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Armi, evasione e omertà sono solo la punta di un iceberg. Contro l’escalation, “servono rinforzi e nuove norme”

Dobbiamo preoccuparci. L’uso di armi da fuoco non è casuale. Fa parte di un sistema molto pericoloso e sì, c’è il rischio che anche gli italiani ne paghino le conseguenze. Non possiamo continuare a pensare che certe cose riguardino sempre gli altri”. A dirlo, senza troppi giri di parole, è il procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, a commento dei gravi episodi che stanno colpendo il territorio pratese, da tempo sotto assedio della criminalità organizzata cinese, che negli ultimi anni ha affondato le sue radici nel tessuto economico e industriale della città toscana. Le parole di Tescaroli - per anni magistrato antimafia impegnato nelle indagini sulle stragi degli anni ’90, compresa quella di Capaci, e sui cosiddetti “mandanti occulti” - arrivano, infatti, dopo una serie di episodi violenti che hanno evidenziato in modo inequivocabile la presenza della mafia cinese a Prato. La sua reazione è stata immediata: ha istituito una sezione della Procura interamente dedicata al contrasto della criminalità cinese, articolata in tre aree operative specifiche: reati economico-finanziari, reati violenti e problematiche legate all’immigrazione. Le motivazioni alla base di questa decisione sono chiare. “C’è un’escalation criminale - ha spiegato Tescaroli - iniziata a giugno 2024 e aggravata nei primi mesi di quest’anno. Prato è un centro imprenditoriale di rilevanza non solo nazionale, ed è per questo che qui si radicano attività criminali molto consistenti. Nella criminalità cinese non c’è un’unica organizzazione dominante, ma diversi gruppi che interagiscono tra loro e stringono rapporti anche con la criminalità italiana”.
La situazione è dunque seria e non va affatto sottovalutata. I fatti di sangue che si sono già verificati non rappresentano soltanto faide interne: l’uso crescente di armi da fuoco costituisce un pericolo reale per l’intera cittadinanza. Oltretutto, accanto alla violenza visibile, c’è un danno ancora più subdolo: quello inflitto all’economia sana del territorio. “Penso agli imprenditori onesti - ha ribadito Tescaroli -. Come si fa a competere con chi sfrutta manodopera a costo zero?”. Tuttavia, l’azione della Procura, per quanto determinata, da sola non basta. Lo stesso Tescaroli, in un’intervista a Il Tirreno, ha lanciato un appello: “Occorre potenziare gli organici delle forze dell’ordine e del personale amministrativo, e mettere il Tribunale nelle condizioni di operare. L’ufficio del Gip, con soli tre magistrati, è in forte sofferenza. Quando i fascicoli arrivano in Tribunale, si crea un effetto imbuto. Aggiungo che gli organici delle forze dell’ordine, già in parte scoperti, sono tarati su una realtà più piccola rispetto a quella che Prato rappresenta oggi”.
Altro tema rilevante è quello del cosiddetto “distretto parallelo”, un comparto dell’economia cinese locale che opera al di fuori delle regole. “È un sistema economico su più livelli, che si intersecano tra loro. Si parte dall’importazione di merci dalla Cina attraverso i porti del Pireo, di Gioia Tauro, dalla Slovenia e dalla Spagna. Una volta in Ungheria, la merce viene inviata a Prato con il regime del trasferimento d’imposta e l’evasione dei dazi doganali. Poi subentra il meccanismo delle aziende ‘apri e chiudi’, che genera evasione fiscale. Infine, i profitti vengono rimpatriati in Cina tramite denaro contante, criptovalute o bonifici”. Un primo segnale incoraggiante, però, comincia a farsi strada: circa cinquanta lavoratori stranieri - pachistani, cinesi e bengalesi - hanno deciso di collaborare con le autorità. Ma la normativa attuale non è sufficiente. L’articolo 18 ter, che consente il rilascio di un permesso di soggiorno a chi collabora con la giustizia, non può essere l’unico strumento. “Serve un sistema di assistenza per chi denuncia, modellato sulle norme previste per i collaboratori di giustizia. Serve garantire integrazione economica e giuridica. Servono una casa, assistenza scolastica e sanitaria. Il muro di omertà sta cadendo anche tra i cinesi - ha concluso Tescaroli -. E l’importante è far sapere che lo Stato c’è. Ne sono prova le operazioni già compiute”.

Foto © Imagoeconomica

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