza della mafia in questo Paese avviene più grazie ai personaggi del cinema che alle storie dei criminali che uccidono le persone, che compiono truffe, corruzioni, affari di morte, traffici di droga e di armi.
Perché nessuno parla pubblicamente dei contatti della 'Ndrangheta in Uruguay, o della provenienza dei containers di tonnellate di cocaina che coinvolgono proprietari terrieri, uomini d’affari uruguaiani e chi lavora nelle dogane.

A questo proposito, in un'esclusiva intervista che la giornalista María de los Ángeles Balparda, di CX 36 Radio Centenario (nel programma "Mañanas de Radio"), ha realizzato ai giornalisti Giorgio Bongiovanni, direttore di AntimafiaDuemila, e Jean Georges Almendras, direttore di Antimafia Dos Mil in Sudamerica, si è parlato della rete di affari che le mafie italiane sviluppano in questa Parte del Continente Sudamericano.
“Quello delle mafie è un tema politico di tipo internazionale che interessa in maniera importante i governi del Sudamerica e dell'Unione Europea - ha spiegato Giorgio Bongiovanni - I governi non vogliono eliminarlo o contrastarlo. Al contrario nella migliore delle ipotesi convivono, nella peggiore gli uomini del governo sono essi stessi corrotti". Ed è chiaro che "le istituzioni sono sempre sacre come tali, ma eventualmente contaminate dalle colpe dei politici”.
Nel corso dell'intervista si è anche parlato dei rituali che caratterizzano tanto la 'Ndrangheta quanto Cosa nostra. “Dietro ad essi vi è una forte componente 'spirituale' se si vuole. Anche se in forma diversa ricordano molto rituali massonici, rituali cattolici o rituali religiosi. Con la 'punciuta' (il dito punto e la fuoriuscita del sangue) si diviene ufficialmente soldato e si fa anche un giuramento. - ha spiegato ancora il direttore di ANTIMAFIADuemila - Significa che diventano assassini, pronti a corrompere, rubare, darsi alla delinquenza criminale pura. In Cosa nostra si giura bruciando l'immagine di una santina. E la fedeltà, a quel punto, è fino alla morte. Questi rituali, che sembrano scene di film, folcloristiche, sono la forza della mafia”.
Bongiovanni ha poi aggiunto: “La mafia è una famiglia ed ha un comportamento tipico come tale, puro e criminale che vive per attaccare lo Stato, per fare la guerra allo Stato, soprattutto per corrompere lo Stato. Non vogliono neppure sopprimere lo Stato; vogliono corromperlo per far prevalere la loro attività criminale, per servirsene e compiere i loro reati, perché si considerano, in modo delirante, superiori agli altri”.


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Bongiovanni ha dunque evidenziato come il fenomeno sia presente da oltre 150 anni anche a causa della sottovalutazione dello Stato. Anche dopo stragi e delitti eccellenti. “Quando ci sono stragi come quelle di Falcone e Borsellino, dove saltano in aria persone e muoiono innocenti - ha proseguito - lo Stato si è risvegliato per pochi mesi e furono predisposte anche leggi forti. Ma dopo ci si è addormentati ancora una volta. Perché accade? Perché il problema non è solamente politico, è soprattutto economico”. Sul punto ha aggiunto: “Il politico chiede i voti della mafia. In Italia ancora possono far vincere un partito con i voti della mafia in Sicilia, a Napoli. Soprattutto, il politico e l’uomo di potere chiedono la forza economica della mafia. Queste che ti dico sono cifre ufficiali. Le organizzazioni criminali della ´Ndrangheta, di Cosa Nostra, sono padrone del traffico di cocaina nel mondo, vale a dire che a gestire il traffico di cocaina in Uruguay, Paraguay, Bolivia, America Centrale, Messico, USA ed Unione Europea, sono per la maggior parte calabresi, siciliani. L'ultimo sequestro di droga, tonnellate che venivano dal Paraguay, erano nostre. Quando dico nostre lo dico con grande tristezza come italiano. E cosa fanno i governi? Non possono abbattere la forza economica. I narcotrafficanti guadagnano 80 miliardi di euro in contanti ogni anno”.
E poi ancora: “Con i soldi che ha la mafia può comprarsi l'Uruguay con tutti i suoi abitanti e tutto il governo dentro. Per far transitare da Montevideo, Buenos Aires o Asuncion, navi con tonnellate di cocaina - non faccio nomi perché non ho le prove, ma parlo di fatti -, la mafia è capace di pagare persino il ministro della Giustizia, o il Presidente della Repubblica, 100, 200 milioni di euro. Quale uomo di governo rifiuterebbe 200 milioni di euro per far passare una nave? Sono soldi e potere”.

Anche il direttore di ANTIMAFIA Dos Mil, Georges Almendras, ha evidenziato come in Uruguay, come nel resto del Sud America, sia assolutamente sbagliata la visione “romantica” che si ha del fenomeno mafioso. "Il Sud-America negli ultimi 30 anni si è indubbiamente trasformato in un territorio idoneo per la mafia, la quale ha adottato le stesse metodologie operative del sistema mafioso italiano. In realtà anche nel passato, Pablo Escobar. Io ho avuto modo di conversare con suo figlio a Buenos Aires, in occasione della presentazione del suo libro pochi anni fa, e mi diceva letteralmente che suo padre prendeva come modello Totò Riina e Provenzano, entrambi leader di Cosa Nostra, per generare una situazione di terrore in Colombia; erano idoli di Pablo Escobar.
Quindi ha aggiunto: “L’uruguaiano pensa che il sistema mafioso sia lontano, che non ci siano ingerenze da parte del sistema mafioso e che Rocco Morabito sia stata un'eccezione. No. Il sistema mafioso si è trasformato in un importante problema per l'Uruguay. Da alcuni anni si sono verificate nel paese esecuzioni di stampo mafioso, cioè killer in motocicletta, che arrivavano ed uccidevano persone a bordo di un'automobile. Ricordiamo quando nel viale Gianattasio, qualche anno fa, una coppia paraguaiana fu uccisa insieme al loro figlio da sicari, perché erano legati al narcotraffico paraguaiano. Il sicariato è diventato un ingrediente della cronaca nera e un fattore preoccupante per la polizia".
E' un dato di fatto che per far transitare per l’Uruguay grandi carichi di droga sia necessario che “qualcuno del governo si volti dall’altra parte e dia via libera alla movimentazione di tonnellate di cocaina all’interno di containers. Non è un contrabbando di marketing, la questione è più seria”.


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Rocco Morabito: “La sua fuga legata a contatti di alto livello"
Sulla fuga del criminale mafioso Rocco Morabito, latitante per molti anni in Uruguay, arrestato in un hotel, dopo aver commesso l'errore di iscrivere a scuola sua figlia con il cognome originale, Almendras ha raccontato come "qualcuno gli aprì la porta (...). C’è stato un lavoro di logistica, di preparazione. È fuggito con tre ragazzi che furono arrestati 15 giorni dopo e, ad oggi, non si sa dove si trovi. Da indagini in corso in Italia, condotte dalle autorità italiane in Sicilia, a Palermo, si è scoperto che la 'Ndrangheta, come organizzazione criminale, aveva stretti vincoli con elementi mafiosi in tribunali argentini, per ottenere informazione sui movimenti, sulla situazione in quel paese. Inoltre si è scoperto che la 'Ndrangheta ha speso 50.000 euro per la logistica dell’evasione di Rocco Morabito, portati dall'Argentina in Uruguay. Stiamo parlando di una corruzione a livello massivo", ha specificato.

