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L'intervento del direttore all'evento "Via dei Georgofili 32 anni dopo la strage. Aspettando ancora verità e giustizia"

"Ci siamo portati dietro morti che non ci appartengono”. E' dalla nota dichiarazione di Gaspare Spatuzza, ex boss di Brancaccio, detta al capomafia Giuseppe Graviano pochi mesi prima dell'attentato (fallito) allo stadio Olimpico che avrebbe dovuto colpire un bel po' di carabinieri, che il direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni ha iniziato il proprio intervento all'evento “Via dei Georgofili 32 anni dopo la strage. Aspettando ancora verità e giustizia”, organizzato a Firenze dall’Associazione dei familiari delle Vittime della Strage di Via dei Georgofili, in collaborazione con il Movimento delle Agende Rosse e la nostra testata. “Per Capaci e via D’Amelio - diceva Spatuzza - per quello che mi riguarda erano nemici anche miei, anche se non li ho mai conosciuti, e in quell’ottica per me andava bene anche usare modalità terroristiche… ma quando andiamo a mettere cento e passa chili di esplosivo in una strada abitata non è più qualcosa… stiamo andando verso qualcosa che non ci appartiene più”.





Da queste dichiarazioni Bongiovanni ha cercato di rispondere a due semplici domande: chi sono gli assassini veri delle stragi e cosa si può fare, come popolo, per cambiare. “Il mio è un giudizio basato su fatti tecnici. In tutte le stragi ci sono i servizi segreti italiani. Ma non ci sono servizi segreti in Italia, perché sono controllati dagli Stati Uniti d’America, dalla Cia”. E' stato ricordato il caso del rapimento di Abu Omar, o ancora le confidenze raccolte dal criminologo Federico Carbone, a cui un ex agente avrebbe detto in maniera chiara che a Capaci c'era sempre la Cia dietro la strage. “C’era un agente del FBI dentro la polizia giudiziaria di Luca Tescaroli a fare le indagini - ha aggiunto ancora Bongiovanni - Antonino Gioè ha telefonato diverse volte negli Stati Uniti mentre si svolgeva la strage di Capaci. Gaspare Spatuzza ha visto un uomo che non era di Cosa nostra dentro il garage di Villasevaglios a Palermo, dove veniva preparata la 126. Gioacchino La Barbera ha raccontato della presenza di soggetti esterni dietro alla vicenda della strage di Capaci. Che Antonino Gioè era personalmente impegnato nell’accompagnamento di questi personaggi, che 'supervisionavano'".


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Palermo, 19 luglio 1992. La strage di Via d'Amelio


E sempre Gioè, "mi diceva però che stavamo facendo qualcosa che era più grande di noi e aggiungeva che c’erano in campo persone più in alto di noi e che si stava entrando in un’altra era”. Quello stesso Gioè che sta facendo una trattativa con uomini dei servizi segreti. Perché Bellini non è solo un fascista e un estremista di destra, ma un personaggio che è stato in carcere sotto falso nome perché era, ed è, un membro dei servizi segreti. Salvatore Cancemi (pupillo di Raffaele Ganci) mi disse che la persona più importante a casa Riina non era il Capo dei Capi ma Salvatore Biondino. E che Biondino non era solo l’autista e il capo mandamento di San Lorenzo. Ma il regista della strage di Capaci e di quella di via d’Amelio. Biondino che ha contatti diretti con i servizi, fa parte dei servizi”.


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Palermo, 23 maggio 1992. La strage di Capaci


“I servizi segreti - ha proseguito il direttore di ANTIMAFIADuemila - sono i depistatori della strage di Bologna, sono a piazza della Loggia, sono nel rapimento Moro, sono i veri concorrenti organizzatori di tutte le stragi in Italia. Ma a chi servono? Per chi lavorano? Il servizio segreto italiano, i suoi superiori, sono il presidente del consiglio e il sottosegretario delegato a dirigerli. Tra i capi dei servizi segreti in Italia ci sono stati Mario Mori e Gianni De Gennaro. I servizi segreti non rispondono mai al nostro governo e se rispondono non dicono la verità, e se dicono la verità intimano al nostro governo, dicono di seguire le regole che iniziano nel 1947”.


