Giustizia nel caos, il guardasigilli si difende: “Le carceri sono piene? Colpa dei magistrati che ci mandano i detenuti”
È un Nicola Gratteri incredulo quello che, ospite della trasmissione “In Altre Parole”, ascolta le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio: “Se aumenta il numero dei carcerati - ha dichiarato il ministro - non è colpa del governo, ma di chi commette reati e della magistratura che li mette in prigione”. Spiazzato davanti all’estratto video trasmesso dalla trasmissione di La7, il procuratore capo della Repubblica di Napoli reagisce con sarcasmo: “Ma il video è vero, oppure si tratta di un montaggio?”. In effetti, le parole pronunciate dal guardasigilli appaiono difficili da credere, così come è difficile da accettare il modo in cui viene gestita l’emergenza carceraria in Italia. La gravità della situazione è evidente, testimoniata anche dal numero crescente di suicidi tra i detenuti, “in aumento ogni anno”. Da tempo si parla della necessità di costruire nuovi penitenziari, ma, come ha sottolineato Gratteri, “al momento non si è visto nemmeno un progetto”. E aggiunge: “Ci sono migliaia di ragazzi detenuti a causa della loro tossicodipendenza. Ragazzi che, una volta tornati in libertà, commetteranno subito nuovi reati, come una rapina, pur di procurarsi una dose e tornare a drogarsi”. Oggi, purtroppo, le carceri italiane sono diventate dei “semplici contenitori”, incapaci di esercitare una funzione rieducativa e riabilitativa, soprattutto nei confronti di chi si trova dietro le sbarre a causa della dipendenza da sostanze. Eppure, “si potrebbero stipulare accordi con le Asl per inviare questi giovani nelle comunità terapeutiche, nel tentativo di farli disintossicare”. Si tratta solo di una delle tante soluzioni possibili. Questa, in particolare, contribuirebbe non solo a ridurre il sovraffollamento carcerario, ma anche ad alleviare le sofferenze delle famiglie coinvolte.
C’è poi un aspetto economico tutt’altro che secondario: “Un detenuto - ha proseguito il procuratore capo di Napoli - costa in media circa 170 euro al giorno, mentre uno agli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica ne costerebbe circa 60”. Un’altra proposta concreta riguarda l’utilizzo dei beni confiscati alle mafie, da riconvertire in strutture idonee ad accogliere detenuti con problemi di natura psichiatrica. Persone che avrebbero bisogno di programmi assistenziali specifici, spesso del tutto incompatibili con la permanenza in un penitenziario. Insomma, le soluzioni per affrontare l’emergenza penitenziaria esistono. Il problema è che non vengono attuate - forse nemmeno prese in considerazione - mentre, per il ministro Nordio, la colpa dell’alto numero di detenuti ricadrebbe sui magistrati che mandano in prigione chi commette reati.
Sempre per restare in tema carcerario, un’altra emergenza che da tempo si registra all’interno dei penitenziari italiani è l’uso non autorizzato di telefoni cellulari da parte dei detenuti. Gratteri ha più volte proposto l’introduzione dei jammer (dispositivi che bloccano i segnali telefonici, ndr) all’interno delle carceri, per impedire ai detenuti di comunicare con l’esterno tramite i cellulari. Infatti, molti sono i boss che continuano a impartire ordini al di fuori delle mura carcerarie proprio grazie ai telefoni mobili. Peccato che la proposta di Gratteri non sia mai stata accolta. “Dicono che non sia possibile perché potrebbe far male alla salute, mentre io vado in giro da due anni con un jammer dietro la schiena; io che non ho commesso reati”. Insomma, un quadro desolante. Lo ha confermato lo stesso Gratteri, che, in merito alle riforme della giustizia degli ultimi anni, ha dichiarato: “Le riforme che ho visto in questi ultimi anni, nemmeno Berlusconi se le sognava. Ho visto riforme - ha ribadito il magistrato - che non c’entrano nulla con l’abbattimento dei tempi dei processi, ma che servono solo a rallentare l’istruttoria dibattimentale”. Un’incapacità evidente, emersa anche con l’introduzione del cosiddetto processo telematico, che ha finito per paralizzare molte procure. Eppure, “sono stati spesi oltre 3 milioni di euro per far sparire la carta, dalla denuncia fino al processo”. Non solo l’applicativo voluto dal ministro Nordio non funziona, ma “la situazione è addirittura peggiorata”. Il tentativo di migliorare il sistema con un aggiornamento generale ha prodotto l’effetto opposto. Basti pensare che, all’interno della piattaforma, “sono stati inseriti in modo errato perfino gli articoli del codice di procedura penale”. Dalla riforma Cartabia a oggi, “l’unica cosa utile - ha concluso Gratteri - è stata la legge del luglio 2024, che ci dà la possibilità di condurre indagini sul dark web e sugli hacker, fino a farli diventare anche collaboratori di giustizia. Il resto è tutto dannoso”.
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