Bongiovanni ha approfondito la figura del boss: "Rocco Morabito è uno dei capi mafiosi più rispettati della Calabria, dell'organizzazione criminale denominata 'Ndrangheta che ha una storia secolare di circa 150, 200 anni. Rocco Morabito viveva in Uruguay da quasi 20 anni. I radioascoltatori devono iniziare a capire che la mafia è ironicamente un'organizzazione molto paziente, molto tollerante, perché aspetta, aspetta il momento più opportuno per agire in quello che purtroppo è l’agire criminale. Le indagini condotte dai pubblici ministeri di Calabria, Giuseppe Lombardo e Nicola Gratteri - ma ce ne sono anche altri - hanno riscontrato che Rocco Morabito è stato in contatto, come referente, diciamo padrino, con narcos uruguaiani, paraguaiani, argentini, e che è il garante del traffico di cocaina di questi paesi per tutti i narcotrafficanti di un certo spessore”.
Quindi ha aggiunto: “Ci sono delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, secondo cui Rocco Morabito e i narcos sotto il suo comando, hanno dato fino a 200 milioni di dollari alle autorità uruguaiane per far transitare la cocaina. Sappiamo i nomi, ma non li dico, non perché io abbia paura, ma perché non ci sono evidenze giudiziarie che possano dimostrarlo, ma loro, i giudici e pubblici ministeri italiani, lo sanno, e stanno investigando. Non escludo che la giustizia italiana porti a processo grandi politici attuali o ex che hanno governato questo paese. E non sto parlando di una fazione di destra, sto parlando sia di quelli che hanno governato a sinistra, che di quelli che hanno governato a destra, entrambi. La mafia ha corrotto persone per permettere il traffico, quindi i pubblici ministeri non escludono che ad aprire la porta sia stato un povero disgraziato che ha avuto soldi da Morabito, - ha commesso un reato, pagherà, ma mi fa pena -, ma dietro di lui c’era qualcosa di molto più in grande. Significa intelligenza, significa personaggi che hanno contatti di alto livello”.

Bongiovanni ha anche indicato alcune possibili forme di contrasto di fronte a certi casi suggerendo di riformare l'intelligence ed emanare un decreto che permetta ai pubblici ministeri di non guardare in faccia nessuno e portare avanti le indagini in quanto “più indipendenti sono i pubblici ministeri, meno avranno problemi con le autorità stesse. Perché se bisogna perseguire persone sospettate o potenti, il pubblico ministero deve avere l'autorità di entrare nelle banche, nei conti ed investigare. Fin quando i pubblici ministeri onesti non avranno questo potere, la polizia giudiziaria che lavora per i pubblici ministeri, esperta in mafia e antimafia e le banche, faranno quello che vorranno”.


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Mafia internazionale, sistema criminale

Altro argomento affrontato è quello dei traffici internazionali di droga ed il collegamento con le altre criminalità organizzate.
"Il traffico internazionale di droga, cocaina, eroina, ma anche anfetamine, pasticche, tutto, i padroni mondiali dell'’occidente vede protagoniste Cosa Nostra e la 'Ndrangheta. - ha ricordato Bongiovanni - Quando parliamo di mondo occidentale significa dai Balcani a tutta l'Unione Europea, tutta l'America Latina e tutti gli Stati Uniti d’America. La parte Orientale del traffico di cocaina, eroina, oppio, è sotto il controllo della Yakuza del Giappone e le Triadi Cinesi. La mafia Russa, che in russo chiamano 'mafìa' è un'imitazione crudele, feroce, della mafia siciliana, ma è contenuta dal presidente Putin, il quale disse ai mafiosi 'voi siete supermilionari, la Russia ha bisogno di questo denaro ma voi fate quello che dico io, rispettate le istituzioni, oppure vi distruggo tutti e mandò un capo della mafia 25 anni in carcere in Siberia per dimostrare che era lui a comandare. Questo non significa che io sia d’accordo o meno, sto semplicemente dicendo le cose come sono. La mafìa russa è contenuta, ha grandi famiglie in USA, ma non è padrona del traffico”.

