L’escalation tra India e Pakistan, che aveva raggiunto livelli apocalittici già nei giorni scorsi è ora sfociata in una guerra aperta tra le due nazioni. Nella tarda serata l’India ha lanciato attacchi missilistici contro nove siti che ospitano “infrastrutture terroristiche” situate nel territorio pakistano.
“Colpiti obiettivi su Kotli, Bahawalpur e Muzaffarabad”, ha riportato Geo TV, citando il direttore generale delle relazioni pubbliche dell'esercito pakistano, il tenente generale Ahmed Sharif Chaudhry, secondo cui, a seguito dei raid, 8 pakistani sono stati uccisi, 25 sono rimasti feriti e due risultano ancora dispersi. Confermata la distruzione di un seminario islamico e una moschea a Bahawalpur.
“L'India ha effettuato attacchi aerei contro la moschea di Subhanullah nella zona di Ahmed East a Bahawalpur, Kotli e Muzaffarabad, tre località dall'alto. Tutti i nostri aerei dell'IAF sono in volo. Questo attacco vile e vergognoso è stato condotto dallo spazio aereo indiano. Non è mai stato loro permesso di entrare nello spazio aereo pakistano", ha affermato Shari, promettendo che il Paese "risponderà a questa situazione nel momento e nel luogo che sceglierà".
D’altra parte il Ministero della Difesa indiano ha dichiarato che le Forze Armate hanno avviato l'Operazione Sindoor con l'obiettivo di colpire infrastrutture terroristiche in Pakistan. Secondo il Ministero, gli attacchi sono stati condotti in modo preciso, contenuto e senza intenzione di innescare un'escalation del conflitto.
Secondo SAMAA TV, durante i raid, il Pakistan ha abbattuto un caccia indiano Rafale e un MiG-29, come testimoniato da alcuni filmati dei relitti in fiamme, pubblicati su diversi canali telegram di Islamabad."L'astuto nemico ha condotto attacchi codardi in cinque località del Pakistan. Il Pakistan ha tutto il diritto di rispondere con forza a questo atto di guerra imposto dall'India, e attualmente sta dando una risposta energica. L'intera nazione è al fianco delle forze armate pakistane e il morale e lo spirito dell'intera nazione pakistana sono alti. La nazione pakistana e le forze armate pakistane sanno come affrontare il nemico”, ha dichiarato, in un comunicato di fuoco, il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif.
Il Paese, in risposta, ha già lanciato un contrattacco e ha scagliato missili contro diversi obiettivi in India.
“Il Pakistan ha nuovamente violato l’accordo di cessate il fuoco effettuando bombardamenti di artiglieria nei settori di Bhimber Gali e Poonch–Rajauri” nel Kashmir indiano, ha dichiarato l’esercito sul suo account X, aggiungendo di aver “risposto in modo appropriato e calibrato”.Nel frattempo, altri filmati mostrano carri armati pakistani per le strade di Lahore, diretti verso il confine indiano.
L’attacco terroristico e la guerra dell’acqua
Le tensioni tra i due Paesi hanno raggiunto livelli critici dopo un sanguinoso attentato avvenuto il 22 aprile nella località turistica di Baisaran, nella regione del Kashmir amministrata dall'India, dove un gruppo militante poco noto, chiamato Kashmir Resistance, ha ucciso almeno 26 persone. Il gruppo ha giustificato l’attacco come reazione al presunto cambiamento demografico causato dall'insediamento di “estranei” nella regione. Le autorità indiane hanno subito individuato i due sospetti coinvolti, come cittadini pakistani. In risposta, il primo ministro Narendra Modi ha promesso ritorsioni durissime, e ha subito sospeso il Trattato sull’uso delle acque dell’Indo, fondamentale per il fragile equilibrio idrico tra i due Paesi.
L’accordo in questione stabilisce la ripartizione delle risorse idriche tra India e Pakistan. In pratica gli affluenti dell’Indo situati a sinistra, come il Sutlej, il Beas e il Ravi, sono riservati all’uso esclusivo del Pakistan, mentre quelli di destra, come l’Indo, il Jhelum e il Chenab, possono essere sfruttati dall’India per scopi agricoli, per la produzione di energia idroelettrica e per la costruzione di dighe, a condizione che ciò non comprometta il flusso d’acqua destinato al Pakistan. Tutti questi fiumi hanno origine nell’Himalaya indiano, ma il trattato mira a garantire un'equa distribuzione delle risorse, tutelando in particolare i bisogni del Pakistan.
Per questo Islamabad aveva definito la mossa un atto di guerra che mette a rischio il sostentamento di 240 milioni di persone.
Nel pomeriggio, poco prima dell'attacco, l'India ha annunciato l'intenzione di interrompere il flusso dei fiumi che nascono sul suo territorio e che attualmente irrigano parte del Pakistan. Durante un discorso pubblico, il primo ministro Narendra Modi ha sottolineato che l’acqua finora lasciata defluire verso altri Paesi verrà ora trattenuta e utilizzata per soddisfare le esigenze dell’India.
Il Pakistan, un antico sponsor del terrorismo USA
Nel mezzo dell’escalation bellica in corso, corrono sinistri retroscena che pongono l’accento sul possibile uso del terrorismo come casus belli da parte di gruppi di potere che hanno tutto l’interesse di incendiare la regione.
Il ministro della Difesa pakistano Khawaja Muhammad Asif ha ammesso recentemente in un’intervista a Sky News, che il Paese ha sostenuto gruppi terroristici per oltre tre decenni.
"Beh, abbiamo fatto questo sporco lavoro per gli Stati Uniti… Per l'Occidente, compresa la Gran Bretagna", ha risposto Asif alle domande della giornalista Yalda Hakim, spiegando che “è molto comodo per... le grandi potenze incolpare il Pakistan per qualsiasi cosa stia accadendo in questa regione. Quando combattevamo la guerra al loro fianco negli anni '80 contro l'Unione Sovietica, tutti questi terroristi di oggi se la spassavano a Washington”.
Tuttavia, Asif ha negato il coinvolgimento nell’attacco e ha lanciato un appello per un’indagine internazionale indipendente a cui l’India si è rifiutata fin da subito di aderire.
La guerra è una rottura del corridoio Mosca, Teheran, Nuova Delhi
Non è da escludere che il nuovo focolaio che vediamo sia il risultato di pressioni geopolitiche legate a interessi strategici più ampi. In particolare, l’emergere di un nuovo corridoio energetico terrestre tra Russia, Iran, Pakistan e India.
Nell’ultimo vertice dei Brics, tenutosi a Kazan, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha proposto di trasformare Teheran in un nodo centrale per un nuovo sistema di transito energetico terrestre, capace di collegare la Russia all’India, evitando così le rotte marittime tradizionali che passano per il Mar Rosso.
In questo contesto si inserisce la decisione del Pakistan di avviare finalmente la costruzione del proprio tratto del gasdotto Iran-Pakistan (IP), fermo da anni. Il 23 febbraio 2024, il Cabinet Committee on Energy di Islamabad ha approvato la realizzazione di un segmento di 80 chilometri da Gwadar al confine iraniano, riproponendo un gasdotto di pace trilaterale che coinvolgeva ovviamente anche Nuova Delhi. Un corridoio che certamente ora si spezza e proietta l’intera regione in un caos senza fine.
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