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Indagato anche il sindaco di Calatafimi

Nel corso della notte i poliziotti della Servizio centrale operativo e delle squadre mobili di Trapani e Palermo hanno eseguito nel trapanese tredici fermi disposti dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Ad essere colpiti soggetti secondo gli inquirenti appartenenti al clan di Calatafimi-Segesta e molto vicini al superlatitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Sono ancora in corso anche una serie di perquisizione nelle campagne del trapanese per la ricerca di armi.
In totale nell'inchiesta gli indagati sono una ventina, tra cui anche il primo cittadino di Calatafimi.
Le accuse ipotizzate a vario titolo sono di associazione mafiosa, estorsione, incendio, furto, favoreggiamento personale e corruzione elettorale, aggravati dal metodo mafioso.
Colpiti dalle idnagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessì e Piero Padova, anche alcuni imprenditori locali e Salvatore Barone, ex presidente del consiglio di amministrazione ed ex direttore dell'azienda per i trasporti Atm di Trapani.
Barone, che è stato fermato con l'accusa di associazione mafiosa, è anche presidente della cantina sociale Kaggera di Calatafimi e secondo gli inquirenti era al servizio del capo della famiglia mafiosa di Calatafimi, Nicolò Pidone, anch'egli finito in manette. Pidone, direttamente o attraverso il proprio uomo di fiducia, Gaetano Piacenza, allevatore messo ai vertici della società, decideva chi assumere scegliendo il personale in modo da aiutare le famiglie dei detenuti mafiosi e disponeva che ad esponenti di Cosa Nostra venissero dati soldi.
Tra le assunzioni più importanti, volte a favorire i clan, figura quelle di Veronica Musso, figlia del boss Calogero Musso, ergastolano, ex capo della "famiglia" di Vita. Barone, inoltre, avrebbe procurato voti al sindaco di Calatafimi Segesta (Trapani), Antonino Accardo, oggi indagato per corruzione elettorale.
Dalle intercettazioni è emerso che il primo cittadino avrebbe pagato 50 euro a voto per le elezioni dell'anno scorso a sindaco del comune di Calatafimi Segesta (Trapani).

I summit nella masseria
Durante le indagini è stato individuato anche il luogo in cui la famiglia mafiosa faceva i summit: una dependance fatiscente vicina alla masseria di  Pidone. Tra gli indagati anche altri condannati per Mafia come Rosario Leo, pregiudicato che vive a Marsala, e cugino di Stefano Leo, molto vicino al boss di Mazara del Vallo Vito Gondola, oggi deceduto e che negli anni scorsi gestiva il sistema di comunicazione del superlatitante Messina Denaro, e a Sergio Giglio, coinvolto nell'inchiesta sui favoreggiatori del capomafia Matteo Messina Denaro. Dello storico padrino, però, non vi è alcuna traccia.

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