Dopo l’op. ‘Monastero’: “Raccontate l’impegno di magistratura e forze dell’ordine”

Vi prego di non dimenticarlo mai. Di non banalizzare mai ciò che ruota attorno alla ’ndrangheta. Perché la ’ndrangheta è questa. E in questo territorio ha la sua componente apicale, quella che prende decisioni a livello globale. Questo è un dato che deve essere costantemente evidenziato, senza mai agevolare le organizzazioni criminali con quel silenzio che troppo spesso accompagna il lavoro investigativo su quest’area”. E’ il monito lanciato dal procuratore facente funzioni di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo durante la conferenza stampa organizzata per l’odierna operazione del Ros, coordinata dalla Dda, contro la cosca Labate attiva nel reggino. “Reggio Calabria non è una città come le altre”, ha puntualizzato Lombardo. “E sarebbe opportuno sottolinearlo ogni volta che si parla di ’ndrangheta operante su questo territorio. La rilevanza e la forza di una famiglia criminale derivano anche dall’area territoriale che controlla”. Il magistrato ha espressamente rimarcato che non deve mai diventare un’abitudine “il fatto che arrivino risposte giudiziarie sul reato di associazione mafiosa. Perché investigare questi fenomeni è sempre più complesso, soprattutto quando il modo stesso di manifestare l’essere mafiosi si evolve”. “E si evolve soprattutto in relazione agli strumenti di comunicazione utilizzati: strumenti che diventano l’aspetto su cui si concentrano le indagini. Un uomo che non comunica è difficilmente investigabile. Quindi, non solo l’impegno è costante, ma è in crescita, perché gli indicatori di mafiosità cambiano, e le indagini ogni giorno si scontrano con difficoltà che aumentano in modo esponenziale”. In questo senso, ha fatto presente il magistrato, il ruolo dell’informazione è vitale. “Questo è un appello che faccio a voi: raccontate la ‘Ndrangheta. Raccontatela costantemente, raccontate lo sforzo continuo che magistratura e forze dell’ordine fanno perché solo raccontando le persone perbene che sono tantissime in Calabria e altrove avranno la possibilità di comprendere che non vivono sulla loro pelle il fenomeno senza essere affiancati da qualcuno che quel fenomeno lo contrasta ogni giorno. Il contrasto c’è ogni giorno, è effettivo, è complesso. Non sempre riesce a dare i risultati che chi lavora si aspetta, ma c’è. E quello sforzo va raccontato con una costanza che a mio modo di vedere fa tutta la differenza del mondo. Chi subisce le logiche mafiose deve capire che non ci arrenderemo e lo deve sapere anche chi fa parte della ‘ndrangheta”. Rispondendo alle domande dei giornalisti sulle stime della dimensione della ‘ndrangheta oggi, il procuratore ha parlato di un’organizzazione criminale “ricca e molto potente”. “Abbiamo delle stime che ci consentono di dire che gli affiliati alla ‘ndrangheta probabilmente sono ben oltre i sessanta mila soggetti, che movimenta capitali imponenti. Movimentare costantemente miliardi di euro significa acquisire una dimensione e una forza che va ben oltre il racconto che dell’organizzazione criminale si fa”.
 

L’operazione “Monastero”

Venendo al cuore dell’indagine odierna che ha portato a quattro arresti, Lombardo ha parlato dello zoccolo duro delle famiglie ‘ndranghetiste nel reggino, in particolare nel quartiere Gebbione, interessato dall’attività investigativa (“probabilmente il più interessante dal punto di vista commerciale nonché area più popolosa della città”). “La prima operazione in cui ho dato un importante contributo da sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria è stata eseguita nel luglio del 2007”, ha ricordato. “Si trattava dell’operazione Gebbione. Oggi siamo nel maggio del 2025 e, dopo 18 anni, stiamo ancora parlando della forza di una storica articolazione di ’ndrangheta radicata fortemente sul territorio di Reggio Calabria: la cosca Labate”. Nel corso delle indagini, ha spiegato il procuratore, “abbiamo valorizzato un dato particolarmente significativo: Reggio è un insieme di sotto-articolazioni di ’ndrangheta, che spesso insistono su territori con una popolazione relativamente modesta. Quando però parliamo dell’area di influenza della cosca Labate, ci riferiamo a una zona che riguarda circa 54. 000 persone. Questo dato, all’interno degli equilibri della ’ndrangheta, non può essere trascurato”, ha avvertito Lombardo.

