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Il mondo è ora massima tensione, dopo che nella notte tra il 21 e 22 giugno 2025, gli Stati Uniti hanno lanciato l'operazione "Midnight Hammer" contro i siti nucleari iraniani di Fordow (impianto sotterraneo di arricchimento), Natanz (centrale di centrifughe) e Isfahan (laboratorio di conversione dell'uranio).
Si tratta della più grande operazione militare che ha coinvolto 7 bombardieri B-2 Spirit, partiti dalla base di Whiteman (Missouri), con un carico di 16 bombe GBU-57 Mop da 13 tonnellate ciascuna, progettate per distruggere i bunker sotterranei. 
Il presidente Donald Trump ha definito l’operazione “uno straordinario successo militare”, affermando che “le principali strutture di arricchimento nucleare dell’Iran sono state completamente e totalmente distrutte” e che “le capacità di arricchimento di uranio dell’Iran sono ora cancellate”.
Immagini satellitari pubblicate da Al Jazeera mostrano “tre vasti crateri” nel sito di Fordow, con punti di accesso ai tunnel “completamente ostruiti” e sistemi di difesa aerea distrutti. Tuttavia, non è chiaro se le sale di arricchimento sotterranee siano state effettivamente compromesse.
Il tycoon newyorchese, ormai in mano all’entità sionista più guerrafondaia, ha poi lanciato un duro ultimatum: "O ci sarà la pace, o ci sarà una tragedia per l'Iran ben più grande di quella a cui abbiamo assistito negli ultimi otto giorni", ha poi detto il miliardario newyorchese durante il discorso alla nazione, tenutosi nelle ore successive.
L’Iran sia intelligente e ascolti le parole di Trump”, ha detto il capo del Pentagono, Pete Hegseth, leggendo l’avvertimento del presidente su Truth che qualsiasi rappresaglia da parte di Teheran scatenerà “una forza maggiore” da parte degli Stati Uniti.
Ma Teheran è tutt’altro che disposta a cedere alle azioni coercitive americano in aperta violazione dell’articolo 2 della carta delle Nazioni Unite. Con i raid ai siti nucleari iraniani gli Usa “hanno varcato la linea rossa”, ha tuonato il ministro degli Esteri di Teheran, Abbas Araqchi, in conferenza stampa a Istanbul a margine del summit dell’Organizzazione della conferenza islamica.
Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) ha lanciato un altro duro monito agli Stati Uni, dichiarando che “gli aggressori non hanno né l'iniziativa né la capacità di sfuggire alla rappresaglia”. “La Repubblica islamica dell'Iran si riserva il diritto di rispondere nell'ambito della legittima autodifesa, anche con opzioni che vanno oltre i calcoli sbagliati del nemico”, ha avvertito l'IRGC, aggiungendo che gli aggressori dovrebbero prepararsi a risposte che li lasceranno con un rimpianto duraturo.
Poche ore fa, come annunciato da Esmail Kosari, membro della commissione parlamentare per la sicurezza nazionale, il parlamento iraniano ha approvato la chiusura dello Stretto di Hormuz. Ora la decisione finale spetta al Consiglio supremo di sicurezza nazionale. 


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Segretario di Stato Marco Rubio: non esclusa risposta militare al blocco

