Nel fascicolo indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri
La Direzione distrettuale antimafia di Firenze, con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia, è "tuttora impegnata nella complessa e delicata attività di indagine volta a chiarire i punti ancora oscuri delle cosiddette 'stragi di Mafia', che, come noto, hanno interessato anche Firenze. A tal fine, interagisce con gli altri Uffici distrettuali interessati, con leale e fruttuosa sinergia operativa". E' quanto si legge nella relazione sull'attività degli Uffici requirenti del Distretto giudiziario di Firenze per l'anno 2020, depositata ieri in occasione della cerimonia di inaugurazione del nuovo anno giudiziario. Un'inchiesta che vede come indagati l'ex Premier Silvio Berlusconi e l'ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell'Utri, già condannato in via definitiva (pena scontata) per concorso esterno in associazione mafiosa e condannato in primo grado per la trattativa Stato-mafia.
Il dato era noto da tempo, ovvero da quando nel 2017 fu aperto il fascicolo dopo la trasmissione di atti, pervenuti da Palermo, con le intercettazioni dei colloqui in carcere del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, effettuate nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
"Berlusca mi ha chiesto questa cortesia, per questo c'è stata l'urgenza” diceva il capomafia durante l’ora di passeggio con il camorrista Umberto Adinolfi nel carcere di Ascoli Piceno.
Poi, al processo d'appello Stato-mafia era anche stato confermato che l'ex Cavaliere era finito sotto inchiesta proprio con l'accusa di essere un possibile mandante delle stragi in Continente (quelle del 1993 e del 1994, compresi gli attentati al pentito Contorno, quello dell'Olimpico e al conduttore Maurizio Costanzo).
Nell'ultimo anno non sono mancati gli impulsi investigativi di approfondimento: dalle dichiarazioni di Giuseppe Graviano al processo 'Ndrangheta stragista a quelle di Salvatore Baiardo, gelataio piemontese di origini siciliane che all’inizio degli anni '90 curò la latitanza dei fratelli Graviano, con ogni probabilità sentito dalla Procura fiorentina prima ancora della puntata di Report dello scorso 4 gennaio in cui fu mandata in onda un'intervista inedita dello stesso.
Proprio il boss di Brancaccio, sentito per più udienze davanti alla Corte d'Assise di Reggio Calabria, aveva dichiarato di essere stato in affari con l’ex presidente del consiglio, grazie agli investimenti compiuti dal nonno a Milano negli anni ’70.
Disse, senza fare specifici riferimenti, anche di “imprenditori di Milano” che non volevano fermare le stragi. E poi ha invitato la procura reggina, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, a indagare sul suo arresto per scoprire i mandanti delle stesse stragi.
I legali di Berlusconi, in primis l'avvocato Niccolò Ghedini, hanno sempre sostenuto che le dichiarazioni del capomafia non sono altro che illazioni. Certo è che ci sono sentenze che già attestano come Berlusconi, quando ancora non era premier, abbia comunque pagato la mafia.
La Procura di Firenze (il Procuratore Capo Giuseppe Creazzo, il procuratore aggiunto Luca Tescaroli e il pm Luca Turco) vuole andare fino in fondo e, in concerto con la Procura nazionale Antimafia, la Procura di Reggio Calabria, quella di Caltanissetta e di Palermo, si sta occupando di verificare tutti gli elementi fin qui emersi.
L'apertura dell'anno giudiziario, in questo senso, ha dato un'ulteriore spinta, tra inviti e conferme, nella ricerca della verità.
Un lavoro "duro e difficile", come ha ricordato il consigliere togato del Csm Nino Di Matteo a Caltanissetta rivolgendosi ai magistrati del distretto: "Intendo rappresentarvi la consapevolezza dell'intensità degli sforzi che ancora dovranno essere fatti nella direzione della ricerca di mandanti e moventi ulteriori, anche e soprattutto esterni alla criminalità mafiosa in senso stretto, delle stragi del 1992. Sarete chiamati a lavorare con impegno, coraggio, costanza, umiltà, intelligenza, senza tentennamenti, senza arretramenti e senza assecondare la pericolosa logica, alimentata oggi da più parti, della rassegnazione a considerare impresa impossibile quella di colmare le evidenti lacune di verità che ancora residuano. Il vostro sarà un lavoro duro e difficile che vi esporrà a prevedibili attacchi e delegittimazioni e rischi di ogni tipo".
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