L’operazione è stata denominata ‘Monastero’. Questo è il nostro compito: portare avanti progetti investigativi che non si esauriscono in battute isolate, ma che siano in grado di mandare un messaggio chiaro a chi della ’ndrangheta fa parte e a chi vive secondo logiche mafiose: noi ci siamo sempre e comunque, anche dopo decenni”. L’attenzione investigativa, ha puntualizzato il magistrato “non si spegne mai”. “Questo è il significato da attribuire a un’operazione come quella odierna, che fa seguito alla ricostruzione dell’operazione Helianthus, ma anche a Larice, Gebbione, Archi. Non è un destino particolare quello dei Labate. Lavoriamo su tutte le articolazioni della ’ndrangheta, su tutte le manifestazioni di un fenomeno criminale che è universalmente ritenuto il più ricco e potente a livello mondiale”.

Per l’inchiesta “Monastero”, ha spiegato Lombardo, “abbiamo utilizzato molti collaboratori di giustizia, perché riteniamo che la voce dal di dentro di chi ha vissuto le dinamiche mafiose sia assolutamente indispensabile”.
 

Il territorio “più fragile d’Europa”

Giuseppe Lombardo ha poi acceso un faro sulle condizioni socio-economiche in cui riversa la Calabria (Eurostat un anno fa segnalava la Calabria come regione a più alto rischio di esclusione sociale in Europa). “Questo è forse il territorio economicamente più fragile d’Europa. E nonostante ciò, la ’ndrangheta continua ad operare qui, consumando condotte tipicamente mafiose, che vanno oltre il classico reato di estorsione. Perché i fini che persegue non sono solo predatori: sono fini di controllo, di assoggettamento costante. L’obiettivo è mantenere il territorio in una condizione di dipendenza, in cui il singolo operatore economico non è più libero di scegliere. Ed è proprio questo che noi siamo chiamati a contrastare, ricostruendo condotte associative e offrendo risposte concrete a chi ha scelto di restare in questa terra, anche per opporsi alle logiche mafiose. Le logiche mafiose - ha aggiunto - non sono un danno solo per chi è direttamente colpito, ma per chiunque viva in un’area in cui la libertà è compromessa da scelte che tutti siamo chiamati a contrastare con forza, ogni giorno, e non solo quando arriva una sentenza. Questo è ciò che ci ricorda l’operazione di oggi: che questa è una terra di ’ndrangheta come poche altre in Europa. E non è questo il destino che dobbiamo accettare”.

L’ultimo aspetto sottolineato da Lombardo sull’operazione “mette drammaticamente in evidenza il circuito relazionale di cui una famiglia come la cosca Labate gode nella città di Reggio Calabria. Un circuito relazionale che diventa determinante quando la ’ndrangheta deve dimostrare la propria forza”. “La Calabria - ha continuato - è una terra di persone perbene, a cui bisogna dare risposte chiare, nette, senza ambiguità. A questo servono i progetti investigativi che non si interrompono. A questo serve ricordare che nel luglio 2007 abbiamo eseguito l’operazione Gebbione, che nel 2000 c’era stata l’operazione Larice, e che oggi, dopo 25 anni, siamo ancora qui a portare avanti il nostro lavoro. Perché questa terra - ha concluso - merita risposte continue, per consentire alle persone perbene che scelgono di viverci di non temere più le logiche mafiose”.

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