Una decisione che avrebbe ripercussioni a livello mondiale, in quanto riguarda uno dei corridoi energetici più importanti del mondo: attraverso di esso transita circa il 20 percento della produzione mondiale di petrolio, ovvero circa 17-18 milioni di barili al giorno, la maggior parte dei quali è destinata all'Asia e all'Europa.
Un via libera che sarebbe pronto ad innescare una nuova contro-risposta da parte di Washington, nonostante abbia finora escluso la possibilità di nuove operazioni militari contro Teheran. 
“Gli Stati Uniti non escludono la possibilità di una risposta militare in caso di minaccia alla libertà di navigazione nello Stretto di Hormuz da parte dell'Iran”, ha dichiarato domenica il Segretario di Stato Marco Rubio
Non è qualcosa che siamo disposti a discutere come uno scenario imminente, ma se l'Iran decidesse di chiudere lo stretto, i primi a indignarsi sarebbero i cinesi, che dipendono dal petrolio che lo attraversa", ha chiarito in un'intervista alla CBS
Da questo stretto, largo appena 45 chilometri, transita circa il 20% del petrolio globale e il 30% di quello trasportato via mare, oltre al gas naturale liquefatto del Qatar, fondamentale anche per l’Italia dopo la riduzione delle importazioni dalla Russia. Questo corridoio marittimo, tuttavia, non è cruciale non solo per l’Occidente, ma soprattutto per l’Asia: il 76% del petrolio che vi transita è destinato a Paesi come la Cina, che nel marzo 2025 ha toccato livelli record di importazioni dall’Iran. La chiusura dello Stretto avrebbe un impatto devastante sui mercati energetici globali, con stime di JP Morgan che indicano un possibile balzo del prezzo del greggio fino a 120 dollari al barile.
“La Cina condanna fermamente gli attacchi statunitensi contro l'Iran e i bombardamenti di impianti nucleari sotto la tutela dell'AIEA. Le azioni degli Stati Uniti violano gravemente gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale e hanno esacerbato le tensioni in Medio Oriente. La Cina invita le parti in conflitto, in particolare Israele, a raggiungere un cessate il fuoco il prima possibile, a garantire la sicurezza dei civili e ad avviare il dialogo e i negoziati”, ha commentato del Ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, in una nota pubblicata sul Global Times subito dopo il raid americano. 
Pechino non ha ancora parlato di risposte militari. Tuttavia, ha già mostrato segnali chiari di diretto coinvolgimento con l’alleato e principale fornitore di materie prime: tre aerei cargo partiti da città cinesi hanno raggiunto l’Iran nei giorni successivi all’attacco israeliano e, secondo il Wall Street Journal, Teheran ha ordinato dall’ex celeste impero grandi quantità di perclorato di ammonio, sufficiente per produrre potenzialmente fino a 800 missili balistici. 
Anche Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, durante una conversazione telefonica con il Ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, ha duramente condannato gli attacchi americani contro gli impianti nucleari iraniani.  


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Nel corso della conversazione, Lavrov ha sottolineato che l'attacco missilistico e bomba statunitense sul territorio di uno Stato sovrano ha segnato una nuova pericolosa svolta nell'escalation del conflitto, che potrebbe avere le conseguenze più imprevedibili e ha già causato danni al regime di non proliferazione nucleare e alla sicurezza regionale e globale. 

L’Iran utilizza un nuovo tipo di missili per attaccare Israele

Nel frattempo, Teheran ha utilizzato i nuovi missili Kheibar contro Israele per la prima volta dopo gli attacchi statunitensi contro l'Iran, riporta Mehr. "Per la prima volta durante questa operazione è stato lanciato un missile Kheibar verso Israele", ha riferito l'agenzia, citando il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (IRGC).
L'arma appartiene all'ultima delle quattro generazioni di missili Khorramshahr, con una gittata di duemila chilometri.  A seguito degli attacchi di questa mattina, l’Iran ha annunciato la distruzione del centro top secret per le armi biologiche situato a Ness Ziona, a circa 20 chilometri da Tel Aviv. Si tratta di una struttura militare altamente classificata, coinvolta in attività di ricerca su armi biologiche e chimiche, nonché in progetti legati alla difesa e alla guerra non convenzionale. L'istituto, secondo alcune fonti, sarebbe stato implicato anche in operazioni oscure, tra cui complotti e presunti omicidi mirati tramite sostanze tossiche, sia in Iran che in altri Paesi. Nonostante la mancanza di conferme ufficiali, diversi resoconti indicano che questo centro potrebbe far parte dell’arsenale nascosto di armi non convenzionali di Israele.

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