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Un permesso di soggiorno per chi collabora con la giustizia, assistenza gratuita, protezione sociale e legale. È la risposta delle istituzioni a chi trova il coraggio di ribellarsi a condizioni di lavoro disumane.
Al Palazzo di Giustizia di Prato ieri è stato presentato e firmato un protocollo d'intesa per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo, un documento che segna un cambio di passo nella lotta alle nuove forme di schiavitù. 
"Il protocollo non è solo un atto formale - ha sottolineato il procuratore capo di Prato Luca Tescaroli - ma un segno concreto di civiltà giuridica. Vogliamo riaffermare il valore supremo della dignità umana come fondamento della legalità economica e della convivenza democratica".
Il documento, illustrato dal magistrato, mira a creare percorsi di protezione, sostegno e reinserimento sociale per i lavoratori stranieri vittime di reati legati allo sfruttamento, "una moderna forma di schiavitù" - ha spiegato lo stesso Tescaroli - "alimentata da imprenditori senza scrupoli spesso inseriti in circuiti economici criminali di matrice transnazionale".
In tutto hanno firmato: la procura, questure, comandi provinciali di carabinieri e guardia di finanza, Regione Toscana, Comune di Prato, Inps, Asl Toscana Centro e Reti Antitratta degli esseri umani.
L'obiettivo è chiaro: proteggere chi decide di denunciare, garantendo assistenza, sicurezza e, soprattutto, dignità.
È la prima volta che una previsione di questo tipo viene messa nero su bianco in Italia, pensata per contrastare un fenomeno che, soprattutto a Prato, ha assunto i contorni di un'emergenza strutturale. Nel distretto parallelo del Macrolotto, la zona industriale pratese dove si concentrano centinaia di aziende tessili, spesso riconducibili a imprenditori di origine cinese, si lavora senza orari, senza diritti e senza tutele; turni massacranti, salari da fame, fabbriche trasformate in dormitori. È lì che si consuma ogni giorno quella che il procuratore Luca Tescaroli non ha esitato a definire una moderna forma di schiavitù. Da febbraio a oggi, 129 lavoratori stranieri hanno già scelto di rompere il silenzio. Cinesi, pakistani, bengalesi, senegalesi, gambiani: uomini e donne spesso irregolari, ricattabili, ma finalmente pronti a chiedere aiuto. Grazie al protocollo, chi decide di collaborare non sarà più solo. Non rischierà conseguenze per la sua condizione di clandestinità, potrà accedere gratuitamente a una rete di protezione che prevede supporto legale, interpreti, assistenza sanitaria, alloggio, inserimento lavorativo, senza doversi far carico di alcun costo. Il percorso sarà guidato, umano, sicuro. Un ponte tra il sommerso e la giustizia. Sul versante repressivo, l'attenzione delle autorità è massima. Il procuratore ha parlato apertamente di una rete criminale di matrice sinica, capace di generare un'economia parallela fondata sullo sfruttamento e sulla concorrenza sleale nei settori tessile, logistico e produttivo. Non si tratta solo di fabbriche abusive, ma di un sistema organizzato, spesso transnazionale, che alimenta illegalità, violenza e omertà. Nel mirino, anche gli imprenditori italiani che, ha spiegato Tescaroli, "senza scrupoli approfittano del lavoro nero e delle condizioni disperate dei migranti per massimizzare i profitti, rendendosi complici di un'economia disumana".
Il neo rieletto presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani ha ringraziato il magistrato sul suo profilo Instagram per "il lavoro prezioso e per la visione di una giustizia che si fa anche umanità e responsabilità collettiva. La Toscana c'è dalla parte della legalità, del lavoro giusto, delle persone. Perché nessuno sia mai più invisibile".

Foto © Paolo Bassani 

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