Seconda parte
La Falange Armata - Sezione Veneto è una meteora che si materializza con due serie di comunicati che, l’8 e l’11 gennaio 1991, rivendicano l’omicidio dei carabinieri Moneta, Mitilini e Stefanini, uccisi al quartiere Pilastro di Bologna il 4 gennaio 1991. Sebbene i comunicati della Sezione Veneto non abbiano né la raffinatezza di pensiero, né l’eleganza semantica di altre comunicazioni della Falange Armata, i suoi componenti appaiono molto vicini alla Falange Armata Carceraria, l’ala ai vertici della composita organizzazione terroristica che, dopo il cambiamento nella guida della F.A.C. (comunicato del 5 novembre 1990), conferisce ai comunicati da lei firmati toni ostentatamente “nostalgici”.
C’è una circostanza che certifica l’importanza della “Sezione Veneto” all’interno della Falange Armata. È l’organizzazione che, nel corso delle rivendicazioni dell’eccidio del Pilastro, anticipa una direttiva a livello nazionale, da emanare al termine dei nostri attacchi a Verona e Vicenza e in tutto il Veneto. Ebbene, è un fatto che dopo l’omicidio vicentino dei coniugi Fioretto (25 febbraio 1991), viene emanato il comunicato-direttiva che fissa la «mappa generale degli scopi fondamentali» dell’organizzazione, ovvero «la lotta armata contro la classe politica italiana ai suoi maggiori livelli nel settore politico, giudiziario, finanziario», mentre, nel settore penitenziario, indica l’eliminazione, già iniziata con l’esecuzione dell’educatore Mormile, degli interpreti della legge Gozzini, fonte di disuguaglianza fra molti detenuti. La direttiva tradisce parzialmente le attese della Sezione Veneto che voleva una serie di azioni contro l’invasione della feccia degli immigrati e, presumibilmente, una pronuncia più incisiva con tale segno politico. Tuttavia, la sua vena ideologica resta nella organizzazione falangista anche quando il razzismo sembra scomparire e si mimetizza nei gravi fatti di sangue promossi dalla Falange Armata dall’ottobre 1991 alla fine di luglio 1993. Il razzismo, infatti, riemergerà in molti comunicati licenziati dal novembre 1993 fino al novembre 1994.
Il mantra comunicativo della Falange Armata-Sezione Veneto è la volontà di colpire i carabinieri che sarebbero responsabili del degrado delle città in quanto proteggerebbero la feccia degli immigrati nelle periferie.
Giovanni Spinosa
Si riferisce al ruolo di prevenzione svolto dalle forze dell’ordine e, nel caso dell’eccidio del Pilastro, all’intervento dei tre carabinieri assassinati che aveva impedito alla Falange Armata di realizzare l’obiettivo politico prefissato la sera del 4 gennaio 1991 («l’uccisione di tre carabinieri di Bologna non era il nostro obiettivo politico» - comunicato del 10 gennaio 1991). È plausibile, infatti, che l’obiettivo reale fosse un raid razzista, nella logica della ripetitività di azioni simili, tipica della Falange Armata e, quindi, della Uno Bianca, che ne costituisce il capitolo bolognese e romagnolo. Infatti, il 10 dicembre 1990 era stato attaccato un campo nomadi a Santa Caterina di Quarto, ai confini del quartiere Pilastro, e il 23 dicembre era toccato a un altro campo, in un’altra zona periferica di Bologna.
Nella seconda serie comunicativa della Sezione Veneto, quella dell’11 gennaio, campeggia il richiamo a “Ludwig”: «I camerati di Ludwig non hanno lottato invano, ci consideriamo ideali continuatori dell’azione intrapresa da tali eroi». Ludwig è il nome di una organizzazione terroristica che, fra il 25 agosto 1977 e l’8 gennaio 1984, si era resa responsabile di diversi omicidi (barboni, senzatetto, prostitute, omosessuali, sacerdoti) soprattutto nel Veneto e, in particolare, nelle città di Verona e Vicenza. Le scorribande di Ludwig terminano con l’arresto, il 3 marzo 1984, del veronese Marco Furlan e di Wolfgang Abel, di nazionalità tedesca, anche se davvero in pochi credono che il fenomeno sia il parto esclusivo di questi due rampolli dell’alta borghesia veronese e bavarese.
Passano sette anni di silenzio e, il 2 febbraio 1991, Marco Furlan, in arte Ludwig, torna a far parlare di sé perché evade dalla dimora obbligata di Casale Scodosia (PD), ove era stato relegato dopo la scadenza dei termini di custodia cautelare. La Falange Armata interloquisce sull’argomento l’8 febbraio 1991 e, questa volta, parla il centro politico dell’organizzazione, affidando la comunicazione al suo portavoce per eccellenza, quello con accento tedesco. Furlan sarebbe diventato un pericolo per la Falange Armata e sarebbe interrogato dal comitato esecutivo dell’organizzazione. I falangisti ne parlano ancora il 13 febbraio: «Furlan è ancora trattenuto e viene interrogato dal nostro esecutivo. Nessuna conclusione è stata raggiunta. Molto presto avrete altre notizie». Non ci saranno altre comunicazioni. Non solo non c’è nulla di vero, ma la Falange Armata non pretende nemmeno di essere creduta. È una pantomima falangista uguale a tante altre simili, quando annuncia esecuzioni mai avvenute che vengono smentite da una telefonata immediatamente successiva e, talvolta, nel corso della stessa telefonata. Per l’interprete distratto sono il segno della inattendibilità della Falange Armata; in realtà, sono un messaggio all’interno della organizzazione. Comunicano l’accantonamento degli obiettivi impersonati dalle vittime degli “omicidi a salve” o delle “azioni fantasma”; inoltre, annunciano iniziative imminenti con obiettivi di natura diversa. Ad esempio, “l’omicidio a salve” (comunicati del 19 maggio 1992) dei parlamentari andreottiani Nino Cristofori e Mario D’Acquisto segnala la fine, quanto meno momentanea, degli attacchi contro obiettivi riferibili all’area politica vicina a Giulio Andreotti e l’imminenza di un attacco di diversa natura (strage di Capaci). Nel caso Furlan segnalano la scelta di orientare i contenuti del comunicato-direttiva verso obiettivi diversi da quelli auspicati dalla Sezione Veneto.
Come abbiamo già detto, la Falange Armata – Sezione Veneto è una meteora perché scompare dopo i comunicati dell’11 dicembre 1991. Ecco le ultime parole dell’ultimo comunicato: «Onore alla Falange Armata, onore alla Falange Armata -Sezione Veneto, pronta a colpire, e onore ai camerati di Bologna e a Ludwig». Le domande sono molte. Certamente il dichiararsi pronti a colpire ribadisce il desiderio e la capacità di entrare subito in azione. Desta, viceversa, sconcerto l’onore reso ai camerati di Bologna: chi sono e per quali canali si crea un contatto fra la Sezione Veneto e i camerati bolognesi? Inoltre, c’è da chiedersi se il costante riferimento a Ludwig abbia qualche relazione con l’uso del verbo “ripulire” utilizzato nelle parole d’ordine della Sezione Veneto (Ripuliremo le periferie delle città dalla feccia). E soprattutto chi c’è alle spalle dei falangisti veneti, che rivendicano l’eccidio del Pilastro e anticipano la direttiva a livello nazionale della Falange Armata?
(Continua)
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