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Bologna, 2 agosto 1980. La strage alla stazione centrale



Nell'intervento sono state ricordate le parole dell'ex ministro Scotti, da noi intervistato, che nel libro "Sorvegliata speciale - Le reti di condizionamento della Prima Repubblica", parla di un'Italia sempre condizionata. E in qualche maniera le mafie e le organizzazioni criminali sono state eterodirette e usate.
“Noi - ha aggiunto Bongiovanni - siamo un Paese occupato dalle autorità degli Stati Uniti d’America. Questa è la verità, una verità che ogni tanto ci diciamo tra noi ma che se non combattiamo per liberarci dall’oppressore noi avremo altre stragi che si chiameranno, falange armata o cosa nostra. Gli esecutori magari faranno parte di queste associazioni criminali ma i veri mandanti, i veri soggetti che vogliono schiacciare la vita del nostro Paese sono questi signori. Adesso perché accade quel che accade in commissione Antimafia, con i fascisti che vogliono cancellare la storia. Devono farlo perché gli Stati Uniti sono in estrema difficoltà in questo momento e se l’Italia dovesse scoprire la verità, se dovesse scoprire che ci sono loro dietro le stragi, avrebbero meno influenza.


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Firenze, 27 maggio 1993. La strage di via dei Georgofili


E loro temono che ci avviciniamo politicamente, economicamente e militarmente verso i paesi dell’Est. Quindi l’ordine adesso è cancellare tutto. I buoni e i cattivi. Devono cancellare tutta la storia del passato perché temono di perdere politicamente l’Italia”.
 Sul punto il direttore ha anche ricordato la vicenda del voltafaccia subito da Nino Di Matteo, a cui tra il 2017 ed il 2018 fu promesso dal leader del Movimento Cinque Stelle un ruolo nella squadra di Governo o agli Interni o alla Giustizia in caso di vittoria. Dopo un viaggio negli Usa, però, Di Maio cambiò idea e Di Matteo fu messo da parte. Cosa era accaduto? “Il dottore Di Matteo, che fu cercato, continuava a fare il proprio lavoro di magistrato. Avrebbe accettato se questo avrebbe significato servire il Paese. Di Maio parte negli Stati Uniti e si incontra con le lobby ebraiche, con le banche americane, torna e Di Matteo non viene nominato. Perché? Perché Nino Di Matteo, Roberto Scarpinato, Luca Tescaroli, Nicola Gratteri, Sebastiano Ardita, Giuseppe Lombardo e pochi altri sono quelli che se entrano al ministero degli Interni aprono gli scheletri dell’armadio, dicono tutta la verità di quello che è successo in Italia e questo agli Stati Uniti non piace, non vogliono che accada”.
Parlando delle stragi Bongiovanni ha anche evidenziato un altro dettaglio.


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L'assassinio di John Fitzgerald Kennedy


Vicino al Bar Doney, dove Spatuzza incontra Graviano "gioioso" dopo l'incontro con Berlusconi e Dell'Utri, non si registra solo la vicinanza dell'hotel Majestic (dove in quei giorni si teneva la convention per l'ormai prossima Forza Italia), ma anche dell'ambasciata americana. “Graviano, vestito a festa, gira l'angolo e va all'ambasciata per cercare garanzie. Si dovevano colpire centinaia di carabinieri all'Olimpico. Sarebbe stata una strage terribile”. Infine ha concluso: “Cosa possiamo fare? Ho intervistato Giuseppe Conte, il quale dice che la lotta alla mafia è al primo posto. Crediamogli, ma staremo a vedere. Quello che serve è che il presidente del consiglio deve controllare i servizi segreti, il governo italiano deve distanziarsi dal controllo americano su di noi. Si può essere alleati, ma noi siamo il sesto Paese più ricco del mondo e commerciamo con chi vogliamo. Sappiamo che Donald Tump vuole dire chi ha davvero ucciso John Kennedy. Bene, ci dica anche chi ha ucciso i nostri martiri della giustizia in Italia. Chi se non i suoi servizi segreti”.
Un argomento, questo, che verrà approfondito da qui in avanti con ulteriori elementi dalla nostra testata. Da Gladio alla Falange Armata, passando per le dichiarazioni di svariati collaboratori di giustizia, dimostrano chiaramente che Cosa nostra non è sola. La ricerca della verità sulle stragi riparte da qui.

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