Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

L'ex Generale del Ros (Raggruppamento operativo speciale) dei Carabinieri Antonio Subranni morì l'anno scorso all'età di 91 anni.
Celebrato come un eroe dal senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri e da altri soggetti nel tentativo di riscrivere la storia del nostro paese, certamente è stata una figura che ha attraversato come un filo scuro, alcuni dei momenti più inquietanti della storia repubblicana. Nero su Bianco racconta ciò che altri non hanno il coraggio di ricordare.
1978, Cinisi, Sicilia. L’assassinio di Peppino Impastato. Un omicidio spacciato per suicidio.
La Procura di Palermo condusse un'importante attività investigativa sul depistaggio e nel 2018 il gip di Palermo Walter Turturici decretò l'archiviazione per prescrizione nei confronti di Subranni.
Su di lui pendeva un'accusa di favoreggiamento.
E nelle motivazioni del Gip veniva certificato il “contesto di gravi omissioni ed evidenti anomalie investigative” rispetto al delitto. E in riferimento a Subranni il giudice evidenziava come "aprioristicamente, incomprensibilmente, ingiustificatamente e frettolosamente escluse la pista mafiosa".
Poi gli anni ’90. La stagione delle stragi. Via d’Amelio. Le rivelazioni di Gaspare Spatuzza sul depistaggio che portò in carcere innocenti per l’omicidio Borsellino.
Le parole della moglie del dottore Paolo Borsellino, Agnese Piraino Leto su Subranni.
Davanti ai magistrati di Caltanissetta, quando fu sentita nel 2009 e nel 2010, rivelò le confidenze che il marito le aveva fatto nel giugno del 1992: “Mio marito mi disse testualmente che 'c'era un colloquio tra la mafia e parti infedeli dello stato'. Ciò mi disse intorno alla metà di giugno del 1992. In quello stesso periodo mi disse che aveva visto la 'mafia in diretta', parlandomi anche in quel caso di contiguità tra la mafia e pezzi di apparati dello Stato italiano. In quello stesso periodo chiudeva sempre le serrande della stanza da letto di questa casa, temendo di essere visto da Castello Utveggio. Mi diceva: 'Ci possono vedere a casa'”. E poi ancora: “Mi disse che il gen. Subranni era 'punciuto' - (che significa essere affiliato a Cosa nostra, ndr) - Mi ricordo che quando me lo disse era sbalordito, ma aggiungo che me lo disse con tono assolutamente certo. Non mi disse chi glielo aveva detto. Mi disse, comunque, che quando glielo avevano detto era stato tanto male da aver avuto conati di vomito. Per lui, infatti, l'Arma dei Carabinieri era intoccabile”.
Quell'accusa così terribile fu pesantemente rigettata da Subranni che al tempo, in un'intervista al Corriere della Sera, si scagliò con parole vergognose contro Agnese Borsellino dicendo che bisognava prestare poca credibilità alle dichiarazioni della stessa in quanto “non sta bene in salute. Forse un Alzheimer, non so quando cominciato”.
"Anche se soffro di una terribile malattia, non ho l’Alzheimer, come insinuato qualche giorno fa da un ex generale dei carabinieri", gli rispose a tono Agnese. Che sarebbe morta solo un anno dopo, nel 2013.
Quel che è certo è che quando furono sentiti nel processo Borsellino quater i figli di Borsellino, Lucia e Manfredi, dissero che la madre era la persona più lucida dei familiari di Paolo Borsellino nel raccontare quelle cose. E successivamente anche un altro testimone, il magistrato Diego Cavaliero, riferì di aver appreso da Agnese Borsellino della confidenza sul generale Subranni che l'era stata fatta da Paolo Borsellino.
Quelle dichiarazioni della signora Piraino Leto avevano fatto finire sotto inchiesta l'ex comandante del Ros con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Un'inchiesta che nel 2012 si concluse con un'archiviazione.
E poi la sentenza sulla Trattativa Stato-mafia, che lo vide condannato a 12 anni in primo grado, insieme ad altri ufficiali dell’Arma, come Mori e De Donno, prima dell’assoluzione in appello e successivamente in Cassazione.
E poi c’è Luigi Ilardo, il confidente che con le sue informazioni avrebbe potuto dare il colpo di grazia alla mafia, portando alla cattura di Provenzano già nel 1995. Quel Provenzano che non fu catturato dal Ros perché, secondo gli ufficiali che vennero processati, pecore e armenti avrebbero disturbato le operazioni di arresto.
In molti, oggi, tentano di riscrivere la storia dipingendolo come un eroe nonostante sia finito al centro di diverse vicende giudiziarie che, con tutto il rispetto per la morte, vale la pena ricordare.


Il caso Ilardo

Luigi Ilardo, ex mafioso di Cosa nostra trasformatosi in infiltrato per lo Stato, il 7 maggio 1996 confidò al colonnello Michele Riccio: “Subranni è uno di quegli ufficiali di cui le dovrò parlare…”. Riccio, che aveva gestito con successo Ilardo come confidente dal 1993, prima alla DIA e poi al ROS dei Carabinieri, aveva ottenuto grazie a lui risultati straordinari, come l’azzeramento dei vertici mafiosi della Sicilia orientale. Nel 1995, Ilardo aveva persino portato il ROS a un passo dalla cattura di Bernardo Provenzano, boss di Cosa nostra, ma l’operazione fallì. Da quell’episodio nacque un processo contro gli ufficiali Mario Mori e Mauro Obinu, assolti con la formula “perché il fatto non costituisce reato”. I giudici, tuttavia, rilevarono “zone d’ombra”, una “sottovalutazione” degli spunti investigativi e una “condotta negligente” degli imputati.
Ilardo, deciso a diventare ufficialmente collaboratore di giustizia, intendeva rivelare molto di più: collegamenti tra Cosa Nostra, servizi segreti, esponenti deviati delle istituzioni e figure legate a Forza Italia. Non ebbe il tempo di parlare: il 10 maggio 1996 fu ucciso a colpi di pistola vicino casa, a Catania. Riccio raccontò in Aula che, subito dopo l’omicidio, Subranni lo schernì: "Povero Riccio, ti hanno ammazzato il confidente!".

Segui il PODCAST: Nero su Bianco

ARTICOLI CORRELATI

In (vera) memoria del generale Antonio Subranni, deceduto

Le verità nascoste dalla signora Colosimo e dai suoi amici

Trattativa Stato-mafia, la Carnevalesca sentenza della Cassazione

Stato-mafia: chiesto processo bis per Subranni, Mori, De Donno e assoluzione per Dell'Utri

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos