Mannino: “Grave l’assenza di Governo e Ars per La Torre”
Ancora una volta Portella della Ginestra, 78 anni dopo la prima strage di Stato, avvenuta nel 1947 quando furono assassinate 11 persone tra braccianti, contadini, donne e bambini. Ancora una volta in centinaia hanno partecipato al tradizionale corteo per gridare giustizia e difendere i diritti organizzato dalla Cgil siciliana e dalla Camera del lavoro di Palermo. Lo slogan di quest’anno era "Partigiani del lavoro", scritto anche sulle magliette rosse indossate da molti sindacalisti. Assieme a loro, tra gli altri, il presidente dell'Anpi nazionale Gianfranco Pagliarulo e Francesca Re David. Uniti davanti al Sasso di Barbato dove si erge il memoriale della strage, molti anziani, ma anche giovani e giovanissimi.
A lasciare il segno in questa giornata di sole c'è il minuto di silenzio e poi la lettura dei nomi delle vittime da parte di Chiara Sciortino, associazione familiari di Portella della Ginestra.
Tra le vittime di 78 anni fa c'erano bambini, come Vincenza La Fata, di soli 8 anni, e Giovanni Grifò, 12 anni. E poi Filippo Di Salvo, 48 anni, Margherita Clesceri, 37 anni, Giorgio Cusenza, 42 anni, Giovanni Megna, 18 anni, Francesco Vicari, 22 anni, Vito Allotta, 19 anni, Serafino Lascari, 15 anni, Giuseppe Di Maggio, 13 anni, Castrense Intravaia, 18 anni.
Un modo per andare contro il silenzio, i depistaggi ed i segreti di Stato. Quelli che restano comunque scolpiti nel tempo.
“Tutta la storia repubblicana è segnata dal ‘gioco grande’ celato dietro progetti di colpi di Stato poi rientrati (dal golpe Borghese al piano Solo) e stragi caratterizzate da depistaggi provenienti da apparati statali: da Portella della Ginestra alla strage di Bologna alle stragi del 1992-93 - ricorda spesso l'ex Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ed oggi senatore - Molte stragi d’Italia nascondono retroscena che coinvolgono decine, se non centinaia di persone. Portella della Ginestra, ad esempio, coinvolte la banda Giuliano, i mafiosi, i servizi segreti, esponenti delle Forze dell’ordine, il ministero dell’Interno. La storia insegna che quando un segreto dura nel tempo sebbene condiviso da decine e decine di persone, è il segno che su quel segreto è impresso il sigillo del potere. Un potere che cavalca la storia riproducendosi nelle sue componenti fondamentali e che eleva intorno al proprio operato un muro invalicabile di omertà, perché è così forte da poter depistare le indagini, alimentare la disinformazione, distruggere la vita delle persone, riuscendo a raggiungerle e a eliminarle anche nel carcere più protetto. Come Gaspare Pisciotta, testimone scomodo ucciso all’Ucciardone con un caffè alla stricnina, e a un’altra decina di persone al corrente dei segreti retrostanti la strage di Portella”.
"L'offesa peggiore che l'onorevole Mario Scelba, ministro dell'interno e siciliano, potesse portare agli innocenti morti di Portella e l'intelligenza degli italiani e dei siciliani fu quella di sostenere in Parlamento che l'eccidio del primo maggio '47 non aveva retroscena politici di sorta - ha ricordato oggi Pagliaruolo - Tanti anni dopo in un'intervista affermava che in quegli anni non si limitò a reclutare forze di polizia affidabili ma creò una serie di poteri per l'emergenza, una rete parallela a quella ufficiale ma ad essa superiore che avrebbe assunto automaticamente ogni potere in caso di insurrezione. Parlava di un potere segreto più forte di quelli Costituzionali. Portella ha dei precedenti come quando a Palermo il vice prefetto rispose con l'esercito sparando sulla folla, nel 1944. Poi a Villalba con il comizio di Girolamo Li Causi. L'inizio di un'offensiva mafiosa contro il movimento contadino ed i dirigenti sindacali fino ad arrivare all'uccisione di Placido Rizzotto. Sulla strage di Portella si sanno gli esecutori ma non si sanno i mandanti. C'era un gruppo di interessi convergenti: la parte peggiore dei partiti conservatori e reazionari, gli agrari, gli indipendentisti, gli apparati statali, la mafia, il banditismo i residui fascisti, tanti e magari i servizi segreti americani. Pasolini negli anni Settanta scriveva 'Io so ma non ho le prove'. Vale anche per noi". Poi ha continuato ricordando tutte le stragi: "Portella fu inizio di una lunga serie di stragi ed omicidi, mafiosi e non, in un vortice che ha insanguinato il Paese per decenni. Sappiamo tutti dei servizi segreti deviati, dei fascisti, degli uomini dello Stato, del piano Solo, del golpe Borghese, del progetto del '74 di Sogno, di Gladio, della Rosa dei Venti, della loggia P2. Sappiamo meno dell'Anello, servizio segreto al servizio del Presidente del Consiglio. Tutte strutture segrete clandestine in qualche modo implicate con mafia e fascisti dal tempo della notte della Repubblica. Sappiamo tutti, ma non sappiamo tutto". Ed è da qui che si deve partire. Ricordando la storia per capire non solo il passato, ma anche il presente. Anche per questo non sono mancate parole per la pace, lo stop alle guerre e contro il progetto di riarmo che il Mondo sta portando avanti.
Le nuove lotte
Dunque Portella della Ginestra diventa anche simbolo per il rinnovamento di una lotta di libertà e per i diritti. "Come ogni anno - ha detto Maria Modica - ci ritroviamo a Portella della Ginestra per rinnovare il ricordo delle vittime del 1° maggio 1947, quando la banda di Salvatore Giuliano, aprì il fuoco sulla folla di contadini e lavoratori riuniti per celebrare la festa dei lavoratori, causando 13 morti. A 78 anni da quell'eccidio, Portella rimane un simbolo della lotta per i diritti, la giustizia sociale e la democrazia. In un mondo che cambia spesso a scapito dei più deboli, e il lavoro diventa sempre più fragile e diseguale, questa giornata rinnova e rilancia il nostro impegno per un lavoro sicuro, dignitoso, libero e ben retribuito".
"Per il sistema e le lobby che governano il mondo il voto dei cittadini è superfluo, anzi viene scoraggiato e svalorizzato - ha detto il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo -. Non è necessaria l'esistenza stessa della democrazia e tutti i lavoratori, italiani e migranti, sono in competizione tra di loro: devono produrre di più e costare sempre meno. Tutto questo mentre la ricchezza è concentrata in poche persone miliardarie e le famiglie a rischio povertà sono quasi un quarto del totale. Il 90 per cento delle morti sul lavoro avviene negli appalti e in maggioranza colpisce i lavoratori precari. A lavoro povero, pensione povera. A Palermo e provincia un quarto della popolazione vive di pensioni e prestazioni sociali. Questo succede mentre si aumentano le spese militari e mentre si spacciano provvedimenti per i lavoratori come il cosiddetto cuneo fiscale, finanziato dal governo attraverso maggiori tasse per i lavoratori".
La Cgil, da Portella, con la manifestazione intitolata "Partigiani del lavoro", ha rinnovato l'appello alla mobilitazione per i quesiti referendari, con i quali si chiede di restituire dignità, tutele e sicurezza al lavoro e sulla cittadinanza.
"La mobilitazione, iniziata da tempo, continua con il voto dell'8 e 9 giugno e anche dopo, per cambiare questo paese - ha detto il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo - Noi non ci stiamo e all'attacco al diritto di sciopero, al contratto nazionale, al principio di rappresentanza, alle libertà e alla indipendenza dell'informazione, alle libertà eall' indipendenza della magistratura, rispondiamo con una mobilitazione ancora più forte, che ci serve per vincere la campagna dei cinque sì, nonostante tutto. I referendum ci danno la possibilità di rimettere al centro della vita politica e sociale del paese temi che spesso sono stati rappresentati contrapposti o che altri vorrebbero che fossero contrapposti, cioè: i diritti sociali e i diritti civili. Invece questa è una unica grande battaglia che unisce lavoro e cittadinanza, la vera rivolta sociale è andare a votare".
Di fronte alla povertà crescente, per la Cgil Sicilia deve avviarsi una fase di riscatto: decisiva per il lavoro di qualità è la vittoria del Sì al referendum dell'8 e 9 giugno. "Oggi lavoratrici e lavoratori, soprattutto in Sicilia, soffrono una condizione di povertà crescente per certi versi inedita. Il lavoro da sinonimo di libertà è diventato sinonimo di precarietà, quando chi lavora è costretto ad accettare condizioni precarie che portano con sé minori diritti, meno sicurezza, meno libertà", ha detto il segretario generale della Cgil Scilia, Alfio Mannino. Che poi ha anche denunciato le mancanze della Politica. In questo senso “l'assenza di rappresentanti del governo regionale e dell'Ars ieri alla commemorazione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, per la prima volta in 43 anni, è un fatto grave, un segnale di degrado morale e istituzionale dei rappresentanti della regione. Non vorremmo che fosse un passo per fare cadere nell'oblio una pagina importante della storia e dell'iniziativa antimafia”.
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