Il direttore di ANTIMAFIADuemila ha poi proseguito: “L’80% del traffico di cocaina è in mano alla mafia italiana, insieme ai soci colombiani e messicani. Questi sono i cartelli più feroci, ma non possono fare niente senza che siano gli italiani ad avere in mano tutto il controllo. Il traffico di droga è un traffico che nell'Unione Europea, e questo è drammatico, mantiene ad alto livello alcuni settori dell'economia europea, la ricchezza del nostro continente o per lo meno è parte integrante del sistema economico europeo e mondiale”.
Del resto basta osservare i numeri. “Solo negli USA ci sono oltre 100 milioni di consumatori. Pensa che la DEA, l'antimafia degli USA della polizia antidroga, è infiltrata da elementi della CIA, perché la CIA ha bisogno di fondi neri, senza che il Congresso dia l’ordine per i lavori sporchi. Da dove prende i fondi neri la CIA per i colpi di stato, ecc.? Dai narcos, dalla mafia”.
Bongiovanni dunque ha posto delle domande: “Il problema numero uno è la pandemia, ma il problema numero due è la mafia mondiale, la manipolazione del denaro, del traffico di droga e di armi, che è la seconda attività gestita dalla mafia. Come arrivano in tutti i paesi? In Africa, Senegal, Siria, Afghanistan, Etiopia, Zaire, Congo, Mauritania; mezza Africa è in guerra civile. Da dove vengono queste armi? Perché c'è l’embargo dell’ONU per cui non si possono vendere armi, perlomeno la legge italiana non permette di vendere armi a paesi in guerra. Da dove arrivano miliardi di Kalashnikov? Chi gestisce questo traffico?. La mafia è un garante dei governi democraticamente eletti, la mafia si trasforma nell'organizzazione criminale che favorisce quei traffici di cui i governi hanno bisogno, ma sono sporchi. Qual è nel mondo l'organizzazione più professionale, più seria, che compie, che rispetta i patti, per fare lavori sporchi? Si chiama mafia. Questo è il problema numero uno. Non capisco perché (o forse lo capisco) ... i capi di Stato, la politica delle nazioni, dovrebbero sedersi ad un tavolo, all'ONU o dove sia, nell'Unione Europea e dire: 'Quando mettiamo fine a questo fenomeno?'".


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L’America Latina e la mafia
Il direttore di Antimafia Dos Mil Georges Almendras ha ricordato che, in Paraguay, "la mafia ha abbracciato la dittatura, ha abbracciato l'apparato mafioso dell'epoca. Stroessner è rimasto l'emblema fino ad oggi del problema che vive il Paraguay a livello mondiale, qualificato come un narco-stato. Per esempio, il tema che oggi noi stiamo affrontando, è costato la vita a giornalisti paraguaiani”.
E poi ancora: "Dalla fine della dittatura fino al 2017, quando fu ucciso un nostro giornalista che si chiama Pablo Medina (nel 2014), sono stati assassinati dei giornalisti che parlavano contro la mafia, perché la cultura dell'impunità è radicata nelle autorità, negli uomini di governo, e questi stessi uomini di governo e del sistema politico sono strettamente legati alla criminalità, e a coloro che disturbano li eliminano”. Riguardo al giornalismo in Uruguay, Almendras ha precisato che lì non ci sono esecuzioni di giornalisti e, sebbene sia positivo, "significa anche che il giornalismo è stato in un certo senso compiacente; a volte persino indifferente e complice di un sistema finanziario quasi contaminato”.
Alla domanda di un radioascoltatore sulla Cia e l'utilizzo del traffico di stupefacenti dei Servizi di intelligence americani Bongiovanni ha ricordato come “la CIA non commercia eroina e cocaina, ma permette che lo faccia la mafia chiedendo tangenti”. Quindi ha ricordato lo scandalo dei Contras in Nicaragua o ancora il caso di Pablo Escobar: “Era un uomo della CIA; lo sappiamo grazie al figlio e ad indagini giudiziarie svolte negli anni ’80, quando la droga doveva entrare negli USA. Quando Pablo Escobar intraprese una politica contro gli USA, quando chiedeva la non estradizione dei mafiosi, quando iniziò ad affrontare il governo americano, lo uccisero”.

Infine, rispondendo ad una domanda della giornalista sulla presenza di molti giovani impegnati nell’Antimafia, Bongiovanni ha spiegato: "Ho una figlia che è la fondatrice del movimento artistico culturale Our Voice. Si può dire che è quasi cresciuta in Uruguay. È italiana, studia all'università di arte drammatica a Palermo e questo movimento di sudamericani e italiani, in questo momento soprattutto Sud-America ed Italia, Uruguay in particolare, porta in scena spettacoli emozionanti. Il prossimo, “Nel nome di mio figlio", andrà in scena il 12 marzo al Teatro Stella. L’opera teatrale sarà una denuncia contro la dittatura in Uruguay e Argentina, con attori nuovi ma straordinari. Sono giovani. È sorprendente che giovani che sono contro le droghe si riuniscano e facciano teatro, arte, poesia e musica per cercare di cambiare il mondo, e l'utopia del giovane è proprio questa. Quando il giovane vuole cambiare il mondo con la musica, l'arte e il cinema, significa che ancora bisogna avere speranza”.

Foto © ACFB

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