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La presentazione del libro "Immortali" dello storico giornalista a Palazzo Bonocore di Palermo

"Vedere braccato da ex imputati un magistrato come Nino Di Matteo è veramente indecente" ha detto il giornalista (storica firma del giornale La Repubblica e oggi de Il Domani) Attilio Bolzoni durante la presentazione del suo ultimo libro Immortali (ed. Fuori Scena) tenutasi a Palazzo Bonocore di Palermo.
Presenti con lui il giornalista Salvatore Cusimano, l'avvocato Armando Sorrentino (Vice Presidente di “Memoria e Futuro”); moderatore il giornalista Giorgio Mannino. Indecente perché viviamo in un tempo in cui i magistrati che hanno fatto il loro dovere - spesso pagando prezzi altissimi - vengono isolati e delegittimati, mentre personaggi notoriamente condannati per concorso esterno alla mafia, o per favoreggiamento ad essa, vengono osannati e rispettati.


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Alfredo Morvillo 


Sono loro, "gli immortali", ha detto Bolzoni: coloro che riescono a "superare ogni fase di reazione dello Stato" tornando poi a occuparsi dei loro affari. Alcuni nomi sono ben noti alle cronache siciliane e non solo: per esempio Marcello Dell'Utri, e Totò Cuffaro. "Questi ci sono da trent'anni. Cuffaro comandava prima, comandava dopo, comandava in carcere con tutti i suoi uomini alla Regione, con tutte le giunte di centrodestra, di centrosinistra, quando c'era il partito della Confindustria, quando c'era Crocetta, quando c'era Lombardo. Non se ne è mai andato," ha detto Bolzoni. Ma perché, nonostante le condanne e i processi, gli 'Immortali' vengono legittimati? 


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Salvatore Cusimano e Attilio Bolzoni 


"Più il ricordo si allontana, più tutto diventa retorica, una retorica insopportabile” in cui sguazza "un'antimafia che struscia nei palazzi" e che "prende troppi soldi", ha precisato Bolzoni.
E poi c'è la questione delle stragi: "Hanno fatto uno spezzatino antimafia," ha detto l'autore, criticando l'operato della commissione parlamentare antimafia presieduta da Chiara Colosimo, che attualmente si sta concentrando su un solo filone di indagine (mafia-appalti, di cui ci siamo occupati in precedenti articoli) della strage di via d’Amelio del 19 luglio 1992. "Hanno staccato tutte le stragi del '92 da quelle del '93 e da quelle precedenti," ha detto, "ma la strategia della tensione è unica; questo è un paese dove si è fatto politica con le bombe".
Per Salvatore Cusimano, "separare le stragi del '92-'93 è l'atto più violento mai fatto nei confronti delle vittime di mafia".


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Come? Riconducendo il tutto a "mafia-appalti," ha precisato l'avvocato Armando Sorrentino, aggiungendo che si tratta di una "questione che un magistrato, oggi non più magistrato (Roberto Scarpinato, ndr), ha scientificamente demolito, demolito proprio sul piano delle ore, degli orari, dei documenti, facendoli vedere, mettendoli possibilmente a confronto". 
E questo è avvenuto perché, tra le altre cose, la commissione antimafia "non è una commissione parlamentare d'inchiesta," ha detto Bolzoni, "perché non fa inchieste, è partita già con un obiettivo, quindi non fa inchieste". 
Oltretutto, ha ricordato Sorrentino, "è diretta da una che si abbraccia con un fascista e che ha un pregiudizio" nei confronti delle indagini da svolgere.


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Armando Sorrentino


È una storia che abbiamo raccontato più volte: l'ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato aveva depositato in commissione antimafia 57 pagine in cui aveva elencato una serie di punti investigativi ancora irrisolti in merito alle stragi del 1992-1994. Fino ad ora la presidente non ha ancora preso in considerazione nessuno di essi; tutt'al più sta spingendo in maniera esponenziale la bislacca teoria che Paolo Borsellino sia stato ucciso per una vicenda, appunto, di mafia e appalti. 
Protagonista di questo ennesimo teatrino è l'ex ufficiale del Ros Mario Mori, "sotto inchiesta dalla procura di Firenze per strage," ha detto Bolzoni, precisando che quello stesso generale "è considerato un oracolo dalla procura di Caltanissetta che indaga sulle stragi."
Da ciò deriva una situazione molto "scivolosa" che fa della giustizia un qualcosa che "disorienta e confonde". 


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La mafia degli incensurati

Come possiamo riconoscere la mafia? Cosa è diventata dopo le stragi? Ma soprattutto, cosa è diventata l'antimafia?
Ci sono ancora i boss dalle facce sconce, c'è ancora la mafia di borgata, i clan che si contendono il territorio, le estorsioni e il pizzo. Ma tutto questo può rientrare nella definizione di 'mafia di borgata'.
Ma oggi è emersa la "borghesia mafiosa, che è trasparente, è riconoscibile", anche istituzionalmente parlando.
Uno dei casi più noti è quello sul cosiddetto 'Sistema Montante', di cui i primi ad accorgersene erano stati "Attilio Bolzoni e Saverio Lodato," ha detto Cusimano, raccontando di "aver fatto la spola al carcere di Termini Imerese" in attesa che li rilasciassero quando vennero messi in galera con l'accusa di peculato. Ma oggi quel tipo di informazioni che davano giornalisti come Lodato e Bolzoni esiste ancora? 


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"No, il giornalismo è sazio, perché nel momento in cui accade qualcosa" le pagine dei giornali si riempiono di "dettagli inutili che ti saziano" ma non ti raccontano nulla. Sorrentino successivamente ha spiegato che "sul sistema del potere politico-mafioso, l'informazione è connivente e silente, ma sul fenomeno mafia è ricca e si diffonde." 


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Bolzoni ha rincarato, affermando che l'informazione oggi è "innocua quando va bene, perché fa rumore, ma non dice niente, non spiega le cose, non racconta le cose," anzi le mistifica come nel caso della "storia di Matteo Messina Denaro: un signore che è rimasto 30 anni latitante e noi conosciamo" solo che usava "il viagra, la calamita sul frigorifero" e altre cose di superflua importanza.
Al di là di tutto, "i capi mafia cadono quando non servono più," ha ribadito Bolzoni, e il sospetto che Messina Denaro sia 'caduto' perché aveva terminato la sua utilità è ancora molto forte. 
 

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Foto © Paolo Bassani 

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