Nuovi scenari nelle compagini mafiose sono emersi dalla Relazione semestrale della Dia
"La struttura delle organizzazioni malavitose nel territorio siciliano risulta eterogenea evidenziando nella parte occidentale dell’isola ‘famiglie’ più rigidamente strutturate ed ancorate al territorio di riferimento, mentre in quella centro-orientale sodalizi dai contorni più fluidi e flessibili". È quanto emerge dalla Relazione semestrale della Dia, presentata al Parlamento, in merito all'analisi del fenomeno mafioso e i suoi profili evolutivi in Sicilia nel 2020. Le dinamiche strategiche e operative continuano ad "evidenziare i tradizionali forti legami dei clan, prodromici alla spartizione dei settori criminali e delle aree di influenza di ciascuna articolazione". Permangono, tuttavia, “tradizionali conflittualità a carattere per lo più carsico, esistenti tra le organizzazioni criminali che operano sugli stessi territori”, ha dichiarato il Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, Carmelo Zuccaro. Quest’ultimo, inoltre, ha evidenziato “l’avvenuta riorganizzazione dei livelli apicali delle compagini criminali, necessaria in conseguenza delle numerose misure cautelari eseguite nei confronti sia di Cosa nostra catanese, che di Cosa nostra calatina”. Infatti, come ha ricordato Francesco Messina (Direttore Centrale Anticrimine), “[…] Le attuali dinamiche evolutive denotano un mai sopito intento di restituire consistenza all’organizzazione criminale attraverso le sue articolazioni territoriali, che […] sono ancora capaci di incidere sul controllo delle attività economiche nel territorio”. In altre parole, Cosa nostra in Sicilia si è orientata verso la ricerca di "una maggiore interazione tra le varie articolazioni provinciali” con “l’organizzazione di riservati incontri tra appartenenti di spicco di diversi mandamenti mafiosi, anche di province diverse".
Cosa nostra catanese e la struttura piramidale
Secondo quanto emerge dalla Relazione della Dia, il panorama mafioso catanese è saldamente ancorato ad organizzazioni criminali storiche e consolidate. “Continua a mantenere un’incontrastata egemonia nell’intera parte orientale dell’isola, compresa la zona peloritana - nebroidea, nonché su talune aree dell’ennese”. Ancora oggi, inoltre, Cosa nostra catanese mantiene una struttura piramidale. Ancorate in posizione verticistica ci sono le famiglie di Cosa nostra etnea dei Santapaola-Ercolano, dei Mazzei, dei La Rocca e quella dei Ramacca. A livello intermedio, invece, “si riscontra la presenza di sodalizi fortemente organizzati, come quello dei Cappello-Bonaccorsi e dei Laudani, mentre alla base dell’organizzazione si collocano gli affiliati dei clan Pillera e Sciuto, Cursoti, Piacenti e Nicotra, in parte inglobati nelle meglio organizzate famiglie mafiose”. Infine, “sotto il profilo operativo le famiglie catanesi mantengono stabili rapporti di collaborazione con i sodalizi periferici, ritenuti utili al controllo capillare del territorio nonché necessari per rendere salda la struttura criminale”. Sulla questione, Carmelo Zuccaro (Procuratore Distrettuale Antimafia di Catania), ha evidenziato che: “È stato riscontrato, anche in contesti geografici diversi dalla provincia etnea, che articolazioni locali della famiglia Santapaola-Ercolano, si rapportino con sodalizi mafiosi ad essa contrapposti nello stesso territorio, addivenendo, se del caso, ad accordi spartitori nella gestione delle attività illecite e, più in generale, nelle infiltrazioni del tessuto imprenditoriale”.
I cardini delle attività criminali
Sono numerosissimi i cardini intorno ai quali ruotano le attività criminali, che, nonostante la pandemia, sono rimasti gli stessi: “Estorsioni ed usura, narcotraffico e gestione dello spaccio di stupefacenti, controllo del gioco d’azzardo (legale e illegale), inquinamento dell’economia dei territori, soprattutto nei settori dell’edilizia, del movimento terra, dell’approvvigionamento dei materiali inerti, dello smaltimento dei rifiuti, della produzione dell’energia, dei trasporti e dell’agricoltura”. Tutte attività spesso realizzate grazie all’infiltrazione o al condizionamento degli Enti locali. Anche il “microcrimine” continua ad essere consistente nel panorama catanese. Stando al documento della Dia, il rapporto della criminalità mafiosa con la piccola delinquenza locale è “spesso impiegata come forma di manovalanza, garantendo in questo modo alle famiglie la ‘fidelizzazione’ dei piccoli sodalizi, anche stranieri”, nonostante il ricorso di Cosa nostra alle organizzazioni etniche risulti limitato ad una collaborazione per attività criminali circoscritte e di basso profilo.
Narcotraffico internazionale
La Dia dedica particolare attenzione anche al narcotraffico di Cosa nostra catanese. Un settore criminale da sempre di maggiore interesse e redditività per le organizzazioni mafiose. Le attività investigative condotte nel semestre, infatti, “confermano che il traffico e lo spaccio di droga continua ad essere una delle principali attività criminali, così come è ampiamente dimostrata e consolidata la collaborazione tra consorterie catanesi, clan campani e ‘ndrine calabresi, nonché un consolidato scambio di rapporti con Malta”. Al riguardo, particolare attenzione merita l’operazione “Shoes”, del maggio 2020, che “ha rivelato importanti collegamenti tra sodalizi catanesi, clan campani e gruppi di albanesi - di stanza nel Lazio - per l’approvvigionamento di varie tipologie di droga, tra cui il crack”. Anche l’indagine “Halcon” (condotta nel febbraio 2020) merita una giusta e attenta analisi. Trattasi di un’operazione che “ha consentito di focalizzare come la provincia etnea sia diventata un hub cruciale per l’importazione della droga dal Sud America. La struttura criminale colpita, ben organizzata e collegata al ‘cartello di Sinaloa’, oltre al traffico di stupefacenti, era dedita alla realizzazione di molteplici reati satellite attraverso un gruppo attivo in Italia, Spagna ed America Latina”. “Sebbene le indagini non abbiano consentito di individuare il coinvolgimento delle famiglie di Cosa nostra catanese – si legge nella relazione - è ragionevole chiedersi se le consorterie mafiose siciliane, capillarmente presenti nel territorio ed insinuate in tutti i meccanismi produttivi legali e illegali, possano accettare l'attività di gruppi criminali dediti a illeciti che coincidano con i loro interessi tipici. Infine, l'attività estorsiva rimane alla base di tutto il modus operandi dei sodalizi mafiosi”.
Le donne e i loro ruoli cruciali all'interno dei clan
Un altro dato rilevante riguarda il ruolo della donna all'interno dei clan. “In seno all’operazione ‘Camaleonte’ – si legge nel documento - sono state evidenziate, di contro, le modalità con le quali il clan mafioso catanese, dedito soprattutto al traffico e allo spaccio di droga, rapine ed estorsioni, traeva ingenti benefici dai propri affari illeciti. È emerso, in particolare, il significativo ruolo svolto dalle donne del clan che, come sottolineato anche dal Procuratore di Catania nel corso di una conferenza stampa, è risultato fondamentale sia per supplire all'assenza dei capi ristretti in carcere, sia per la gestione quotidiana degli affari del gruppo criminale”. Le donne infatti, “si sostituivano ai loro parenti detenuti con la diligenza e con la meticolosità del lavoro che è tipica di chi sposa appieno quella vita; le donne davano, inoltre, un fortissimo supporto all’attività anche quando i capi erano fisicamente presenti, ad esempio tenendo la contabilità del traffico di droga”. “Del resto – ha scritto la Dia -, è stato accertato che potevano ordinare l’eventuale ‘recupero crediti’ talvolta anche con metodi violenti”.
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