L’analisi del magistrato: “Negli anni Duemila, le prime condanne hanno aperto gli occhi sulla presenza delle organizzazioni mafiose cinesi nel Paese”
L’ascesa della mafia cinese in Italia, in particolare nella città di Prato, rappresenta oggi l’epicentro di un’escalation criminale dai tratti sempre più violenti. A spiegarlo ancora una volta è il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, che attraverso il quotidiano La Repubblica ricostruisce con estrema chiarezza l’evoluzione della mafia cinese in Italia e la sua crescente capacità di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale. “La mafia cinese rappresenta un pericolo concreto, già emerso nelle carte del maxiprocesso di Falcone e Borsellino, dove – ha spiegato Tescaroli – si documentava un traffico di stupefacenti tra Bangkok, Roma e Palermo. Il terminale thailandese era il cittadino cinese Koh Bak Kin, mentre il capo era Chang Chi Fu. Un’organizzazione che, tra gli anni ’70 e ’80, fruttò enormi guadagni al clan mafioso Riccobono”.
Ad ogni modo, è solo negli anni successivi, in particolare a partire dagli anni ’90, che le autorità italiane hanno iniziato a riconoscere ufficialmente l’esistenza vera e propria delle organizzazioni mafiose cinesi. “La Cassazione, il 30 maggio 2001, confermò le condanne per associazione mafiosa a Khe Zhi Hsiang e sei sodali, attivi tra Toscana e Francia, responsabili di traffico di esseri umani, sfruttamento lavorativo, estorsioni, sequestri, gioco d’azzardo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Fondamentali furono le dichiarazioni di Raymond Tannous, ‘accompagnatore’ di clandestini, e la collaborazione di Zen Zhang, trafficante di armi e immigrati, trovato successivamente ucciso nel suo appartamento a Parigi il 3 novembre 2001”. E ancora: “Una seconda sentenza della Corte d’Appello di Roma, il 30 gennaio 2003, riconobbe un’associazione mafiosa cinese operante a Roma dal 1991 al 1993, dedita a estorsioni, sequestri e traffico di clandestini, collegata ad analoghe organizzazioni in Francia. La decisione del Tribunale di Roma del 31 gennaio 1995, confermata dalla Corte d’Appello di Roma, fu la prima sentenza che riconobbe la mafia cinese come tale per la giustizia italiana”.
Successivamente, il moltiplicarsi delle sentenze negli anni Duemila ha fatto il resto: la presenza della mafia cinese è ormai cosa certa e certificata. Ma è soprattutto negli ultimi anni che il fenomeno ha assunto proporzioni inquietanti. Secondo il Rapporto 2023 dell’Osservatorio Nazionale sulla Contraffazione, il solo mercato del falso – di cui le gang cinesi sono attori centrali – genera un giro d’affari di 15 miliardi di euro, causando la perdita di oltre 120 mila posti di lavoro. Le bande note come Green Dragon, Black Society e Red Sun, inizialmente attive a Milano, si sono espanse in altri Paesi europei come Austria, Francia e Svizzera, spesso in sinergia con le mafie italiane. Dunque, poco dovrebbe meravigliare se a rafforzare la portata criminale della mafia cinese in Italia – e non solo – ci abbia pensato anche la ‘Ndrangheta, la Sacra Corona Unita e diversi gruppi criminali albanesi, che, anche per quanto li riguarda, stanno registrando negli ultimi anni una forte ascesa criminale nel Bel Paese.
La trait d’union che unisce realtà criminali così diverse, ovviamente, è il denaro. La capacità di queste reti criminali di operare nel riciclaggio del denaro e nel narcotraffico, attraverso un vero e proprio sistema bancario parallelo, anonimo e non tracciabile, li ha resi infatti partner strategici perfetti. Al di là dei profitti, del riciclaggio e delle partnership criminali, ciò che attualmente preoccupa maggiormente è la violenta escalation criminale che ha colpito Prato, in particolare a partire dal giugno 2024, ma che nel tempo “ha assunto dimensioni transnazionali”. Al punto tale – scrive Tescaroli su Repubblica – da arrivare a interessare “sia la Francia – con due incendi consumati a Parigi il 21 ottobre 2024, ai danni della CGA, e il 10 marzo 2025, in pregiudizio della CGA Transport, sita a Aulnay-sous-Bois, sobborgo di Parigi (in quest’ultimo caso con l’invio di un pacco esplosivo) – sia la Spagna, ove il 28 febbraio 2024 vi è stato un colossale incendio che ha distrutto, a ridosso di Madrid, una significativa struttura imprenditoriale (le relative fiamme hanno interessato un’area di circa ottomila metri quadrati, ove esiste il polo Cobo Calleja de Fuenlabrada)”.
Si tratta di eventi drammatici e preoccupanti, che dimostrano anche quanto la mafia cinese sia ormai diventata un attore centrale anche in Europa. “La grave emergenza che stiamo vivendo – ha concluso il procuratore capo di Prato – suggerisce la necessità di estendere anche nei confronti degli stranieri l’applicazione delle misure straordinarie di protezione e di assistenza previste per i collaboratori e i testimoni di giustizia, con gli opportuni adattamenti.
Come insegna l’esperienza dell’ultimo quarantennio, con riferimento al contrasto dei gruppi criminali permeati dall’omertà, è fondamentale poter disporre dell’apporto di collaboratori nelle investigazioni. Oggi sussiste la possibilità di ricorrere, per lo straniero che collabora, solo alle misure di protezione ordinarie, che vengono applicate dal Comitato per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, e alle previsioni del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, con le quali è prevista la possibilità di rilasciare permessi di soggiorno per motivi di giustizia”.
Foto © Piero Di Stefano
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