La "confessione" nell'intervista al Corriere della Sera
Dopo tante bugie finalmente il ministro della giustizia Carlo Nordio, intervistato da Il Corriere della Sera, ha svelato il vero obiettivo del ddl costituzionale sulla separazione delle carriere. Un'ammissione/confessione che dovrebbe far riflettere gli italiani - chiamati ad esprimersi un primavera con un referendum - sui motivi per cui il governo vuole a tutti i costi questa riforma. Non c'entra niente il diritto dei cittadini o il miglioramento della giustizia, ma la necessità di evitare inchieste e processi a carico della futura classe dirigente, di qualsiasi colore essa sia.
Un primo passo per poi condurre i pubblici ministeri sotto il giogo del governo di turno.
Per questo, secondo Nordio, ciò dovrebbe unire tutti i partiti, anche quelli di minoranza. Lo ha detto chiaramente. La riforma "fa recuperare alla politica il suo primato costituzionale". Dopo aver ricordato che "il governo Prodi cadde perché Mastella, mio predecessore, fu indagato per accuse poi rivelatesi infondate" ha aggiunto: "Mi stupisce che una persona intelligente come Elly Schlein non capisca che questa riforma gioverebbe anche a loro, nel momento in cui andassero al governo".
Ecco come la giustizia diventa "vantaggio politico" e non garanzia per tutti.
Non a caso il richiamo al caso di Clemente Mastella, che si dimise nel 2008, lascia intendere che con il nuovo assetto costituzionale di indagini sul governo e sui ministri, non se ne vedranno più.
Come ha ricordato pochi giorni fa dal Procuratore capo Nicola Gratteri in un'intervista a La Repubblica "La riforma è pericolosa sotto diversi punti di vista. Allontana i pm dalla giurisdizione, equiparandolo a una parte privata. La mission del pubblico ministero non è quella di risolvere un caso a tutti i costi, ma cercare di arrivare alla verità, anche indagando a favore del sospettato, proprio perché a differenza degli altri attori processuali, non deve tutelare interessi di parte. Come ho detto più volte, i passaggi di funzione oggi sono limitatissimi e quando si verificano comportano il cambio di regione. Inoltre, non vi è alcun appiattimento dei giudici ai pm, non spiegandosi altrimenti il numero elevato di assoluzioni. Per cui l'obiettivo logico di questa riforma, non essendovene altri, è quello della successiva sottoposizione del pm al potere esecutivo, con buona pace della tutela dei cittadini".
I segnali portano tutti in quella direzione.
Poco importa se dalla maggioranza giurano e spergiurano che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura non verrà messa in discussione o che non verrà mai toccata l'obbligatorietà dell'azione penale.
La realtà è che c'è già chi, da dentro e fuori la politica, suggerisce nuovi interventi in questo senso.
Già la riforma Cartabia ha introdotto primi criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale.
Passo dopo passo questo governo vuole andare oltre con le Procure che diventeranno dipendenti dal ministero della giustizia, il quale indicherà al pm quale inchiesta aprire e quale no. Se così sarà, come abbiamo già detto in altre occasioni, si dovrà pensare di riscrivere anche la storica frase all'interno delle aule di giustizia. E in nome del popolo italiano la legge non sarà più "uguale per tutti".
Foto © Imagoeconomica
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