Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

durso giovanni vertical da dellarepubblica it"Quaranta anni fa, il 12 dicembre 1980, le Brigate Rosse rapirono Giovanni D'Urso, magistrato direttore dell'ufficio detenuti del ministero della Giustizia. D'Urso venne più volte 'interrogato' dai terroristi: per il suo silenzio venne condannato a morte e rischiò di essere ammazzato". E’ con queste parole che il consigliere togato del Csm, Sebastiano Ardita, in apertura del plenum di oggi, ha ricordato il giudice Giovanni D'Urso (in foto), sottolineando che "dopo qualche giorno il Governo in modo unilaterale decise di chiudere il carcere dell'Asinara, ma quando le Br, in cambio del suo rilascio, chiesero molto più banalmente di pubblicare alcuni comunicati sui giornali tutti si opposero fermamente. Nanni rimase solo, con l'eccezione di Marco Pannella che mise a sua disposizione lo spazio tv del partito Radicale, nel corso del quale la figlia Lorena lesse quei comunicati, in cui il padre veniva definito 'boia', facendo commuovere l'Italia intera. Nanni fu poi rilasciato e concluse la carriera come presidente della prima sezione della Cassazione, ma si ammalò e morì prematuramente". Come ha ricordato il consigliere, al funerale di D’Urso "mi recai mentre occupavo il posto di direttore dell'ufficio detenuti che gli era appartenuto. A quella cerimonia era presente qualche decina di persone, solo parenti e amici più stretti. A parte 4 colleghi della Cassazione, lo Stato era assente: non vi era neppure una corona, una divisa o una figura istituzionale a rappresentarlo. Nanni - ha aggiunto - tenne un comportamento eroico ad occupare un posto dopo che due direttori erano stati uccisi, Girolamo Tartaglione e Girolamo Minervini, e a resistere 40 giorni al rapimento, agli interrogatori ed alla tortura psicologica della condanna a morte da eseguire. Oggi - ha concluso il magistrato - niente lo ricorda: né una via, neppure una sperduta sala di uno spaccio per agenti porta il suo nome. La vita di Giovanni, il suo abbandono in prigionia, la sua dimenticanza, rappresentano una mancanza imperdonabile per le Istituzioni".

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos