Allearsi per raggiungere un obiettivo comune: eliminare chi è scomodo al potere costituito, chi potrebbe compromettere delicati equilibri, chi potrebbe svelare verità indicibili. Firmare alleanze con le grandi mafie è qualcosa che la Cia americana ha fato più volte nel corso del tempo; e si sa ‘squadra che vince non si cambia’. Sopratutto quando gli obbiettivi da colpire si chiamano Giovanni Falcone e John Fitzgerald Kennedy.
Vero: non c’è ancora la ‘grande prova’, come un ipotetico quanto inesistente contratto con tanto di firma, tuttavia tramite la storia è possibile elencare dei parallelismi decisamente singolari.
Il criminologo forense Federico Carbone in un articolo pubblicato su Dark Side' ha ricordato per esempio due telefonate: una partita il 23 maggio 1992 (giorno della strage) e una il 30 luglio 1983, cioè il giorno dopo che era stato ucciso con un’auto bomba il consigliere istruttore Rocco Chinnici.
La prima era partita da un cellulare ‘clonato’ - due ore e 41 minuti prima dell’esplosione prima dell’esplosione - utilizzato dal boss Antonino Gioè, ‘suicidato’ in carcere. Dall’analisi dei tabulati è emerso che quel cellulare chiamò più volte un numero americano, del Minnesota. “Un dettaglio noto già nei processi, ma che ha spinto la Procura di Caltanissetta a continuare le indagini su quell’utenza: 00161277746990”, ha scritto Carbone aggiungendo che “gli investigatori della DIA, scavando più a fondo, hanno trovato una traccia inquietante: il numero risultava inesistente, ma nei rapporti compare un indirizzo preciso: 2585 Ivy Avenue East, Maplewood, Minnesota, e il numero dell’appartamento in cui l’utenza era installata: il 315”.
E poi la seconda telefonata: nel 1983, anno in cui gli agenti dell’Fbi intercettarono negli Stati Uniti il boss Gino Mineo mentre parlava con un misterioso interlocutore a Palermo.
Mineo venne informato che che “hanno messo TNT nella macchina, lui è morto”.
A chi si riferiva il soggetto che parlava?
“La mafia americana sapeva dell’attentato prima ancora che venisse diffuso pubblicamente”, scrive Carbone. Due telefonate che dimostrano come, durante e dopo l’esecuzione di stragi ed omicidi eccellenti, ci siano state delle interlocuzioni tra i due continenti. Ma in entrambi i casi la voce dell’altro capo del telefono non ha ancora un nome. Tutto questo si aggiunge ad un ulteriore elemento: nel 2023 in un articolo de ‘Il Giornale’ a firma di Gianluca Zanella , si riportava la notizia che un generale dell'esercito USA di stanza a Camp Darby, una donna vicina alla Cia, aveva conversato con Federico Carbone: “Mi fece capire che anche a Capaci erano coinvolti loro. Non so in quali termini precisi, ma l’ha fatto intendere. Quando parlo di loro parlo della struttura, quindi della Cia”.
Inoltre un dettaglio - ancora tutto da verificare e che per quel che ne sappiamo non ha avuto ancora nessuna conferma - lo fornì l’ex collaboratore di giustizia catanese Maurizio Avola: disse che dietro l’attentato a Falcone “vi era il supporto tecnico di un esperto di esplosivi americano”, come riportato da Carbone. “Avola descrisse l’uomo come un individuo di circa 40 anni, capelli castani, occhi scuri, alto 1,85 metri, corporatura robusta e vestito elegantemente. Secondo la sua testimonianza, l’esperto statunitense addestrò i mafiosi siciliani a usare 400 kg di TNT e un detonatore a distanza per l’attacco”, si legge su ‘Dark Side’.


L’alleanza con Cosa nostra americana e Cia per vendicarsi di Kennedy

Sam Giancana e John Roselli: due nomi che hanno fatto la storia della mafia americana. Giancana (1908-1975) fu un boss di Chicago, capo della Chicago Outfit negli anni '50 e '60, coinvolto in attività illegali e presunti complotti con la CIA. Morì assassinato nel 1975. Roselli (1905-1976) fu un gangster italo-americano legato alla mafia di Chicago e Los Angeles, noto per i suoi contatti con la CIA e il mondo dello spettacolo. Fu ucciso e trovato smembrato nel 1976. “Secondo i documenti declassificati sui file JFK - ha scritto Carbone su ‘Dark Side’ - il primo contatto tra CIA e mafia avvenne nel 1959. L’agenzia chiese a Sam Giancana di fornire informazioni sui movimenti di Castro e di valutare un possibile assassinio. Nel 1960, il piano prese forma. John Roselli, con l’approvazione del mafioso Santo Trafficante, entrò in contatto con gli agenti della CIA per organizzare un attentato”. L’allora presidente J.F Kennedy autorizzò l’operazione Mongoose, anch’essa gestiata dalla Cia e diretta da Edward Lansdale con lo scopo eliminare Fidel Castro con ogni mezzo possibile.
“Gli agenti coinvolsero la mafia per portare a termine il piano, fornendo a Roselli e Giancana denaro e copertura”.
Tuttavia se da un lato lo Stato americano si alleava con Cosa nostra, dall’altro si scatenò una guerra senza quartiere: “Robert Kennedy, procuratore generale e fratello del presidente, parallelamente dichiarò guerra alla mafia. La sua crociata contro il crimine organizzato portò a centinaia di arresti e mise sotto pressione gli stessi uomini con cui la CIA stava collaborando per uccidere Castro. Cosa nostra non prese bene il tradimento” e “tre anni dopo, il 22 novembre 1963, John F. Kennedy venne assassinato”.
“Molti agenti, incluso William Harvey, che aveva gestito il collegamento con la mafia, non perdonarono mai JFK per quella decisione”.
Il boss mafioso Carlos Marcello fece delle dichiarazioni segrete negli anni ’80: la mafia si sentì “usata e scaricata”. “Carlos Marcello, boss di New Orleans, avrebbe dichiarato in confessioni private che la mafia aveva organizzato l’omicidio di JFK e che Robert Kennedy sarebbe stato il prossimo. Come effettivamente fu”.
Anche qui un parallelismo: Cosa nostra venne usata per fare le stragi in Italia, ma fu proprio lei che ne pago tutte le conseguenze a livello giudiziario in termini di condanna; mentre i mandanti e gli esecutori istituzionali l’hanno fatta franca. Alcuni politici ‘traditori’ sono stati uccisi, come nel caso di Salvo Lima e poi altri ne hanno preso il posto. Da allora la pax mafiosa regna sovrana da Roma a Washington.

Fonte: Darksideitalia.it

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