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Il procuratore: “Eliminando il presupposto reiterazione del reato l’istituto viene annullato. Delmastro paragona i giudici ai mafiosi? Non merita commenti

La risposta compiuta può essere data solo attraverso la verifica concreta sul campo. Se si dovesse eliminare il presupposto della reiterazione posta a base della misura cautelare l’istituto verrebbe annullato, ma non credo che questa possa essere la volontà del Parlamento. Se così fosse appare evidente il rischio per le garanzie collettive della sicurezza dei cittadini”. A dirlo è il procuratore capo di Prato Luca Tescaroli, commentando a Il Fatto Quotidiano l’Ordine del giorno del deputato forzista Enrico Costa passato ieri alla Camera sulla custodia cautelare che sopprime la possibilità di applicarla nei casi di reiterazione del reato. Tescaroli ha ancora risposto alle domande sugli altri interventi del governo in tema di giustizia che potranno intaccare l’attività di indagine della magistratura nella lotta alla criminalità organizzata e ai colletti bianchi come il limite di 45 giorni per le intercettazioni, l’abrogazione del reato di abuso ufficio, la stretta sul traffico d’influenze, e la separazione delle carriere. “Sono scelte politiche che solo la storia e i cittadini potranno giudicare”, ha commentato. “La politica ha la piena libertà di adottare le soluzioni che ritiene più appropriate e ogni singolo magistrato non può incidere sulle scelte. Al più può segnalare possibili ricadute nocive sulle indagini e sui processi”. E sulla giustificazione - quella del garantismo - adottata dalla maggioranza per l’introduzione di questi provvedimenti: “Lo spirito garantistico è pienamente condivisibile”, ha dichiarato Tescaroli. “Si può riflettere sulle soluzioni adottate, sulle ricadute organizzative degli uffici giudiziari e sulle conseguenze per l’accertamento di reati di grave allarme sociale, come gli omicidi colposi sul lavoro (da fonte Inail solo quest’anno ve ne sono stati 15 e 60 in itinere), nella prospettiva di non rendere più difficoltose le investigazioni”. Sempre sul tema, si è parlato del ddl sulle chat del senatore Pierantonio Zanettin, e quindi sulla privacy degli utenti, rivendicato e applaudito anche dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.  
Il ministro è un ex magistrato di notevole esperienza e con spiccata sensibilità per le garanzie. Consulta e Cassazione hanno già stabilito che le email e i dati informatici non costituiscono intercettazioni, prevedendo limiti all’attività del pm che gli impediscono, già ora, di acquisire indiscriminatamente tutti i contenuti degli apparecchi telefonici”.


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Enrico Costa © Imagoeconomica


Che conseguenze avrebbe l’analisi dettagliata di tutti gli smartphone sequestrati in un’indagine? Produrrebbe l’allungamento dei tempi dell’agire investigativo con potenziale pregiudizio sull’esito, in assenza di investimenti sulla polizia giudiziaria”, ha risposto il magistrato. “La necessità di rivolgere la richiesta al gip, non potendo il pm procedere in via d’urgenza alla selezione del materiale informatico contenuto nel dispositivo sequestrato, farà dipendere da un ufficio già molto gravato i tempi stessi della decisione, che dovrebbe essere valutata da chi svolge l’indagine, cioè il pm”. Ancora. “Proprio quest’attività, che spesso interviene a ridosso della scadenza dei termini di durata delle indagini, potrebbe non essere utilmente compiuta perché ormai inutilizzabile, una volta che si sfora il limite massimo di durata. È frequente che i gip trattengano richieste di misure cautelari per periodi superiori all’anno, anche per via dei carichi di lavoro”. Venendo al suo lavoro a Prato contro la mafia cinese. “I cittadini cinesi utilizzano per comunicare con notevole frequenza social network come we chat, che sfuggono alle tecniche di intercettazione, mentre con il sequestro del telefono è possibile recuperare le informazioni anche per accertare reati diversi da quelli per cui si procede che rientrano nel Sistema Prato, come il delitto di assunzione di clandestini privi di permesso di soggiorno, per cui il decreto legislativo 286/1998 consente l’arresto facoltativo”. Quindi “con il ddl Zanettin non sarebbe più possibile utilizzare i risultati. E per gli omicidi e gli infortuni sul lavoro, molto frequenti nell’imprenditoria cinese, neppure acquisire la corrispondenza informatica, come email e chat aziendali che si sono rivelate di fondamentale importanza nell’indagine sul disastro colposo e omicidi colposi plurimi del deposito Eni di Calenzano”. Restando sulla procura di Firenze il magistrato invita il legislatore ad “implementare in modo adeguato gli organici, che nella sede di Prato sono decisamente sottodimensionati rispetto alle molteplici ed estremamente pericolose forme di criminalità”.
Infine, Luca Tescaroli ha risposto a una domanda sulle esternazioni del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro che ha paragonato certi giudici ai mafiosi. “L’esternazione, se effettivamente resa, è auto evidente nel suo disvalore e non merita commenti”. 

Foto © Paolo Bassani 

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