Il 14 settembre del 1992 sul lungomare di Mazara del Vallo, la squadra di killer più clamorosa della storia di Cosa nostra (autista Matteo Messina Denaro e killer cecchini Giuseppe Graviano e Leoluca Bagarella) cercano di uccidere Calogero Germanà vicequestore della polizia di Stato. La storia del tentato omicidio Germanà non è stata analizzata abbastanza a fondo; è la storia di un funzionario di polizia che aveva due caratteristiche: la prima, Paolo Borsellino anche dopo la strage di Capaci lo voleva a Palermo perché collaborasse con lui e naturalmente il Viminale negò. Me c'è anche una seconda caratteristica: era stato delegato a fare degli accertamenti che lo avevano portato a mettere nero su bianco alcune circostanze particolarmente delicate, che partivano dal tentativo di aggiustamento del processo per l'omicidio del capitano Emanuele Basile. Processo che era stato istruito all'inizio della sua attività all'ufficio istruzione di Palermo proprio da Paolo Borsellino.
Ma nella stessa indagine il vice questore Germanà parlò anche di un aggregato massonico.
Germanà si occupava di questioni che non riguardavano i bassi mafiosi di periferia ma di un gruppo di potere deviato che comprendeva appartenenti a Cosa nostra come il massone Agate, e altri soggetti che poi sarebbero stati conosciuti solo grazie alle confidenze di Luigi llardo. La richiesta di Borsellino però non fu ascoltata e Germanà venne convocato dai vertici di polizia, rimproverato e relegato a dirigere a Mazzara del Vallo.
L’informativa di Rino Germanà
Il legale di Salvatore Borsellino, Fabio Repici, durante la sua audizione alla commissione antimafia ha ricordato che “Diego Cavaliero in più occasioni, quando gli è stato chiesto chi fossero gli ufficiali di polizia giudiziaria in assoluto più vicini a Paolo Borsellino ha fatto sempre ed esclusivamente due nomi. Per intenderci nessun ufficiale del Ros. Ma un carabiniere che era in quel momento il comandante della sezione di polizia giudiziaria della procura di Marsala, il maresciallo Carmelo Canale che accompagnò il dottor Borsellino fino agli ultimi giorni di vita, il secondo era un funzionario di polizia, il dottor Rino Germanà”. Nel giugno 1992 (un mese dopo l’attentato che uccise Falcone) venne incaricato di indagare su alcune pressioni denunciate da due magistrati di Palermo in merito al processo per l’omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile.
I due magistrati denunciarono il tentativo di pilotare il verdetto del processo, un tentativo – scoprì lo stesso Germanà – condotto dal notaio Pietro Ferraro a nome di Vincenzo Inzerillo (nato a Palermo il 24 luglio 1947 e senatore Dc eletto nel collegio di Brancaccio a Palermo e poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa). “Anni dopo abbiamo scoperto che Vincenzo Inzerillo, come da condanna irrevocabile per concorso esterno in associazione mafiosa” era persona “a disposizione di Giuseppe Graviano. Cioè proprio l’uomo che ha gestito la fase esecutiva della strage di via d’Amelio”. Germanà, titolare delle indagini per l’individuazione del mandante del notaio Ferraro scisse un’informativa “in cui vi scrisse anche il nome di Luigi Savona”.
Quest’ultimo, come risulta dai processi denominati “Grande Oriente”, era stato indicato dall’infiltrato Luigi Ilardo “come il soggetto originario della Sicilia ma trapiantato a Torino che aveva curato l’ingresso della massoneria in Cosa Nostra”. Inoltre, sempre in base alle confidenze di Luigi Ilardo, sarebbe stato “il soggetto che aveva avviato l’indirizzo di Cosa Nostra verso una strategia stragista in contatto con esponenti di apparati istituzionali e esponenti del mondo massonico”.
Come risultato Germanà venne trasferito nuovamente a Mazara del Vallo per dirigere il commissariato come già otto anni prima. In pratica una retrocessione.
Segui il PODCAST: Nero su Bianco
ARTICOLI CORRELATI
Trattativa Stato-mafia: l'ombra di Calogero Mannino dietro i misteri sul fallito attentato a Rino Germanà
Fabio Repici: ''Su strage via d'Amelio c'è il marchio del Viminale dell’epoca e della Polizia di Stato''
Trascrizione conclusioni Fabio Repici - Borsellino Quater
