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I dem denunciano l’ingerenza dell’ex generale Mario Mori dietro Chiara Colosimo mostrata da Report su Rai3

I membri del gruppo Pd in commissione Antimafia – Walter VeriniDebora Serracchiani, Enza RandoGiuseppe ProvenzanoFranco MirabelliValeria ValenteAnthony BarbagalloValentina Ghio – hanno inviato alla presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo, un documento in cui esprimono profonda preoccupazione per la situazione all’interno della stessa: "La situazione creatasi in Commissione è diventata molto grave, seria e pesante. Il lavoro e il ruolo della commissione sono a rischio delegittimazione. Come Pd non vogliamo né possiamo consentirlo. E ci batteremo perché non avvenga. Occorrono immediatamente chiarimenti, prese di distanza, cambio di atteggiamento e modo di conduzione da parte della stessa presidente".
Nel testo si evidenziano gravi criticità nelle recenti audizioni del generale Mario Mori e del colonnello Giuseppe De Donno, definite "sconcertanti", in particolare per il "rifiuto sistematico di questi due auditi di rispondere a domande corrette e precise poste dai commissari Pd", riguardanti il contesto delle stragi di Capaci e Via d’Amelio, gli omicidi eccellenti, e le relazioni tra mafia e appalti. Secondo i parlamentari, non si può ridurre quanto accaduto in quegli anni solo a dinamiche criminali isolate: "Anni in cui mafie, settori della politica trovarono convergenze e comuni interessi per influenzare il corso politico del Paese, con il contributo di noti ambienti dell'estremismo nero e, purtroppo, anche di pezzi deviati dello Stato". 
I dem giudicano "inammissibili i silenzi di questi due personaggi", e sottolineano come le dichiarazioni abbiano "toccato il fondo" con "incredibili giudizi di stima (da parte di De Donno) nei confronti di un condannato definitivamente per associazione mafiosa (Marcello Dell’Utri)" e "giudizi di disprezzo (da parte di Mori) nei confronti – genericamente – della Procura di Palermo". Secondo il documento, "questi giudizi offendono la memoria di vittime delle mafie, di magistrati che hanno speso la vita contro la criminalità organizzata, offendono lo stesso ruolo della Commissione Antimafia". Di qui l’appello a "prendere radicalmente le distanze", per non compromettere la credibilità della commissione e della sua presidenza.
Il documento prosegue denunciando quanto emerso dalla trasmissione Report, condotta da Sigfrido Ranucci, secondo cui il generale Mori, oggi indagato dalla procura di Firenze per le stragi, avrebbe cercato di condizionare i lavori della Commissione Antimafia: "Manovre e tentativi che Mori stesso avrebbe esercitato per condizionare il corso dei lavori della commissione, definirne il perimetro, influenzare addirittura la scelta di consulenti. Esisterebbero atti e intercettazioni che dimostrerebbero questa inammissibile ingerenza nell'autonomia di un organismo parlamentare". Da qui la richiesta di acquisire gli atti dell’inchiesta fiorentina e convocare nuovamente Mori, "non tanto sotto forma di audizione quanto nella forma di interrogatorio giurato".
I parlamentari dem criticano anche la gestione della presidente Colosimo, che "ha cercato di fatto di sindacare e condizionare la libertà di domanda da parte dei commissari", tentando di ridurre la narrazione delle stragi al solo tema "mafia e appalti", ed evitando il collegamento con il "quadro più generale di cambiamento politico". La denuncia è netta: "Cercano di riscrivere la storia di questo Paese, attraverso intollerabili colpi di spugna, delimitazioni e oscuramenti di responsabilità, a tutti evidenti".
Oltre alle criticità evidenziate, i deputati chiedono anche l’audizione del dottor Gian Carlo Caselli, già capo della procura di Palermo e figura di primo piano nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata. Il Pd sollecita un'accelerazione dei lavori della commissione sulle minacce attuali rappresentate dalle mafie, che oggi operano nella cybersicurezza, nella finanza internazionale, nel riciclaggio di proventi illeciti, nell’infiltrazione dell’economia legale e nelle istituzioni, spesso con connivenze politiche locali.
Si punta anche il dito contro le politiche del governo, accusato di "sistematico indebolimento dei presidi di legalità, prevenzione e contrasto", attraverso strumenti come i subappalti, le limitazioni alle intercettazioni e ai sequestri di smartphone, la riduzione della lotta alla corruzione e l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Vengono criticati anche "i tentativi di allentare controlli Antimafia su colossali (e discutibilissime) opere pubbliche, come il Ponte sullo Stretto", così come "il fastidio per i controlli, la separazione dei poteri e per il giornalismo d’inchiesta".
Il documento conclude ribadendo la necessità di "rafforzare la legislazione Antimafia" con misure di prevenzione, sostegni alla gestione dei beni confiscati, tutele per testimoni di giustizia e vittime della mafia, e supporto a familiari e minori che vogliono affrancarsi dalla violenza criminale. "Questo è un lavoro serio che la commissione Antimafia dovrebbe svolgere, nel solco delle sue migliori tradizioni, e insieme a una rete di migliaia e migliaia di persone, di ragazze e ragazzi, di associazioni che si battono ogni giorno in Italia per un futuro di rispetto delle regole e di legalità".

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